Tsitsipas e Ivanisevic si separano: “Difficile lavorare con un dittatore”. Torna papà Apostolos
Nel tennis, come nella vita, si dice che i grandi amori facciano giri immensi per poi ritornare; amori che percorrono strade nelle quali le curve diventano troppe e il motore inizia a singhiozzare e alla fine l’istinto spesso ti riporta a casa. Per Stefanos Tsitsipas, quel luogo familiare si chiama Apostolos, suo padre e da sempre suo mentore. Dopo appena settimane di collaborazione, il greco ha annunciato la separazione da Goran Ivanisevic, chiudendo così un’altra parentesi breve e tormentata nella sua instabile carriera recente.
La notizia è arrivata con un comunicato asciutto, elegante nei modi ma impietoso nel tempismo: poche ore prima, infatti, lo stesso Stefanos aveva parlato pubblicamente in Grecia durante un evento benefico, e lo aveva fatto con toni tutt’altro che concilianti nei confronti dell’ex coach croato. “È difficile lavorare con dittatori che parlano male di te e non sono in sintonia né con me né con il mio entourage”, ha dichiarato senza troppi filtri. Una frase che pesa e che fotografa il senso di disorientamento profondo che attraversa il numero 29 del ranking mondiale.
Il ritorno alle origini: “amo mio padre con tutto il cuore”
Dietro lo strappo con Ivanisevic, si intravede qualcosa di più grande: un tentativo disperato di ritrovare sé stesso. In questo viaggio a ritroso, Tsitsipas ha fatto mea culpa riguardo al rapporto col padre, riconoscendo apertamente di aver sbagliato a interromperlo. “Non è stato giusto il modo in cui ho trattato mio padre e come ho concluso la nostra collaborazione”, ha confessato, svelando di essersi scusato e di voler ricostruire con lui un nuovo tipo di comunicazione. “Lo amo con tutto il cuore. Quello che ha fatto per me mi commuove. Non voglio separarmi mai dalla mia famiglia”.
Il nuovo staff di Stefanos – o forse sarebbe meglio dire, il vecchio staff redivivo – sarà dunque nuovamente guidato da Apostolos Tsitsipas. Una scelta che può sembrare regressiva, ma che per il greco rappresenta forse l’unico porto sicuro in un mare agitato da incertezze tecniche e identitarie in un talento che rischia di perdersi definitivamente.
“Errori? Allenato e giocato troppo”
La crisi del tennista ateniese non è di oggi, né si esaurisce nei cambi di coach. È un problema di direzione, di coerenza, forse anche di motivazione. “Gli errori che ho commesso? Ho giocato troppo, mi sono allenato troppo. E questo ha distrutto il mio rapporto con il tennis”, ha ammesso senza giri di parole, ma poi si è spinto oltre: “Ora mi sento più vicino a quel ragazzino di 15 anni che amava davvero il gioco. Sto lavorando 3-4 ore al giorno con la mentalità giusta. Se continuo così, tornerò dove merito”.
Parole che suonano incoraggianti, ma che fanno il paio con molte altre dichiarazioni simili rilasciate negli ultimi anni. Stefanos Tsitsipas è stato spesso protagonista di grandi exploit e altrettante cadute rovinose, alternando lampi di genio a momenti di buio. Lampi di genio ormai persi, momenti di buio sempre più frequenti.
Il greco e l’addio amaro: “Voglio un team che sia una famiglia”
La separazione da Goran Ivanisevic non è solo una questione tecnica. È il simbolo di un’incompatibilità di visione e carattere. Il croato, reduce da un’esperienza trionfale accanto a Djokovic, non è riuscito a incidere su un giocatore fragile e indecifrabile. E forse proprio questa mancanza di sintonia ha innescato lo sfogo pubblico di Tsitsipas, che ha bollato l’esperienza con Goran come tossica: “Voglio costruire un team che sia una famiglia, con cui poter restare in contatto anche quando la mia carriera sarà finita”.
Un’aspirazione nobile, che però stride con la cronica instabilità del greco, passato da Mark Philippoussis a Thomas Enqvist, da Patrick Mouratoglou a Ivanisevic, nel giro di poco più di due stagioni. A 26 anni, quella che dovrebbe essere la fase matura della carriera rischia di trasformarsi in una costante ricerca di sé stessi. Sarà la strada giusta? Per adesso la risposta a questa domanda si perde tra un addio senza rancori e l’abbraccio ritrovato di un padre pronto a riaccogliere il figliol prodigo.