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Laver Cup, Rafter: “Di Fonseca abbiamo visto solo la punta dell’iceberg”

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Dopo aver bagnato il proprio debutto in Laver Cup con una vittoria, netto successo su Flavio Cobolli per 6-4 6-3 che ha consegnato l’unico punto della prima giornata al Team World, Joao Fonseca si è presentato in sala stampa per la conferenza di rito post match. Al suo fianco il vice Capitano del Resto del Mondo Patrick Rafter. Entrambi si sono molto concentrati nello sviscerare le dinamiche di gruppo all’interno della squadra, soprattutto facendo luce sulla figura del Capitano Andre Agassi e su come si sviluppa la relazione tra i capitani e i giocatori. Osservando i connotati del rapporto da ambedue i punti di vista, hanno ritratto uno sguardo complessivo estremamente esaustivo di tutto ciò che c’è nei meandri di una squadra di tennis.

D. Parlaci di qual è stata l’atmosfera che hai vissuto in campo. Hai avvertito un po’ di nervosismo per l’esordio, un po’ di tensione per l’ambiente e per il clima nei quali stavi per entrare? Insomma, raccontaci quello che hai provato.
Joao Fonseca: “E’ stato pazzesco. La Laver Cup è uno spettacolo meraviglioso. In campo si percepisce un’atmosfera fantastica. Avere la squadra lì con te a bordo campo è qualcosa di speciale. Il tennis è uno sport individuale, perciò avere la squadra con il resto dei giocatori al tuo fianco durante la partita è incredibile. Il fatto che i tuoi compagni di squadra possano fare il tifo per te da così vicino, darti dei consigli durante i cambi di campo è qualcosa d’impagabile. Già prima del match avevo chiesto ad Alex [de Minaur, ndr] e Fran [Cerundolo, ndr] di spronarmi durante l’incontro per tenermi sempre positivo anche nei momenti difficili che avrei incontrato. Gli ho anche detto che se avessero individuato qualcosa che non andasse nel mio gioco, di farmelo notare e aiutarmi. Il nostro rapporto in questi giorni è diventato sempre più profondo, ci siamo conosciuti meglio a vicenda e siamo diventati ottimi amici anche perché entrambi parlano spagnolo perciò è stato più immediato comunicare. Per cui ci tengo a ringraziarli di vero cuore per come mi stanno aiutando, in questo momento non mi potrei sentire più felice

D. Con il Team World sotto 2-1 prima della tua partita, hai sentito sulle spalle molta pressione nel dover ottenere a tutti i costi un punto così pesante per la squadra? Su che cosa si è concentrato Agassi durante il match, nel fornirti le informazioni di cui avevi bisogno? In campo sei apparso emozionato per tutta la durata del match, prima di sprigionare tutta la tua felicità dopo il match point. E’ stato così?
Joao Fonseca: “Non credo che ‘pressione’ sia la parola giusta. Ero consapevole che sarebbe stata una partita difficile e di quanto fosse importate una vittoria per la squadra. Lo spogliatoio era un po’ giù di morale dopo lo 0-2, ma io ero molto carico per la mia partita. Ho ricordato a tutti che vincendo saremmo andati sul 2-1 e con una vittoria in doppio avremmo poi pareggiato. Però ero conscio che andare sotto 3-0 sarebbe stata una batosta veramente dura da digerire. L’aspetto di cui sono maggiormente orgoglioso e felice della partita odierna, è il modo in cui sono stato capace di gestire il mio mood mentale per l’intera durata del match, riuscendo sempre a rimanere positivo e propositivo. Andre [Agassi, ndr] chiaramente è stato fondamentale nell’aiutarmi a comprendere alcuni dettagli del mio gioco e anche a livello di strategia, come ad esempio mettere pressione in risposta o riuscire a giocare in modo più aggressivo prendendo maggiormente la rete e accorciando ancora di più il mio posizionamento per soffocare immediatamente le sue iniziative. Nel tennis moderno se riesci a non lasciare spazio di gioco al tuo avversario, se sei in grado di sottoporlo ad una tale pressione da rendere il suo tennis spesso e volentieri passivo hai già fatto gran parte di quello che ti serve per vincere

