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Gaudenzi: “Non si può costruire un calendario intorno a un gruppo di giocatori”

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A cura di Enrico Picone

Utili per 18.3 milioni di dollari distribuiti ai giocatori. L’ATP tira le somme dell’anno 2024 e annuncia l’ammontare finale a cui accedono i tennisti grazie al sistema di partecipazione agli utili introdotto nel 2022, anno di lancio del piano strategico One Vision. Una somma 2.7 volte maggiore di quanto distribuito la stagione precedente e che incoraggia la riforma del nuovo formato stagionale pianificato dall’Associazione, che ha voluto mettere sotto lente d’ingrandimento le annate tennistiche per vedere tutto più in grande. Più ingenti i ricavi, più lunghi i Mille, più grossa la fatica. E mentre cresce il malcontento di chi il tennis lo gioca, ricordando con nostalgia i Masters di una settimana o ritirandosi da appuntamenti come quelli di Toronto, disertato dai primi due tennisti al mondo, l’Atp guarda con fiducia al nuovo modello e prepara il terreno per un “cambiamento epocale” che invita i giocatori a “ridurre i loro impegni altrove, mostrando disciplina e rinunciare a gettoni di presenza”. Sull’espansione dei tornei e il sistema di profit sharing che assegna agli atleti il 50% dei ricavi dei Masters e l’altro 50 agli organizzatori  – alcuni dei quali hanno ingolosito la propria fetta con un rincaro sui biglietti che nel caso di Roma ha raggiunto il 13% (Codacons) – ha risposto il Presidente ATP Andrea Gaudenzi

“Profit sharing ed espansione tornei la vera trasformazione” 

Queste le parole di Gaudenzi rilasciate ai canali ufficiali dell’ATP, che annuncia inoltre un aumento del 25% dei montepremi: “Avere un sistema di profit sharing è già di per sé un segnale di un ecosistema sano e in crescita. E non solo per i giocatori. È anche un forte indicatore che i tornei stanno andando bene. Solo al secondo anno del piano strategico, 18.3 milioni sono una cifra enorme. Per mettere le cose in prospettiva, equivale a un aumento del 25% del montepremi base nella categoria Masters 1000. Un incremento che semplicemente non sarebbe esistito con il sistema precedente, e i giocatori ora hanno piena trasparenza sui bilanci dei tornei di prima fascia. Quello che mi entusiasma di più, però, è lo spazio per la crescita futura. Siamo solo all’inizio. Con le giuste fondamenta, format ampliati, infrastrutture degli eventi più solide, stiamo sbloccando nuovi livelli di investimento, come Cincinnati ha dimostrato quest’anno. Non ho dubbi che il profit sharing, insieme all’espansione dei tornei, sarà visto come una svolta verso la trasformazione. Le grandi riforme richiedono tempo, e serve pazienza. Ma sono certo che la crescita a lungo termine porterà benefici a tutti nello sport”

“Con format di 12 giorni più ricavi per i tennisti e più biglietti per i tifosi” 

“Il passaggio al format di 12 giorni ha dato ai tornei il tempo, la stabilità e la fiducia necessaria per pensare in grande e ciò che sta accadendo a Cincinnati ne è l’esempio perfetto. Hanno intrapreso un progetto di riqualificazione da 260 milioni di dollari, su più fasi, che migliorerà ogni aspetto dell’evento. Per i tifosi significa più disponibilità di biglietti e maggiore capienza degli stadi, oltre a un’esperienza sul posto all’altezza di un evento globale di primo livello; per i giocatori, nuovi spogliatoi, migliori aree di recupero e condizioni ottimizzate in generale. Per i media, infrastrutture di trasmissione di livello mondiale che contribuiscono a elevare l’immagine dell’evento in tutto il mondo. E non si tratta solo di miglioramenti estetici. I ricavi generati da questi sviluppi tornano direttamente ai giocatori tramite il nostro modello di profit sharing. Questo è esattamente il tipo di investimento strutturale e di lungo termine di cui lo sport ha bisogno ed è stato possibile solo grazie al format ampliato”. 

