US Open 2015 10 anni dopo. Roberta Vinci, Serena Williams e la vittoria più bella
Che fosse in atto qualcosa di speciale lo si sarebbe dovuto capire già dal giovedì, giorno designato per le semifinali femminili dello US Open 2015. Che, come mai più accaduto né prima né dopo, slittarono per pioggia a venerdì 11 settembre. Venendo per forza di cose anticipate, così da permettere il regolare svolgimento anche delle semifinali maschili. Roberta Vinci era calma, sin da quando aveva battuto Mladenovic ai quarti. Avrebbe dovuto giocare la prima semifinale Slam della carriera contro la più dominante versione di Serena Williams, campionessa di 4 Slam consecutivi e a due partite dal Grande Slam. A casa sua. Lei cosa aveva da perdere?
Antefatto
Assolutamente nulla, proprio su quella base Robertina da Taranto, grande doppista ma mai realmente emersa in singolare, costruì un’impresa destinata a rimanere scolpita nell’immaginario collettivo del tennis. Assolutamente no, non solo di quello italiano. Perché il 2-6 6-4 6-4 con cui Vinci batté Serena Williams l’11 settembre 2015 in semifinale allo US Open entra a pieno merito nelle più grandi sorprese della storia del tennis. Ed è probabilmente la più clamorosa a livello Slam.
Si è scritto e raccontato tanto, tantissimo, di quella partita. E giustamente. Erano anni in cui le soddisfazioni per il tennis italiano latitavano, e ci si aggrappava a imprese (Fognini ne fu protagonista proprio allo US Open 2015) e brevi momenti di gloria. Due italiane in semifinale nello stesso Slam? E, dopo la vittoria di Pennetta su Halep, addirittura un derby tutto azzurro con in palio un Major? Sembrava quasi un film. Sembrava, appunto…
Il match
“Avevo sempre provato ad avere un atteggiamento positivo nel corso del match, ma a un certo punto ovviamente pensavo fosse abbastanza impossibile batterla”, avrebbe richiamato dopo la partita Vinci. In effetti il gioco poderoso, violento, di Serena, avrebbe potuto sbranare il delicato palleggio da fondo, liftato e vario, di Roberta. Che subì un netto 6-2 nel primo parziale in un Arthur Ashe in delirio. Eppure, era la meno nervosa tra le due. L’americana aveva un appuntamento con la leggenda, era tesa, sapeva benissimo che era davanti ad un’occasione irripetibile. E, come sarebbe successo 6 anni dopo a Novak Djokovic, alla fine la pressione ebbe la meglio.
Vinci prese a giocare con serenità, senza fronzoli, il suo miglior tennis. Tagli, discese a rete, palle corte, tutto pur di non dare riferimenti alla sua avversaria. Vinse il secondo set, 6-4, con un paio di dritti pesanti e angolati, muovendo Serena e portandola all’errore…e a rompere la racchetta tra secondo e terzo set. “Quando ruppe la racchetta, realizzai che stavo causando a Serena preoccupazione e nervosismo. Quello fu probabilmente un primo punto di svolta nel match”. Il secondo, decisivo, avvenne a metà terzo set. Dopo aver recuperato nuovamente uno svantaggio, da 2-0.
Apoteosi
Il punto di cui sopra è uno dei più famosi degli ultimi anni. Un punto “da arena”, dove alla padronanza tecnica e del gesto si accoppia la carica e la voglia di compiere un’impresa. Vinci aveva iniziato a crederci, sentiva la possibilità concreta di poter scrivere la storia. Come avrebbe detto poi, quel punto giocato in spinta a tutto campo, chiuso con una volée di dritto perfetta e le braccia ad invocare il pubblico, sarebbe stato il passaggio decisivo. 3-3 al terzo, annullando una palla game: “Iniziai a crederci a metà del terzo set, quando ogni game era competitivo e lei esultava ad ogni punto. Stava sentendo tutta la tensione della partita in quel momento”.
Da quel punto fu chiaro che la partita, anche se nessuno aveva il coraggio di dirlo, stava andando in una direzione difficile anche da sognare fino a poco prima. Roberta era la vera padrona del campo, tra lob e accelerazioni e Serena che esultava ad ogni punto come se fosse un match point di una finale Slam. Con la foga e la preoccupazione di chi sente violentemente la pressione. In quel settimo game arrivò il break a favore di Vinci. Che si sarebbe poi rivelato decisivo portandola a vincere anche il terzo per 6-4, con uno scambio perfetto sul match point: rovescio ad aprire il campo, due dritti per muovere Serena da una parte all’altra, volée dal lato destro da manuale. Mani nei capelli, quasi in lacrime: storia scritta. “Questi colpi vecchio stile fanno la differenza contro le giocatrici potenti”, avrebbe poi detto. Rare frasi sono state più veritiere.
Sogno di una notte di fine estate
Una vittoria magica, a cui non sarebbe seguito un lieto fine per Vinci, che avrebbe perso la finale contro l’amica Flavia Pennetta (da Brindisi, due pugliesi per un trofeo Slam). Ma regalò allo sport italiano un weekend indimenticabile, dando un giusto colpo di coda alla sua grande carriera, raggiungendo poi nel 2016 il best ranking come n.7 del mondo. Serena avrebbe da lì in poi iniziato ad avvertire sempre più frequentemente problemi fisici, non raggiungendo mai più il livello che aveva mostrato in quell’impareggiabile 2015.
E che aveva mantenuto fino alle 19.30 circa di un venerdì in apparenza da ricordare…ma che sarebbe poi diventato parte della leggenda. D’altronde, per rendere bene l’idea di cosa abbia significato quella vittoria di Vinci, basterebbero le parole della stessa Roberta: “Rivivere quelle emozioni è sempre speciale. Ho parlato con chiunque di quel match, tranne che con una persona. Dopo la partita, non ho mai avuto modo di parlarne con Serena”.
Dieci anni dopo
Già, né Serena né l’allenatore del tempo Patrick Mouratoglou sono mai tornati su quella semifinale. Hanno sempre provato ad evitarla, a dimenticarla come se non fosse mai esistita. Roberta Vinci ne parla invece volentieri. E, per quanto oggi siamo abituati a raggiungere finali e semifinali Slam, e abbiamo un giocatore generazionale come Sinner, la verità è che una partita come quella è difficilmente replicabile. In termini di emozioni, un’impresa immensa che ancora oggi emotivamente punge più di qualsiasi altro traguardo italiano.
Dieci anni sono tanti, e troppo facilmente lo dimentichiamo, ma quando Jannik (ma anche i vari Musetti e Berrettini) era solo un sogno, questa partita l’abbiamo vista e rivista fino allo sfinimento. E, qualsiasi cosa accada da ora in avanti, quel 2-6 6-4 6-4 è il risultato più dolce del tennis italiano degli ultimi anni. Per il contesto, per la situazione, per le aspettative. Dieci anni, eppure il cuore batte ancora come fosse ieri. Roberta Vinci, Robertina per tutti. Artista, benedetta.