D. Ho una domanda per Pat [Rafter, ndr]. Siete stati insieme per qualche giorno. Vorrei sapere le tue impressioni su Joao [Fonseca, ndr] e cosa maggiormente di stupisce delle sue qualità, sia in termini di gioco che di personalità?
Vice Capitano Patrick Rafter: “Le parole che mi vengono in mente sono due: incredibilmente maturo. E’ questa la descrizione che darei di Joao come tennista. Ha un ottimo cervello tennistico, in più è sempre calmo e lucido durante i match. In generale è aperto ai suggerimenti e all’apprendimento costante, aspetti non banali e per nulla scontati per un ragazzo così giovane che è stato in grado già di ottenere risultati significativi. Un’altra qualità che fa di lui uno dal grandissimo potenziale è che impara in fretta. La sua grande maturità fa già capire e vedere dove potrà arrivare. Tra un anno sarà un grade giocatore, tra i primi del ranking. Tra due stagioni invece penso che sarà eccezionale poiché vuole continuamente migliorare il suo gioco. Abbiamo osservato solo l’iceberg di ciò che potrà fare e realizzare, perciò non deve assolutamente sentirsi arrivato. Per rispondere però alla domanda, se devo scegliere un aspetto in particolare che mi ha colpito più di tutti dico senza ombra di dubbio la maturità. L’ho visto allenarsi per tutta la settimana perché volevo conoscere meglio il suo gioco e capire su cosa si stava concentrando più da vicino. Il servizio e il primo colpo per mantenere altra la pressione di gioco sono aspetti del gioco in cui è già molto avanti per la sua età. Sa come essere super aggressivo. Recupera bene campo e sa colpire con estrema fermezza e stabilità. Lo ho osservato per quattro giorni consecutivi e mi ha sempre mostrato queste qualità. Oggi in campo ero curioso di capire come avrebbe gestito la partita, ha fornito una prova molto matura. Cobolli tirava fortissimo e si muoveva molto bene anche in recupero. Gli ha fatto giocare sempre diversi colpi in più prima di riuscire a chiudere il punto. Eppure Joao è stato lì, ha saputo resistere per poi colpire al momento opportuno. E’ stato abile a fare sua la partita pur ritrovandosi un avversario che non ha mollato una palla. Questo è un segno tangibile di quanto sia potente il suo gioco e di dove possa arrivare. Col tempo dovrà saper adattarsi a superfici diverse, velocità diverse, palle diverse e non tutto andrà come nei suoi piani nelle sue prossime stagioni, ma dove sono certo non mancherà mai è imparare. Apprenderà da ogni situazione, positiva o negativa che sia non fermandosi alla superficie delle cose. Non ha nessun problema nel fare sue le informazioni di cui necessita, deve solo proseguire un percorso che per forza di cose sarà ancora fatto di qualche inciampo ma nel suo futuro vedo solo cose buone

D. Joao riesci ad individuare una conversazione, un momento, che sia con Andre o con Pat che ti abbia colpito più di ogni altra cosa in questa settimana e che forse era qualcosa che non era ancora entrato nella tua mentalità di come tennista professionista ai massimi livelli del circuito mondiale?
Joao Fonseca: “Prima di tutto devo dire loro grazie (sorride). Ribadisco che la cosa pazzesca di questo evento sia proprio aprirti a degli scenari impensabili durante il resto delle settimane che passiamo nel Tour. Avere l’opportunità di poterti confrontare, di poter ascoltare leggende del calibro di Andre e Pat ti arricchisce in modo straordinario. Avere loro lì che possano parlare con tutti i ragazzi in qualsiasi momento, che ti possano raccontare delle loro debolezze in campo quando per esempio stai vivendo un momento difficile nel match ti dà una tale carica che è impagabile. Poi il fatto che molti giocatori che normalmente consideri avversari, siano invece tuoi compagni di squadra è ciò che veramente rende unica questa manifestazione. E’ un ambiente super positivo, dove tutti i ragazzi si fidano di te e tu ti fidi loro. Sono loro che durante il match ti dicono ora è meglio se gli servi sul dritto ecc., quando invece durante l’anno sei tu a dover pensare dove dover servire in quel preciso momento contro di loro. Il fatto però che non siamo abituati ad una tale situazione e dobbiamo adattarci in appena una settimana rende la presenza, l’esperienza e lo status di Pat e Andre irrinunciabile. Io poi sono il più giovane, per cui quando loro parlano e raccontano devo stare in silenzio e ascoltare. Osservo e recepisco tutto, in modo tale che poi quando mi metto al lavoro in campo posso assemblare tutto ciò che recepito. Il fatto che ti raccontino che anche loro hanno commesso errori, ti fa comprendere che c’è un cammino da dover compiere e che ci sono degli errori da commettere che serviranno più delle cose fatte bene per diventare il giocatore che sogni. Perciò cercherò di assorbire il più possibile dalla loro esperienza

