Velo a scuola, il governo: in classe si sta a volto scoperto. Bonino dà lezioni alla sinistra: l’Italia non è il Bangladesh
Il caso delle 5 studentesse musulmane di Monfalcone che indossano il niqab (il velo integrale che lascia scoperto solo gli occhi) obbligando gli insegnanti all’operazione di riconoscimento prima di entrare in classe, è finito sul tavolo della Garante per l’Infanzia e l’adolescenza Marina Terragni e del governo. La garante ha espresso ieri “molte preoccupazioni sulla libertà di queste ragazze” e sulla loro “effettiva integrazione nel contesto scolastico e sociale talune pratiche contravvengono ai più elementari diritti e ostacolano il pieno sviluppo della personalità”. Insomma il velo islamico totale impedisce un sano sviluppo delle persone nei contesti sociali. L’invito di Terragni al ministro Valditara a vigilare non è caduto nel vuoto. Il ministro dell’Istruzione ha detto di condividere il messaggio ed è pronto a muoversi (non si esclude un’ispezione).
Velo a scuola, governo: in classe si sta a volto scoperto
Il caso monta e dal governo arriva un posizione netta per bocca del ministro Luca Ciriani. “In classe si sta a volto scoperto. Le leggi vanno rispettate”, taglia corto. Dello stesso parere il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga per il quale indossare il niqab a scuola è “qualcosa di più lontano possibile dall’integrazione”. Ma la vera notizia è che anche il Nazareno si piegherebbe all’evidenza. “Il niqab è un ostacolo al processo di integrazione, perché si mette in discussione il ruolo della donna e, a scuola, il lavoro dei docenti”. