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Suicidio assistito, il primo caso in Lombardia. Il messaggio della donna affetta da sclerosi multipla

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Primo caso di suicidio assistito in Lombardia, il sesto in Italia. La notizia è stata anticipata dal Corriere della Sera e confermata Associazione Coscioni. Si tratta di una donna di 50 anni, Serena (nome di fantasia ndr) affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni. È morta nelle scorse settimane nella sua casa in Lombardia, a seguito dell’auto-somministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale, insieme alla strumentazione necessaria. L’aiuto medico, che non è arrivato dalle Asl  territoriali è stato fornito dal dottor Mario Riccio, che collabora con l’associazione Luca Coscioni e che nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby.

Primo caso di suicidio assistito in Lombardia

A  novembre la Asl ha stabilito che doveva essere il suo medico di fiducia a indicare, con una propria relazione, il farmaco letale e la metodica per la sua auto-somministrazione. Come in altri casi in assenza di medici che, su base volontaria, assistessero la donna nelle procedure, la somministrazione del farmaco è stata affidato  Mario Riccio, medico anestesista. L’azienda sanitaria, dunque, ha fornito il farmaco nel giorno concordato al dottore, che ha poi restituito  la strumentazione e i materiali da smaltire.

Il messaggio di Serena all’Associazione Coscioni

La donna, prima di scegliere la morte nella sua abitazione, ha lasciato un messaggio all’Associazione Coscioni.La mia breve vita è stata intensa e felice, l’ho amata all’infinito. E il mio gesto di porle fine non ha significato che non l’amassi. L’ho vissuta nonostante tutte le mie difficoltà, come se questa malattia non fosse dentro me. Ho affrontato la mia disabilità con rispetto e dignità. Quando però cominci a sentire la sofferenza oltre a quella fisica ma dentro l’anima, capisci allora che anche la tua anima deve avere il diritto di essere rispettata con la dignità che merita”.

Fontana: la Regione ha seguito le sentenze, ma serve una legge nazionale

Filomena Gallo e Marco Cappato, segretaria nazionale e tesoriere dell’Associazione, hanno dichiarato che la Regione Lombardia ha fornito l’aiuto medico per la morte volontaria perché era suo dovere farlo. “Si conferma così, nei fatti ciò che avevamo sostenuto anche in occasione dell’irresponsabile decisione del Consiglio regionale di dichiararsi incompetente in materia”. “Non è questione di autorizzare il suicidio medicalmente assistito”, replica il governatore Attilio Fontana. “L’autorizzazione l’ha data la Corte costituzionale con le proprie sentenze. Noi non abbiamo fatto altro che, attraverso il codice etico, trovare delle linee di condotta che verranno estese a tutta la Regione. In ogni modo – conclude –  rimane opportuna una legge nazionale. Altrimenti ognuno può seguire le disposizioni dei propri codici etici, quando invece è necessario che ci sia una linea nazionale”.

Si riaccende il dibattito sul fine vita

Il caso riaccende il dibattito sul fine vita in assenza di una legge nazionale. Un tema eticamente sensibile che non dovrebbe essere lasciato alle competenze regionali. Alcuni giorni fa il tema è tornato di attualità con il via libera della Toscana alla proposta di legge sul suicidio assistito, nata da una raccolta di firme. In particolare, è stato stabilito che chi richiede una valutazione delle proprie condizioni di salute per accedere al suicidio medicalmente assistito dovrà ricevere una risposta entro un massimo di 30 giorni. Una legge giudicata incostituzionale da Fratelli d’Italia pronta a dare battaglia.

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