Patrick Rafter: “Abbiamo a disposizione solo pochi giorni con questi ragazzi, quindi non possiamo dar loro troppe informazioni. Gli faremmo saltare il cervello (sorride). Andre è un uomo che riflette molto, in campo ha una grande capacità di lettura di quello che sta succedendo e lo fa in profondità. Questo vale anche per le sessioni di allenamento. Il nostro lavoro fondamentalmente però consiste nel fare sintesi. Raccogliere una serie di informazioni sviluppate attraverso sia i dati che il nostro occhio esperto, ma poi sintetizzare e fornire al giocatore solo le informazioni imprescindibili che possono realmente svoltare una qualche situazione. Altrimenti se si incasina un giocatore, riempiendolo di troppe informazioni finisce che invece di giocare sta soltanto a pensare a ciò che deve e non deve fare. E questo è unicamente controproducente. Non siamo stupidi, cerchiamo di dar loro quelle due tre nozioni che veramente possano servirgli durante la carriera. Perché poi ad un giocatore tu allenatore non devi risolvere tutti i possibili problemi che incontrerà prima di scendere in campo. Lo devi aiutare, mettere nelle migliori condizioni di esprimersi ma poi deve essere lui a discernere ciò che è giusto tra ciò è che è sbagliato“.

Joao Fonseca: “André è sempre in flusso continuo di pensieri. Dopo la prima partita è rimasto in panchina seduto come se stesse parlando con se stesso, come se stesse avendo un dialogo interiore a voce alta. Voglio dire, posso solo immaginare quanto sia difficile per loro. Alleni per una settimana un giocatore che in realtà non conosci. Potresti consigliargli qualcosa che in realtà non è positiva per lui. Perciò bisogna stare attenti a quello che si dice. E Andre in tal senso ha l’intelligenza e la personalità per riflettere anche una volta in più prima di parlare, ma poi quando apre bocca non sbaglia mai suggerimento dicendoti sempre qualcosa di veramente utile e funzionale. E per riuscire nel loro compito devono anche capire che tipo di ragazzo hanno di fronte, magari con uno più timido parleranno di meno e viceversa. Ringrazio perciò sia Andre che Pat perché con noi i giocatori hanno sempre scelto la cosa giusta da dire e anche il tono con cui dirla, a seconda di chi avevano di fronte“.

D. Pat [Rafter, ndr], questo è stato il tuo primo vero giorno di Laver Cup, aldilà delle giornate precedenti di preparazione. Puoi parlarci dell’esperienza che hai vissuto dal tuo punto di vista personale e se te l’aspettavi in questo modo.
Vice Capitano Patrick Rafter: “I primi quattro giorni sono piuttosto intensi visto tutto ciò che c’è da fare in campo, ma avere la possibilità di conoscere le loro diverse personalità, capire se tu ti senti a tuo agio con loro e loro con te è decisamente stimolante. Ricoprendo questo ruolo devi saper gestire un lato molto più emotivo di quanto non facessi da giocatore. Qui non hai a che fare solo con te stesso, ma con diversi giocatori ognuno con le le proprie peculiarità morali e tecniche. Devi poi anche gestire la parte relativa ai media, che non è di poco conto. Anzi a volte è quasi estenuante. Io sono uomo di campo, non vedevo l’ora che iniziassero i match per poter vedere all’opera i ragazzi e capire come se la cavassero. Poi come in tutte le cose, più accrescerò la mia esperienza in questo nuovo ruolo e maggiormente potrò dare il mio contributo. Questi ragazzi ci sono dentro pienamente e anche io e Andre siamo estremamente coinvolti. Non pensavo che mi sarebbe piaciuto così tanto ricoprire questo ruolo, ad essere onesto. Sono però venuto qui con una mentalità davvero aperta per capire in cosa realmente consistesse questa manifestazione, e ho scoperto qualcosa di fantastico“.