«Caro Telese, i finti eroi del sociale sono parte del problema… Firmato: il tuo ex vicino dell’Esquilino»
Caro Telese,
Ti ricordi il famoso ascensore di piazza Vittorio, nel palazzo nostro in cui hai vissuto qualche tempo? È proprio quello del libro di Amar Lakhous e del film patinatissimo della Fandango con la Smutniak, che descrive il conflitto condominiale per l’elevazione e discesa come una lotta di classe tra quelli dei piani alti e i piani bassi.
Molte cose sono cambiate da qualche anno fa, bisogna darne atto, nel nostro rione. Il covid non ha portato solo segregazione e vita all’iraniana sulle nostre terrazze, in barba ai divieti assurdi e claustrofobici di quei tempi, ma anche una nuova sferzata di vitalità e rinnovamento all’Esquilino: i tavolini dei locali sotto i portici, il rinnovamento dei giardini Nicola Calipari, non meno eroici di lui nel resistere a spacciatori e ubriaconi, quelli di piazza Dante con il palazzo dei Servizi, tanti nuovi esercizi commerciali e una pubblicità una volta tanto positiva, hanno portato moltissimi romani a godere delle bellezza del nostro rione.
La decisiva scelta dell’Accademia della Moda, la ristrutturazione meravigliosa dei vecchi locali di MAS, ha trasformato un moloch obbrobrioso in un paradiso di luce sotto i portici, all’angolo con via dello Statuto. In questo cambiamento gli esquilini tutti hanno dimostrato di amare il loro vicinato, reagendo con incredibile entusiasmo e partecipazione alle nuova vita commerciale, alle finalmente regolari pulizie dei portici, alla sistemazione dei cassonetti lontani dai portoni delle case, anche se c’è ancora chi costruisce baracche con i cartoni, destinate a durare per la notte. Certo, lo hai potuto apprezzare anche tu nel confronto democratico che hai subito, come chiunque provi a dirne una di semplice buonsenso in quei contesti “solidali”, il nostro rimane il rione di conflitti.
Proprio come quello, tutto Esquilino, tra i comitati “civici” di chi non ci abita e gli “insopportabili” residenti, tra i solidali tout court, che magari finanziano i loro progetti con soldi pubblici di qualche bando super sociale, e quelli -infigardi!- che devono portare i figli a scuola, scavalcando chi dorme davanti al loro portone. A me, ad esempio, da mesi ormai, un simpatico e nerboruto centrafricano, che ha purtroppo evidenti problemi mentali, comunque colonizza il pezzo di bel portico sotto casa. Mi ha anche minacciato di «ficcare coltello in pancia» alla mia cortese e pacata richiesta di buttare nel cassonetto i suoi rifiuti, che lascia qui ogni mattina, alzandosi dal suo openspace vista piazza.
Ma che ci vuoi fare, Welcome to piazza V! La piazza partecipata delle anime belle e di chi imbruttisce agli ubriaconi che pisciano nel parco, ma noi locali e -noi sì- indigeni, lo conosciamo bene l’Esquilino, ci viviamo da decenni per scelta, proprio come ho fatto io, questo maledetto e bellissimo quartiere, così sporco e sofferente e vivo: mi diceva mio padre che ci stavo bene perché mi curava le ferite che non sapevo d’avere, che l’avevo scelto per questo. Qui, devo dire, ho deciso proprio di trasferirmi, dopo aver trovato la mia casa un sabato mattina assolutamente per caso, spulciando tra gli annunci di PortaPortese, un giornale romanissimo e scomparso, quando il rione sembrava l’Habana Vieja prima della ristrutturazione coi soldi dell’Unesco.
Qui, io, ragazzo dell’Eur borghese e perbene, ho imparato mio malgrado a combattere il disagio, non per cattiveria, ma per sopravvivenza. Ho fatto lo spazzino io stesso, sotto casa e dentro, quando quello dell’Ama non passava mai, o i servizi sociali del Comune non rispondevano alla mia richiesta di allontanare il barbone che dormiva nell’androne. Come ho imparato a conoscere, negli anni, le fantastiche cooperative sociali, i servizi di assistenza, le mense, i dormitori, che, aiutando i poveretti, ci mettono in croce ogni giorno, portando nel nostro bel Rione -tale è l’Esquilino, perché è un quartiere antico e bellissimo- orde di diseredati che nessun altro a Roma vuole.
Piano piano sta cambiando, forse è vero quello che dicevano dieci anni fa, non è pensabile mantenere un quartiere così centrale in queste condizioni, ma l’ostacolo nuovo che si frappone alla voglia di legalità, di pulizia, di decoro, dei residenti, da un po’ di tempo a questa parte, in numero purtroppo crescente, è un’altra anima sedicente nobile, un po’ pecoreccia e variamente disagiata. Proprio quella che spintona chi non è allineato e coperto alla vulgata buonista, quella che trova sponda nell’amministrazione in nome di una presunta identica appartenenza politico ideale, che non vuole giardini puliti, che non vuole cancelli, che aiuta con cibo e coperte distribuiti la sera e buttati interi la mattina dopo, spazzati via da un servizio di pulizia finalmente solerte.
A noi che viviamo qui, caro Telese, che ben li apostrofavi, questi finti eroi del sociale con i Rioni degli altri, questi comitati, poli, associazioni, onlus e coop ci fanno schifo e “ci rimbalzano”, con buona pace dei loro padrini politici, delle scuole modello colonizzate e dedicate, delle mafie equosolidali e finto popolari che ci strangolano, dei mercatini del riciclato o del riciclaggio, che ci fanno vivere male. Come tutti quelli che tengono nella miseria e nel degrado persone che avrebbero bisogno di aiuto, di sociale forte e accudente, non della strada fredda e sporca e di una porzione di pasta scotta nella vaschetta di plastica, sperduti nell’insofferenza di chi deve per forza sopportarli.
Perché sono tutti bravi a parlare di solidarietà e accoglienza, finché non si trovano sotto casa un barbone seminudo, che li minaccia con una bottiglia, mentre tornano dalla piscina con i bambini, consapevoli che denunce e Carabinieri non bastano, che se lo ritroveranno sotto casa ogni maledetto giorno, d’ora in poi. Questo noi non lo vogliamo, non lo vogliono i cittadini del rione e ci adopereremo insieme per cambiare, per partecipare e rivincere gli spazi, per strapparli a degrado e abbandono, se non al crimine e alla criminofilia, e consegnarli invece ai nostri figli. Ci sacrificheremo per esserci, sempre e comunque, perché il Rione Esquilino è casa nostra.
Con simpatia e solidarietà, il tuo ex vicino.
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