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Novak Djokovic: le ultime tribolazioni serbe e il trasferimento ad Atene. Le motivazioni di una scelta drastica

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Da eroe nazionale a traditore della patria. In un solo anno. La stampa serba ha cavalcato per anni l’onda chiamata Novak Djokovic. Ad agosto 2024 ‘Nole’ completava il suo strabiliante palmares vincendo l’oro olimpico a Parigi, e festeggiava nella sua città natale, Belgrado, insieme agli altri medagliati olimpici e a 70mila connazionali. Il picco assoluto della sua carriera, come dichiarato dallo stesso Djokovic in più occasioni a seguito di quell’impresa. Un anno dopo, il 24 volte campione Slam decide di trasferirsi ad Atene insieme a sua moglie, ai suoi due figli e portandosi appresso pure il torneo ATP 250 organizzato dalla sua famiglia per anni nella capitale serba. Ma quali sono le motivazioni che hanno portato l’attuale numero 4 al mondo a prendere questa scelta?

Djokovic: l’amore per la Serbia e gli ottimi rapporti che furono

Innanzitutto, è fondamentale fare alcune premesse senza tornare troppo indietro a quando il piccolo Novak fuggiva dalla Serbia, insieme ai genitori e ai fratelli, a causa delle bombe sganciate durante le guerre jugoslave. ‘Nole’ ama il suo paese e lo ha sempre ricordato nel corso della sua carriera. Non solo giocando decine e decine di partite in Coppa Davis – competizione vinta dalla Serbia nel 2010 – e in altri eventi rappresentando la sua bandiera. Ma anche diventando con il passare degli anni una vera e propria icona nel suo Paese, prima mettendo sulla mappa del tennis la Serbia e poi diventando con gli anni il tennista più vincente della storia, valicando quindi i confini dello sport.

Come riportato da Caterina Soffici su ‘La Stampa’, fino a poco tempo fa il rapporto tra Djokovic e Aleksandar Vucic – Presidente serbo dal maggio 2017 e prima ancora, dal 2014, primo ministro – era più che pacifico, tanto che nel 2027 Vucic aveva in programma di allestire un museo dedicato a Novak in occasione dell’Expo. E prima ancora il Presidente del partito progressista serbo, come ricordato da Francesca Pierantozzi nel suo articolo per il ‘Messaggero’, nel 2022 aveva difeso a spada tratta il tennista di Belgrado quando era stato fermato in Australia perché senza vaccino per il Covid. In quell’occasione Vucic era persino arrivato a discuterne con l’allora premier australiano Bill Shorten. Ai giorni d’oggi, però, questo è solo un lontano ricordo. E non solo nel tempo. Anche nella modalità dell’agire.

Djokovic vs Vucic: Nole dalla parte degli studenti

Nell’ultimo anno sono stati numerosi gli episodi in cui Novak si è schierato dalla parte opposta rispetto alla linea di governo. Ad esempio, come ha descritto Tatjana Dordevic su ‘La Stampa’, in gennaio Djokovic dopo un match vinto in Australia ha scritto sulla telecamera: Per Sonja, dedicando il successo alla studentessa serba ferita durante le proteste. E i tabloid locali non si erano tirati indietro dal definire ‘Nole’ un ‘falso patriota’, accusandolo di difendere la cosiddetta ‘rivoluzione colorata’.

Nonostante i tentativi di repressione da parte del Governo, le rivolte e le mobilitazioni studentesche sono continuate e in queste i giovani chiedevano giustizia per l’incidente avvenuto in novembre nella stazione ferroviaria di Novi Sad. In quell’episodio persero la vita sedici persone a causa del crollo della pensilina. Ma, secondo i giovani, non era stato un incidente. Bensì la colpa doveva attribuirsi alla negligenza e alla corruzione delle autorità. Sto con il popolo e con i giovani, aveva dichiarato Novak a Wimbledon poche settimane fa. Sono scene orribili, provo solo simpatia e sostegno per chi protesta, aveva aggiunto riferendosi alla grande protesta del 28 giugno, che aveva visto partecipare 140mila persone.

Dopo che già in gennaio, in occasione del derby di Eurolega tra Partizan e Stella Rossa, Djokovic si era presentato vestendo una felpa con su scritto: “Gli studenti sono dei campioni”. E sui social, più di recente, aveva scritto: La Serbia ha un potenziale enorme e la sua gioventù istruita è la sua più grande forza. Ciò di cui tutti abbiamo bisogno è comprensione e rispetto. In ultima battuta, nella sua conferenza stampa conclusiva allo US Open Novak aveva fatto sapere quanto ci terrebbe prima o poi a tornare in Serbia per giocare la Coppa Davis, dato che è da ormai sette anni che non ha più avuto l’opportunità di giocare davanti al suo pubblico.

Il trasferimento ad Atene con famiglia e… torneo

La situazione sociopolitica presente in Serbia ha quindi portato Djokovic a prendere una drastica e difficile decisione: trasferirsi altrove. La scelta è ricaduta sulla zona sud di Atene, a Glifada, dove attualmente l’asso di Belgrado vive assieme alla famiglia vicino al mare. I figli sono già iscritti al St. Lawrence College di Atene, una scuola privata britannica. E la voglia di giocare a tennis si è ovviamente trasferita con loro, tanto che in rete girano già dei video di Novak che palleggia con suo figlio Stefan presso il Kavouri Tennis Club.
Inoltre, il semifinalista di tutte le prove dello Slam in questo 2025 si starebbe mobilitando per cercare di ottenere il Golden Visa, ovvero un visto di residenza (per cittadini non UE) ottenibile a seguito di almeno 250mila euro di investimenti in territorio greco.

E a proposito di questo, dopo qualche chiacchierata con il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis, la famiglia Djokovic ha avuto la possibilità (presa al volo) di trasferire il 250 di Belgrado dalla capitale serba a quella ellenica. Difatti, l’Hellenic Championship è già stato inserito nel calendario ATP 2025 e andrà in scena all’OAKA Arena – palazzetto che ospita le partite di basket del Panathinaikos e in questi giorni anche la sfida di Coppa Davis tra Grecia e Brasile – dal 2 all’8 novembre. Per ora, questo è l’unico impegno sicuro del numero uno più longevo della storia da qua a fine 2025.
Nonostante tutto, la Serbia rimane e rimarrà per sempre nel cuore di Novak. E chissà se davvero, prima della fine della sua carriera, riuscirà a tornare a Belgrado per giocare la Coppa Davis, vestendo la maglia del suo paese così da rappresentarlo un’ultima volta. Che piaccia o no la sua persona, una leggenda come lui se lo meriterebbe.