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Gianluca Mager si ritira a 30 anni: il “ribelle” che ha trovato la sua strada

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A 30 anni, Gianluca Mager ha deciso di chiudere la sua carriera da tennista professionista. Lo fa con la serenità di chi ha attraversato alti e bassi, vinto battaglie interiori e oggi guarda al futuro con nuove certezze. La sua storia, raccontata nell’intervista concessa a SpazioTennis, è il ritratto di un talento “fuori dalle righe” che ha saputo trasformare errori, cadute e rimpianti in una vita piena di significato.

L’adolescenza ribelle e la rinascita

Come tanti, Mager inizia a giocare presto: “A cinque anni, al Circolo Tennis Sanremo, proprio a due passi da casa e dalla scuola”. Poi, l’improvviso stop: a 15 anni il buio, nessuna voglia di allenarsi né di competere.

“Ho avuto un’adolescenza un po’ particolare. Fuori dalle righe rispetto a un classico sportivo. Uscivo e ne facevo passare tante, troppe, ai miei genitori. L’ultima cosa che pensavo era di diventare un giocatore di tennis. Ero un ribelle a cui non piacevano particolarmente le regole.”

Fondamentale in quegli anni il padre Sergio, che non smise mai di crederci: lo accompagnava ai tornei open, anche quando sembrava perso. E poi Genova, il Park Tennis Club e l’intuizione di Diego Nargiso: “Quando arrivò Diego feci una scelta importante e dissi ai miei genitori di voler diventare un tennista professionista. Ricordo ancora lo scetticismo nei loro occhi. Da quel momento, per un anno, la mia vita funzionava così: autobus, treno, due chilometri a piedi per arrivare al circolo, panino a pranzo e allenamenti. Senza saltare un giorno, senza un ritardo. Per dimostrare che ero cambiato”.

Il professionismo: dai Challenger alla finale di Rio

Quella dedizione paga: Mager entra stabilmente nel circuito, conquista sei titoli Challenger e cinque Futures, raggiunge il best ranking di numero 62 ATP, gioca il main draw di tutti gli Slam. Il suo momento più alto resta la cavalcata di Rio 2020, quando da qualificato si regalò la finale dopo aver battuto Dominic Thiem, allora numero 4 del mondo.

“Non sono mai riuscito a godermi davvero il bello della mia carriera, ed è il mio più grande rimpianto. Proprio quando avevo raggiunto certi traguardi, il Covid ha svuotato i tornei e persino la Coppa Davis che sognavo di giocare l’ho vissuta in uno stadio deserto.” A marzo 2020, con il Tour diretto a Indian Wells, il tennis si fermò. “Ero carico, mi dicevano che stavo giocando come un treno. Dopo un allenamento annunciarono la cancellazione, e restammo fermi sei mesi.” Alla ripresa arrivarono comunque risultati di rilievo: sfidò Kyrgios a Wimbledon e Sinner al Roland Garros, batté De Minaur al Foro Italico e Fucsovics a Indian Wells, collezionando diversi quarti di finale ATP. “Contro Jannik sciupai due set point, e fu una delle partite che mi restarono più impresse.”

La lotta interiore e la svolta personale

Nonostante i successi dentro cresceva un’inquietudine: “Ero sulla Margaret Court Arena di Melbourne contro Rublev. Di fronte al numero 6 ATP. Dentro di me non vedevo l’ora di tornare a casa. Da lì è iniziata una vera e propria battaglia interiore.”

Il punto di svolta è la nascita della prima figlia: “È strano da dire, ma quando è nata la mia prima figlia qualcosa dentro di me è cambiato. Sono una persona che ama la stabilità, molto legato alla famiglia. Ho sempre patito il continuo viaggiare. La vita di un giocatore di tennis è in continuo movimento… mentre magari vorresti solo essere a casa a festeggiare un normale Natale.”

Un nuovo inizio a Sanremo

Accanto a lui, sempre, due figure chiave: Matteo Civarolo e Valentine Confalonieri. Quest’ultima, da compagna di viaggio è diventata moglie, madre dei suoi figli, colonna della sua vita. Con Civarolo, invece, oggi progetta il futuro: da ottobre guideranno insieme la scuola tennis del Circolo Tennis Sanremo.

Ecco allora il vero senso del ritiro: non un addio, ma una trasformazione. Dal campo alla trasmissione di valori. “È nato in me il forte desiderio di insegnare ai giovani a non commettere i miei stessi errori, perché la carriera non dura per sempre. Voglio trasmettere disciplina e metodo già dai 12 anni in su.”

Guardandosi indietro, Mager non ha dubbi: “A conti fatti il tennis mi ha dato molto più di quello che mi ha tolto. Mi ha permesso di prendere la giusta via, di crescere, di conoscere pienamente me stesso. Mi ha dato una bellissima famiglia. Oggi sono soddisfatto del percorso fatto e sento dentro di me nuove energie da indirizzare in un nuovo capitolo. Domani ci sarà un nuovo inizio e sono grato di poterlo condividere con tutti voi.”