E se Shanghai fosse la rivincita di Daniil Medvedev?
Si aggira con aria malinconica ormai. Gioca e non è più nei titoli, non è più al centro dell’attenzione. Sui campi centrali finisce ancora, eppure Daniil Medvedev non è più un’attrazione principale del pianeta tennis. D’altronde l’ultimo anno e mezzo, quasi due, è stato ben al di sotto del suo livello. Spesso si accusa quella finale persa con Sinner in Australia, identificandola nell’inizio della fine per la carriera ad alti livelli della Piovra.
Ha sicuramente contribuito, ma la verità è che il gioco di Medvedev, troppo dispendioso, troppo monotono e attaccabile da un giocatore potente e con le idee chiare, non era più adatto a certi livelli. Nel 2025 i nodi sono venuti al pettine, una sola finale e tante delusioni. È arrivato a Shanghai, che vinse nel suo 2019 dorato, da n.16 del seeding. Nel silenzio, tra caldo e calcoli riguardanti altri, ha giocato una gran partita, battendo solidamente Davidovich Fokina. E se fosse lui il dark horse che tutti cercano?
Muro di gomma
Le variazioni e gli attacchi a rete mancano? Quelli, nonostante i cambi nello staff e le dichiarazioni, mancheranno sempre. Va detto ad onor del vero che Daniil ultimamente avanza più spesso, quasi con convinzione, ma non abbandona quello che è il suo pane quotidiano: mettersi da fondo campo a remare. E, su un cemento di Shanghai che misura 32.8 in termini di velocità del campo (secondo il database Tennis Court Speed di Marcus Willis), ha vinto dei punti da “vecchio Medvedev”. Soprattutto, anche nei momenti di difficoltà, ha mantenuto la calma, facendo passare il messaggio che a comandare la partita era lui. Pochi errori, e quei passanti con la pallina a un millimetro dal secondo rimbalzo che per anni hanno fatto impazzire gli avversari. Si è rivisto un russo nella versione “muro di gomma”, nonostante un campo non proprio nelle sue preferenze in termini di velocità.
Le condizioni
Al netto delle condizioni di Shanghai, Medvedev è in generale un giocatore caracollante, spesso apparentemente sfinito, e il campo come visto è molto lento. Dei 5 Masters 1000 che il russo ha vinto sul cemento solo il primo, a Cincinnati 2019, è paragonabile per rapidità della superficie. Sempre secondo Tennis Court Speed, l’indice di quell’anno in Ohio era 37.4: dunque medio, ma tendente al lento. Le altre vittorie sono arrivate sempre su campi veloci. Basti pensare che a Shanghai, 6 anni fa, l’indice era 40.9, medio vicino al rapido. Chiaramente quest’anno in Cina è stato commesso un errore nella preparazione, questi campi eccessivamente lenti sono una stranezza senza precedenti. Eppure Medvedev è sembrato pienamente a suo agio, tenendo bene lo scambio e restituendo anche un linguaggio del corpo più positivo del solito.
Non può piovere per sempre
Forse questo piccolo passo lontano dalle luci, almeno per qualche tempo, potrebbe fare bene a Medvedev. Quel che è accaduto a Pechino è storia recente, certo, ma potrebbe aver anche sortito l’effetto di una scossa sul russo. Che, salvo rincorse clamorose, per la prima volta dal 2018, dopo sei partecipazioni di fila tra 2019 e 2024, salterà le ATP Finals. Un duro colpo per un giocatore abituato a stazionare ai piani alti. E va da sé che una bella fetta delle sue chance passerà proprio da Shanghai. Se Medvedev dovesse vincere in Cina, infatti, salirebbe a 2.910 punti nella Race, reinserendosi prepotentemente in corsa.
E l’uscita prematura di Zverev è un ulteriore buon segno. Dovrà riuscire a risolvere il tennis tattico, quasi scacchista, di Learner Tien e le sue curve mancine, dopo averci perso due volte su due. Poi de Minaur o Borges, e ancora più avanti uno tra Rinderknech, Lehecka, Auger-Aliassime e Musetti. Gli ultimi due si incontreranno in ottavi e sono i principali concorrenti per l’ultimo posto buono (in attesa della decisione di Djokovic) per le Finals. Tutti avversari che un Medvedev solido può battere, studiando il piano adatto e scendendo in campo con il giusto approccio. Dunque, alla luce di tutto ciò, il russo può davvero vincere a Shanghai?
La rinascita passa da qui
L’unico vero antagonista rimasto è Djokovic. Che sicuramente alzerebbe non poco l’asticella del livello richiesto, ma Medvedev potrebbe incrocialo solo in finale. Appare chiaro che, se dovesse effettivamente giungere all’ultimo atto, lo farebbe con una fiducia tale da poter tenere testa a Nole. Che non ha brillato né con Hanfmann né con Munar, apparendo fin troppo provato fisicamente. Certo, Medvedev dovrà vincere tre partite per arrivare a giocarsi il titolo. Ma la sua versione cinese, detto che a Pechino non è stato neanche al 100%, è una delle più vicine alla migliore tra quelle ammirate nel 2025.
Non è un’ultima chiamata, né una vittoria basterebbe a rimettere in piedi un anno e mezzo pessimo. Ma sicuramente sarebbe una non banale installazione di fiducia, in un giocatore molto umorale e preda delle proprie lune. Un trionfo a Shanghai, oltre a ridare lustro alla classifica (tornerebbe in top 10 o quantomeno negli immediati pressi), toglierebbe polvere da una bacheca ancora ferma a Roma 2023. Decisamente intollerabile per un giocatore qual è stato, e potrebbe tornare ad essere, Daniil. Shanghai nel 2019 fu un timbro in ceralacca sulla lettera d’ammissione all’élite del tennis. Shanghai 2025 potrebbe essere il fondamentale esame di riparazione per rientrarci.