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Recessione tedesca e follie green: cosa c’è dietro al calo della produzione industriale in Italia

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Sempre pronta a minimizzare i dati sull’occupazione che cresce, sulla disoccupazione che diminuisce, sull’andamento positivo del Pil e sulla fiducia dei mercati, parlando della necessità di dargli non si sa bene quale “contesto”, l’opposizione si butta invece a capofitto sul dato della produzione industriale che cala. Disegnando già scenari apocalittici e utilizzandoli per sostenere, in sintesi, che l’economia italiana sta andando a rotoli. «Meloni sta radendo al suolo l’industria italiana», tuona Giuseppe Conte, parlando di «allarme rosso» e «clamoroso tracollo» e ignorando totalmente non solo gli altri indicatori, ma anche quel “contesto” tanto caro all’opposizione. Sebbene proprio rispetto a questo specifico dato abbia davvero un valore.

La recessione tedesca e l’ideologia verde dietro al calo della produzione industriale in Italia

Il Sole 24 ore ha riferito che nel 2024 la produzione industriale è calata del 3,5%. Si tratta di un dato innegabile. Ma che risente moltissimo di dinamiche rispetto alle quali l’azione del governo non può avere un effetto diretto, a differenza di quanto avviene per gli indicatori positivi. Il primo, più importante elemento da tenere presente per capire il calo della produzione industriale è, infatti, la recessione della Germania, nostro principale partner commerciale globale. Il secondo è la crisi dell’auto europea, e quindi italiana, sulla quale pesano drammaticamente le follie green imposte dall’Europa fin qua.

Urso: «Dati figlie delle follie del Green Deal»

Lo stesso ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha rilevato che i dati sulla produzione industriale «sono negativi perché l’epicentro della crisi è nel settore delle auto che trascina con sé anche coloro che producono per le auto, siderurgia e chimica. La crisi dell’auto europea, determinata dalle follie del Green Deal ha portato alla crisi dell’auto italiana e, di conseguenza, a questi dati di crisi industriale che ovviamente ci preoccupano e per questo prima di altri abbiamo innescato il processo di riforme in Europa». È lì, infatti, a Bruxelles, che si gioca la partita principale. Ed è lì che l’Italia, non da ora, si è posizionata in prima fila, muovendosi prima degli altri, per denunciare e raddrizzare le storture di quell’ideologia verde che vorrebbe un’Europa deindustrializzata.

L’impegno italiano per riformare l’Ue: i 6 documenti strategici per l’industria

Urso ha presentato 6 documenti strategici in questo senso: automotive, siderurgia, chimica, microelettronica, semplificazione, spazio. Si tratta di un impegno che sta dando i suoi frutti e che vede sempre più Paesi, nonché europarlamentari, aggregarsi intorno alle posizioni italiane.

Non solo industria: i dati che dicono che l’economia italiana va bene

Tornando in Italia, invece, ciò di cui si deve prendere atto sono dati come il Pil positivo; la borsa di Milano che arriva ai massimi storici; l’occupazione a un tasso mai registrato prima; la riduzione dei tavoli di crisi, che cinque anni fa erano 180 e oggi sono 34; la chiusura di una vicenda decennale come l’Ilva che verrà assegnata a un player internazionale; la soluzione di crisi annose come Termini Imerese, dopo 14 anni di cassa integrazione, e le acciaierie di Piombino, dopo 10 anni di cassa integrazione. E, ancora, guardando anche all’estero, siamo diventati il quarto Paese esportatore mondiale, superando Giappone e Sud Corea, e abbiamo segnato il record di investimenti esteri in Italia. Anche questi sono dati innegabili e per i quali l’unico “contesto” che conta è il lavoro portato avanti dal governo per conseguirli.

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