La favola del “fratellastro” Montecarlo: da brutto anatroccolo a cigno
C’era una volta un torneo prestigioso, che si disputava a inizio primavera in uno dei più affascinanti circoli del mondo, il Monte Carlo Country Club. Per decenni è stato considerato uno degli appuntamenti più importanti sulla terra battuta, il debutto della “stagione rossa” a inizio primavera, e per diverso tempo aveva inseguito la Pasqua disputandosi sempre nella settimana che precedeva la festività religiosa. Poi le esigenze del circuito hanno comandato una settimana più fissa senza dover seguire le fluttuazioni dei cicli lunari, ma il prestigio era rimasto.
Poi arrivò il 2007: l’ATP decise di cambiare il nome dei tornei più importanti, che da qualche anno a quella parte si chiamavano “ATP Masters Series” e di farli diventare “ATP World Tour Masters 1000”. Ma soprattutto aveva deciso di inserire tra questi il torneo di Madrid, retrocedendo i tornei di Montecarlo e Amburgo alla categoria inferiore, quella di ‘500’.
Ovviamente i due tornei declassati hanno combattuto per mantenere la loro posizione, ma mentre Amburgo ha deciso di sfidare l’ATP in tribunale uscendone con le ossa rotte (non prima però di aver quasi dissanguato le casse dell’associazione per spese legali milionarie), Montecarlo aveva trovato quasi subito un compromesso che ne aveva salvato l’apparenza e, soprattutto, la data.
Montecarlo avrebbe mantenuto la sua collocazione in calendario all’inizio della stagione sulla terra battuta (mentre Amburgo sarebbe stato sbattuto nel “circuito di riparazione” di luglio, e solo quest’anno sarebbe stato ri-promosso alla primavera, sebbene nella poco desiderabile settimana prima del Roland Garros), avrebbe mantenuto il titolo di Masters 1000 e la distribuzione dei punti, ma non avrebbe avuto l’iscrizione automatica di tutti i top players. In altre parole, i migliori giocatori del ranking (i cosiddetti “committment players”, coloro che sono ‘tenuti’ a giocare i Masters 1000 che sono tornei cosiddetti ‘obbligatori’) avrebbero potuto saltare il torneo di Montecarlo senza dover subire le conseguenze che conseguono alla non partecipazione agli altri Masters 1000. Nello specifico, non sarebbero stati penalizzati in classifica, non avrebbero avuto conseguenze nell’eleggibilità a partecipare al bonus pool (la torta che a fine anno i migliori si spartiscono in aggiunta ai montepremi vinti durante la stagione), e se avessero deciso di partecipare a Montecarlo quel torneo sarebbe contato come uno dei ‘500’ che sono tenuti a giocare per attingere al bonus pool (erano quattro fino al 2024, ora sono cinque).
Montecarlo era quindi visto un po’ come un torneo di serie B, sicuramente un passo indietro rispetto agli altri Masters 1000, anche perché la collocazione in calendario lo metteva troppo presto per i non-europei, che avrebbero dovuto andare in Europa già ad aprile per poi rimanervi fino a metà luglio.
In quel tempo quasi tutti i Masters 1000 erano tornei di una settimana, tranne i primi due: Indian Wells e Miami occupavano due settimane ciascuno, monopolizzando tutto il mese di marzo. E facevano tanti bei soldini, tanto che a un certo punto si erano messi in testa di dare più punti degli altri, ma i loro “fratelli” non l’hanno permesso. E hanno detto: “Perché loro possono avere 12 giorni e noi solo 7-8?” E fu così che tutti cercarono il modo di allungarsi per aumentare sessioni e incassi.
Il “fratellastro” Montecarlo, invece, rinchiuso nel suo bel club in Costa Azzurra incastonato tra le montagne e il Mar Mediterraneo, rimaneva lì con il suo ‘1000 depotenziato’ e guardava gli altri che diventavano sempre più lunghi e ricchi.
Se non che i giocatori, costretti a rimanere ai tornei sempre più a lungo per competizioni sempre più diluite, iniziarono a lamentarsi: “Finché bisogna farlo un paio di volte l’anno, nel paradiso ‘chill’ di Indian Wells e nella nuova sede di Miami dove abbiamo la rampa di uscita dall’autostrada tutta per noi e mezzo stadio a nostra completa disposizione, può anche andare; ma se tutti i tornei sono così diventa un incubo”.
E fu così che piano piano tutti i tennisti cominciarono a preferire Montecarlo agli altri tornei, e cominciarono a tenere in considerazione anche il più piccolo dei “fratelli”, Parigi-Bercy, il più ‘sfigatello’ che stava sempre in casa mentre gli altri erano all’aperto ad abbronzarsi e aveva la cameretta più piccola di tutti con solo tre campettini. Dopo tanti anni Parigi era riuscito a cambiare casa e a spostarsi in un luogo più grande, ma l’impossibilità di far giocare 96 giocatori tutti al coperto e la vicinanza alle ATP Finals gli rendevano impossibile seguire la strada degli altri fratelli.
Quindi Montecarlo, da “fratellastro” che nessuno considerava, senza fare assolutamente nulla se non rimanere uguale a sé stesso, è diventato uno dei più popolari tra i tennisti e anche tra i tifosi, dato che senza sessioni serali i suoi biglietti consentono di vedere più partite rispetto ai tornei “allungati”.
Chissà cosa accadrà in futuro, se gli altri fratelli vorranno imitare in qualche modo Montecarlo (molto difficile) oppure resisteranno nella loro nuova veste trasformata, ma quel che è sicuro è che l’ex brutto anatroccolo si è preso una piccola rivincita sui suoi fratelli diventando, forse per poco, forse per tanto, il cigno della compagnia.