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Giovanni delle Bande Nere simbolo del Giubileo: il ragazzo redento che divenne un soldato

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Il Giubileo rappresenta la redenzione e il ricongiungimento con Dio nella religione cristiana-cattolica. Questo evento si verifica ogni 25 anni e se c’è un personaggio storico che davvero può rappresentare il perdono e l’inizio di una nuova vita quello è Giovanni delle Bande Nere, condottiero di ventura e dell’esercito papale durante le Guerre d’Italia. Nato Ludovico Giovanni de’ Medici, il futuro capitano d’armata era figlio di Caterina Sforza, nobile madre guerriera e da Giovanni de’ Medici, politico ed esponente della più potente famiglia toscana del Rinascimento. Venuto al mondo a Forlì nel 1498, fu costretto a passare la sua infanzia rinchiuso in un convento: nel 1509 la madre, che era prigioniera di Cesare Borgia morì e il giovane passò al ricchissimo Jacopo Salviati, genero di Lorenzo il Magnifico.

Ludovico visse un infanzia turbolenta, forse a causa di un passato trascorso in cattività, tanto che in età pre adolescenziale ricevette il bando da Firenze per aver ucciso un suo coetaneo durante una lite tra giovani nel 1511. Quando Salviati divenne ambasciatore a Roma nel 1513, il ragazzo lo seguì e attraverso l’intercessione del proprio tutore con l’allora papa Leone X, che era suo zio, si arruolò nelle milizie pontificie. Purtroppo Ludovico continuò a cacciarsi nei guai e la bravata che lo rese famoso nell’urbe fu una lite a cui partecipò sul ponte di Castel Sant’Angelo, dove insieme ad alcuni suoi amici uccise Brancaccio, comandante degli uomini del generale aristocratico Camillo Orsini. Di conseguenza, Salviati estenuato non potè far altro che mandarlo prima a Napoli e poi di nuovo a Firenze a causa del suo atteggiamento.

Nel 1516, poco prima del suo diciottesimo compleanno, Ludovico ricevette finalmente la redenzione. Durante la guerra contro Urbino, Ludovico si trovava a capo di alcune forze papaline rozze e inesperte, ma riuscì ugualmente ad istruire i propri uomini alla disciplina e all’obbedienza.

La prima guerra di Ludovico, la redenzione e il cambiamento in Giovanni delle Bande nere

Ludovico riuscì a battere il nobile condottiero Francesco Maria I Della Rovere, duca d’Urbino e Sora, che decise di retrocedere dopo meno di un mese. Da quel momento, per il giovane fiorentino inizia una vita fatta di gloria, redenzione e combattimento tra sangue e sudore, al servizio dello Stato pontificio. Nel 1520, durante l’alleanza tra papa Leone X e Francesco I di Francia, Ludovico partecipò all’occupazione delle città di Parma e Piacenza che tornarono nelle mani della famiglia Sforza. Una grande rivalsa per lui, che vide sua madre portare il cognome della nobile famiglia milanese e non poter governare i propri territori a causa della prigionia in cui l’aveva costretta Cesare Borgia.

Il bel periodo di Ludovico non durò per molto, perché nel 1521 morì papa Leone X e lui in segno di lutto decise di cambiare le bandiere della sua compagna in nero, anziché tenerle bianche e viole come all’inizio. Da quel momento nacque la storia e l’epiteto leggendari di Giovanni delle Bande Nere, condottiero senza paura e devoto alla lotta, che gli aveva regalato una nuova vita dopo l’oscuro passato. Il suo secondo nome diventò primario e sulla sua strada trovò anche il poeta Pietro Aretino, che dopo essere fuggito da Roma gli diventò amico e scrisse anche delle testimonianze sulla vita del comandante nero.

Il riscatto e la giovane morte di Giovanni, il comandante nero

Nel 1523, Giovanni lavorò con i suoi soldati di ventura per il Sacro romano impero e nell’anno successivo si rese ancor più noto per aver assediato il campo del cavaliere francese Pierre de Bayard costringendolo alla fuga e tenendo in ostaggio più di 300 uomini. Nel 1524 a Roma divenne papa Clemente VII, il quale chiese a Giovanni delle Bande Nere di tornare a combattere per lo Stato pontificio romano in cambio del pagamento dei suoi debiti. Accettò l’offerta e stavolta combatté contro Francesco I quando costui scelse di tornare in Italia, subendo poi la prigionia e una sconfitta rovente dopo il fallimento della sua “sovrana” campagna militare. Nel 1525 Giovanni rimase ferito durante una discussione e subì il ricovero prima a Piacenza e poi a Venezia, dove completò la convalescenza e rifiutò l’offerta di servire la repubblica marinara veneta, altresì nota con il soprannome di Serenissima.

Dopo che Francesco I tornò in libertà nel 1526, Giovanni delle Bande Nere (o Ludovico) decise di continuare la propria missione di redenzione, tornando a combattere per il Papa e contro il sovrano francese anche dopo la sventura nell’anno precedente. Giovanni trovò la morte lo stesso anno del ritorno sui campi di battaglia, a causa della ferita di un falconetto a una gamba che in breve tempo si trasformò in una cancrena.

Durante l’intervento d’amputazione, Giovanni nell’ironia della tragedia urlò che “neanche venti uomini possono tenermi”, come raccontò in una lettera Pietro Aretino. Dopo aver subito l’intervento, l’oscuro capitano chiamò a sé il poeta allegramente e raccontandogli di essere guarito. Purtroppo per lui non fu così, ma la sua storia è quella di un uomo che ha combattuto fino alla fine col sorriso e la spada, perché grato del perdono e del ruolo che la vita gli aveva donato.

La redenzione di Giovanni e il legame con il Giubileo

Non è noto se Giovanni delle Bande Nere abbia mai passato la Porta santa durante il Giubileo, ma nonostante ciò la sua storia ha dimostrato che a volte basta soltanto la possibilità di rimediare per trovare la propria strada e abbracciare così il sentiero divino. Lui trovò la propria via combattendo per ciò che riteneva giusto e proprio per questo scelse le milizie papaline come inizio della carriera militare, una compagnia di battaglia che tra i molti ruoli aveva quello di proteggere la fede cristiana e l’istituzione ecclesiastica da eventuali attacchi esterni.

Inoltre, a Giovanni delle Bande nere fu dedicata una statua Piazzale degli Uffizi, scolpita da Temistocle Guerrazzi. Nella scultura marmorea è raffigurato il militare cristiano con la spada in mano e  su di essa sono incise le parole “Non mi snudare senza ragione, non mi impugnare senza valore”. Un significato che comprende i motivi che spinsero il capitano nero a cambiare, lui che aveva compreso come la lotta potesse anche avere uno scopo nobile di protezione verso la propria famiglia, le proprie idee e il proprio credo. La salma del militare fiorentino fu sepolta con l’armatura addosso nella chiesa di San Francesco a Mantova, il soldato papalino rimase tale anche dopo la morte.

Ludovico Giovanni de’ Medici, anche detto delle Bande Nere, morì credendo fino all’ultimo secondo di poter dare valore alla propria vita anche dopo essere caduto e questo è esattamente lo spirito religioso di chi ancora oggi viene a Roma in occasione dell’Anno santo, dimostrando di essere devoto a Dio dando valore alle proprie preghiere e alle buone azioni quotidiane, nonostante le difficoltà umane.

 

 

 

 

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