Moratoglou: “Sinner e Alcaraz? Ora inarrivabili come Roger e Rafa, più avanti chissà…”
Patrick Moratoglou è ritornato recentemente su alcuni passaggi delle sue storie di allenatore, esperienze talmente vincenti da farlo presto diventare un autentico guru del tennis, con tanto di Accademia (nel sud della Francia) e di star o prospetti che chiedono di potersi giovare delle sue abilità. Intervistato dal Guardian negli ultimi giorni dell’ultima edizione dello US Open, il coach francese ripercorre alcuni aspetti del lavoro svolto con i suoi giocatori, a partire dalla partnership più famosa e che gli ha dato la possibilità di diventare uno dei più celebrati, ovvero quella con Serena Williams.
Moratoglou ricorda bene il momento in cui iniziarono a cooperare: “Era il 2012, lei non vinceva uno Slam da due anni ed era uscita al primo turno a Parigi (da Virginie Razzano). Era un risultato di quelli che cominciano a far dubitare di sé anche una campionessa come lei”. Serena manifesta presto, proprio come farebbe una vera campionessa, la volontà di tornare a sollevare la Coppa Suzanne Lenglen, circostanza prima verificatasi solo una volta, nel lontano 2002, ai danni della sorella maggiore. Wiliams chiede così un piano per vincere e lui glielo propone: “La portai a Madrid e le dissi che avrebbe dovuto vincere contando solamente sulla seconda battuta; doveva lottare senza il conforto di punti facili”. Serena chiuse l’anno con un record di 28-0 sulla terra, centrando di nuovo il Roland Garros.
L’estrema conoscenza l’uno dell’altra fu fondamentale per il raggiungimento di risultati importantissimi: “Sapevo che sfide come quella che le proposi a Madrid avrebbero solleticato il suo orgoglio. C’era alla base di tutto una fiducia assoluta e reciproca, sapevamo spingerci e motivarci”. La fiducia fu essenziale anche quando il coach affrontò la questione del peso, che l’angustiava per il rientro alle gare dopo la gravidanza: “Non ne parlai subito dopo perché avrei potuto urtarla nella sensibilità, le dissi chiaramente che il suo aspetto fisico non era in discussione e non era un mio problema“.
“Ma i chili in più rendono più difficoltosi gli sforzi e i cambi di direzione che i giocatori devono affrontare, e richiedono più tempo e fatica”. Patrick racconta di alcuni litigi sull’argomento e sull’estrema attenzione da parte sua onde evitare equivoci su cosa lui le chiedesse: “Se vuoi fare la storia del tennis, devi perdere peso”.
L’attenzione dell’allenatore transalpino si sposta poi su altri campioni, questa volta del settore maschile, per capire come si potrà un giorno rompere il duopolio Sinner-Alcaraz che sta diventando l’ultimo atto di ogni titolo Slam; per Moratoglou la situazione ricorda quella di Federer-Nadal circa quindici anni fa. “Oggi” – dice Patrick – “certo sono di gran lunga i migliori e non si vede nessuno all’orizzonte, ma anche Roger e Rafa erano i migliori finché non arrivò il giovane Djokovic che disse ‘io li batterò e diventerò il migliore‘. E così è stato. Dipenderà da quanto davvero uno ci crede; io quando ho davanti a me una giovane promessa che mi parla dei suoi sogni tennistici gli domando sempre quanto ci creda e lo voglia davvero”.
L’ultimo pensiero è per Naomi Osaka, campionessa che sta pian piano ritrovando la strada degli ultimi turni dei tornei più importanti: il sodalizio con Moratoglou è durato circa 10 mesi e il coach francese non si risparmia critiche: “Ci siamo lasciati perché tutto andava sempre meglio in allenamento ma in partita i risultati non arrivavano“.
“Senz’altro ho sbagliato qualcosa, credo però che il mio passato con Serena non ci abbia giovato: lei ne ha parlato alcune volte, anche pubblicamente, e io non ho saputo gestire la pressione di quelle parole. Anche lei, lontana da me, mi è parsa sentirsi più libera, e infatti le cose stanno andando meglio. È uscita in semifinale a New York e prima ancora in finale a Montreal; peccato non abbia funzionato fra noi ma ora sono contento per lei, ama la competizione e il suo ritorno tra le migliori è un gran bene per il movimento, lei è una delle tenniste più iconiche degli ultimi cinque anni”.