Se telefonando… La lezione di Meloni a Schlein sul dialogo della responsabilità
In un ampio retroscena, il Corriere della Sera riferisce che l’uscita dall’impasse sui giudici costituzionali è stata dovuta a contatti diretti e ripetuti nella tarda serata di mercoledì tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein. Diversi «messaggini», poi sfociati in una telefonata. «Ovviamente – scrive Marco Galluzzo, che firma l’articolo – non basta per definire o parlare di metodo» del dialogo. Epperò, è vero che la questione indica una strada. Che non è semplicemente quella del dialogo, ma quella della consapevolezza dei ruoli e che, per questo, investe totalmente il Pd.
La vera notizia non è che Meloni e Schlein si siano sentite dopo mesi di stallo sulla questione, ma che dopo mesi di stallo sulla questione la segretaria dem, prendendo l’iniziativa di stabilire il primo contatto, abbia finalmente ammesso che l’opposizione non può pretendere di imporre alla maggioranza veti, linee, nomine da fare o da non fare. Che, insomma, il dialogo può esistere solo nel riconoscimento dei ruoli, altrimenti non funziona. L’esempio in questo senso è ciò che è avvenuto intorno al nome di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi indicato dal governo per la Consulta. Nei mesi scorsi l’opposizione aveva alzato le barricate, ieri è addivenuta a più miti consigli, votandolo insieme agli altri tre giudici.
Meloni e Schlein si sono già sentite in passato su altri temi: violenza sulle donne, sicurezza sul lavoro, Ucraina e Gaza. Su ciascuno, nell’interlocuzione diretta, sono riuscite a trovare un punto di sintesi che non tradisse i rispettivi ruoli, anche nella chiave di responsabilità che hanno nei confronti dei cittadini.
Se, come rileva Galluzzo sul Corriere, non si può parlare di «metodo» per entrambe, va notato però che si può parlare di metodo per Meloni. Il premier ha ripetutamente invitato l’opposizione a farsi parte dialogante, a entrare nel merito delle proposte che contestava con proposte che potessero essere davvero la base per una discussione condivisa. Quando questo è accaduto ha fatto trovare la porta aperta, ma è accaduto molto di rado. Per lo più, infatti, si è trovata di fronte un’opposizione che chiedeva dialogo, ma pretendeva l’accoglimento tout court delle proprie proposte, confliggenti più che alternative a quelle del governo. In questo senso un esempio è sul tavolo in queste ore: il tema del lavoro e della difesa del potere d’acquisto. Il Pd preferisce cavalcare la fallimentare, ma propagandisticamente accattivante, questione del salario minimo piuttosto che sedersi a un tavolo con una disponibilità a migliorare, dove ce ne siano i margini, le proposte di maggioranza e governo. Eppure «si può sempre fare miglio» è uno dei mantra del premier.
Ma per capire che davvero per Meloni il “dialogo della responsabilità” è un metodo bisogna risalire più indietro nel tempo. A quando cioè all’opposizione c’era lei e sui temi cruciali per la Nazione, come il posizionamento sull’Ucraina, non ha mai fatto mancare il sostegno di FdI, senza manfrine e senza tirarla per le lunghe, semplicemente continuando a guardare sempre e solo all’interesse nazionale. Che è anche quello di avere un’opposizione senziente e consapevole del proprio ruolo. Dura, certo, ma non pregiudiziale a tutti i costi.
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