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Fazzolari: “La vera notizia è che Mosca è disposta a trattare. Merito dell’Occidente e dell’Italia”

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Tante le incognite sul negoziato tra Russia e Ucraina al quale sta lavorando alacremente il presidente Usa Donald Trump non senza qualche mal di pancia di Bruxelles. L’Alta rappresentante Ue per la politica estera, Kaja Kallas, lo ha detto chiaramente: “Senza un coinvolgimento dell’Unione europea non se ne fa niente”. A poche ore dalla Conferenza sulla sicurezza di Monaco (dove è in agenda un incontro tra Trump e Zelensky), tavolo cruciale per l’interventismo del presidente Usa su Ucraina e Medioriente, il sottosegretario ala presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, uomo di fiducia e consigliere della premier Meloni, fa il punto sulla posizione di Palazzo Chigi. E  si mostra fiducioso per l’uscita dall’impasse dovuta alla posizione ferma dell’Occidente.

Fazzolari: oggi la notizia è che la Russia è disposta a trattare

“Oggi la notizia è che la Russia è disposta a trattare, cosa che fino a qualche mese fa non aveva alcuna intenzione di fare”, dice in un colloquio con il Giornale. “E questo accade perché Mosca è stata fermata sul campo e si è creata una situazione di stallo. Che è sì è merito dell’eroismo del popolo ucraino ma – sottolinea Fazzolari – anche del sostegno occidentale alla causa di Kiev”. Insomma a Palazzo Chigi si guarda con fiducia all’accelerazione trumpiana, non caso la premier ha preferito con cautela non pronunciarsi sul braccio di ferro tra l’Ue e la Casa Bianca. “L’impostazione che Meloni ha portato avanti fin dall’inizio della guerra ora comincia a dare i suoi frutti”, dice Fazzolari. È sotto gli occhi di tutti che se l’Italia non avesse mantenuto il sostegno senza se e senza ma all’Ucraina, occupata illegittimamente da Putin, probabilmente sarebbe stata cancellata dalla cartina geografica.

Non è vero che Mosca ha in mano le carte del negoziato

Fazzolari respinge la narrazione di una Russia forte che ha in mano le carte al tavolo del negoziato con Kiev. Al contrario, a leggere questi tre anni dall’inizio dell’invasione emerge il fallimento dell’operazione di Mosca. Quello che velenosamente ha  qualcuno ha definito “un popolo di badanti e camerieri è  riuscito a fermare l’ex Armata rossa per ben tre anni, costringendola alla fine ad accontentarsi della conquista del 18% del territorio ucraino. Il tutto con un costo umano ed economico enorme per Mosca. Che, al netto della Crimea che era già sotto il suo controllo, non si è allargata su zone strategiche”.

Resta il nodo della Nato, no alle forze di interposizione europee

Passando alla realpolitik, Fazzolari osserva che l’accelerazione imposta da Washington può consentire   Zelensky di aprire alla trattativa sulla cessione di alcuni territori, condizione necessaria per la buona riuscita del negoziato. Tradotto significa che Zelensky può essere favorito nel poter sostenere con i suoi che la scelta dolorosa è in qualche modo “imposta” dagli Usa. Resta il punto centrale del veto degli Usa all’ingresso dell’Ucraina nella Nato. Un compromesso, visto favorevolmente dal governo Meloni, potrebbe essere quello di allargare a Kiev l’applicazione dell’articolo 5 dell’Alleanza atlantica pur senza un suo ingresso formale. “Anche perché – osserva il sottosegretario –  l’altra strada per garantire l’Ucraina sarebbe l’adesione all’Ue, una soluzione che avrebbe tempi lunghi e comporterebbe complicazioni sul mercato interno”. Perplessità invece sull’ipotesi di una forza di interposizione europea, meglio l’invio di osservatori internazionali lungo il confine. Viste le regole d’ingaggio sul terreno del conflitto, quasi da Seconda guerra mondiale, il rischio è che in caso di crisi un contingente europeo non sia in condizione di operare davvero.

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