“Impossibile raddoppiare i montepremi senza il nuovo formato” 

“L’impatto sul calendario? Il format ampliato aumenta il tempo trascorso sul posto, ed è un aspetto reale da considerare. Ma sblocca anche il potenziale di ricavi necessario per elevare l’intero Tour. Riforme come queste sono state discusse a lungo con il Player Advisory Council e con il Board nel corso di diversi anni. Uno dei nostri obiettivi strategici chiari è dare più soldi a più giocatori. Lo abbiamo fatto con il fondo pensione, che si è ampliato da 165 a 300 giocatori, e raddoppiando i montepremi a livello Challenger dal 2022. E lo stiamo facendo anche con grandi eventi, grandi palcoscenici e tabelloni più ampi, che alimentano il motore commerciale dello sport. Basta guardare a ciò che sta accadendo: bonus pool da record, progetti infrastrutturali da centinaia di milioni a Roma, Madrid, Shanghai, Cincinnati. Niente di tutto questo sarebbe stato possibile senza il margine temporale offerto dai 12 giorni. Ha permesso ai promotori di reinvestire e ha reso possibile una divisione dei profitti al 50 e 50. Denaro che torna direttamente nello spogliatoio. Alcune delle tensioni attuali derivano senza dubbio dai diversi orizzonti temporali. Dobbiamo pensare a lungo termine. Concediamo a questo modello cinque o dieci anni e credo che i Masters 1000 cresceranno in modo esponenziale su tutti i parametri, e guarderemo a questa mossa come alla base di quel cambiamento”. 

“L’ATP non controlla tutto il calendario” 

Gaudenzi ha poi risposto sull’impatto del nuovo formato sul calendario, ricordando l’autonomia dei tennisti nel programmare la propria stagione e la necessità di un allineamento fra Atp e singoli tornei : “In molti sport c’è una chiara tendenza verso un maggior numero di competizioni. Basta guardare al calcio, con il Mondiale per Club ampliato partito quest’estate. Il nostro calendario è complesso. È una stagione lunga e andare avanti settimana dopo settimana è impegnativo. Ma questo è anche uno sport individuale: un giocatore può uscire al primo turno, un altro può alzare il trofeo in finale. Trovare una soluzione che funzioni per entrambe le situazioni non è mai semplice, e non si può costruire un calendario attorno a un solo gruppo di giocatori“.

Tutti i gruppi devono essere presi in considerazione. Il nostro obiettivo all’ATP è estendere l’off-season. Un adeguato riposo giova a tutti: giocatori, tifosi e qualità della competizione. Ma non possiamo agire da soli. I tornei possiedono le loro licenze, e qualsiasi cambiamento strutturale richiede allineamento. Stiamo trattando e sono ottimista sulla direzione che stiamo prendendo. C’è un punto che spesso viene trascurato: i giocatori scelgono i propri programmi. Questa libertà è rara nello sport professionistico. Ma con essa arriva anche la responsabilità e il sapere quando spingere e quando recuperare. E infine bisogna essere chiari: l’ATP non controlla l’intero calendario. Dobbiamo lavorare attorno a Slam, Coppa Davis e altre date fisse. Ecco perché OneVision propone un modello di governance unificata. Portare tutti gli stakeholder allo stesso tavolo per prendere decisioni coerenti, a livello di sport, su temi come il calendario”. 

“Giocatori hanno bisogno di tempo per adattarsi”

“Il numero di impegni in calendario? Cerchiamo sempre di trovare il giusto equilibrio. Attualmente, 19 eventi contano per il ranking che diventeranno 18 dal prossimo anno. La lista obbligatoria rimane di otto Masters. Non credo sia eccessivo. Quegli eventi di punta sono ciò che dà struttura alla stagione e generano i ricavi che ora tornano ai giocatori attraverso montepremi da record, bonus pool in crescita e profit sharing. Quegli eventi sono anche il fulcro narrativo di tutta la stagione per i tifosi. Il nostro compito è assicurarci che i palcoscenici più importanti siano solidi e affidabili. Quando i migliori giocatori partecipano, i tifosi rispondono, gli sponsor rispondono, e tutto lo sport avanza. I numeri possono sempre essere aggiustati, ma il principio di una spina dorsale chiara e di alto livello per la stagione è non negoziabile. I giocatori hanno anche bisogno di tempo per adattarsi ai cambiamenti che abbiamo introdotto. L’espansione di alcuni Masters 1000 equivale a circa 15 giorni aggiuntivi in sede durante la stagione. Questi giorni extra devono essere presi in considerazione nella costruzione dei programmi, ed è logico che i giocatori riducano i loro impegni in altre aree. Questo richiede disciplina, nonché la disponibilità a rinunciare a cachet di partecipazione quando necessario. E naturalmente, se un giocatore esce presto da un evento di prima fascia, mantiene la flessibilità di scegliere altri tornei di livello inferiore per accumulare più partite. In sostanza, è un approccio a cascata dall’alto verso il basso”. 

“Mi dispiace per i forfait di Sinner e Alcaraz a Toronto” 

Invitato a rispondere sul forfait di Sinner e Alcaraz al 1000 di Toronto, Gaudenzi ha risposto su come i ritiri facciano parte dello sport. Una risposta che non risolve però quell’ambiguità che continua a pesare sul nuovo formato, per cui la maggiore remunerazione dei Masters non esclude forfait eccellenti a tutto discapito del torneo per cui non esiste la possibilità di ottenere un risarcimento. “I forfait dei top player? I forfait fanno parte dello sport professionistico, soprattutto in uno fisicamente impegnativo come il tennis. In questo caso, sia Jannik che Carlos avevano raggiunto le finali sia al Roland Garros che a Wimbledon. un risultato straordinario. Con solo due settimane di intervallo tra Wimbledon e Toronto quest’anno, il calendario era particolarmente serrato. Certo, mi dispiace per il torneo. È stato sfortunato, ma non è la prima volta, e non sarà l’ultima che un Masters 1000 affronta assenze. Questa è la realtà del nostro sport. In generale, però, se guardiamo i dati degli ultimi anni, la partecipazione dei giocatori a livello Masters 1000 rimane molto solida. Dobbiamo valutare l’impatto delle riforme nel tempo, considerando il quadro completo: presenze, ascolti, partecipazione dei giocatori, compensi e performance commerciali. È così che prendiamo decisioni informate e a lungo termine che servono lo sport nel suo insieme. I cachet di partecipazione? Non se ne parla spesso, ma muovono molto denaro, a livello 500 e 250, dove i promotori spendono regolarmente milioni per assicurarsi i grandi nomi. Per i top player è un guadagno garantito. Ne capisco l’attrattiva”.

Ma i giocatori e i loro team devono anche essere consapevoli delle conseguenze non intenzionali. Quegli incentivi finanziari non sempre si allineano con ciò che è meglio per il ranking di un giocatore, per il suo recupero o per la carriera a lungo termine. “I tornei d’esibizione? Non necessariamente rappresentano un problema. Le esibizioni offrono ai giocatori un altro modo di guadagnare, e questo fa parte della libertà che deriva dall’essere lavoratori indipendenti. Non ho nulla contro il concetto. Ma dobbiamo essere onesti: le esibizioni avvantaggiano un numero molto ristretto di giocatori. Non offrono punti validi per il ranking, non reinvestono nell’ecosistema e non sostengono la più ampia base di giocatori che dipende dagli eventi del Tour per il proprio sostentamento. Ecco perché il nostro focus deve rimanere sugli eventi ATP. Sono le fondamenta dello sport, costruiti per sostenere centinaia di giocatori, non solo pochi. Quando i giocatori scelgono di dare priorità al Tour, rafforzano l’intera piramide“.

“Tennisti autonomi e tutelati” 

“L’autonomia dei tennisti? Ci sono pro e contro. I giocatori dipendenti hanno più stabilità, ma molta meno flessibilità. I lavoratori indipendenti sono invece liberi di giocare dove vogliono, formare i loro team, commercializzare il proprio brand e attrarre opportunità di guadagno al di fuori del Tour attraverso eventi esibizione ecc. Come lavoratore indipendente non sei vincolato al Tour nello stesso modo in cui un giocatore NBA o NFL è legato a un contratto collettivo, o un giocatore a una squadra. Se non vuoi giocare un torneo, non sei obbligato. Le regole dei “zero punti” e i bonus pool incentivano la partecipazione, ma non la impongono. Allo stesso tempo, il Tour offre tutele per i giocatori che normalmente si vedrebbero solo in un modello da giocatore dipendente, come il programma pensionistico o la garanzia finanziaria Baseline per i Top 250. In altre parole, i giocatori mantengono il controllo (programmazione, sponsor, esibizioni) pur godendo di molte delle reti di sicurezza tipiche dei dipendenti. Inoltre, hanno voce in ogni decisione presa dal Tour attraverso i rappresentanti dei giocatori che costituiscono il 50% del Board. Questa combinazione è rara nello sport professionistico. Per il futuro restiamo aperti, ma bisogna valutare attentamente i pro e i contro delle varie opzioni e, cosa fondamentale, serve che anche gli Slam facciano parte di questa conversazione, ed è proprio ciò che stiamo promuovendo con OneVision”, ha concluso Gaudenzi.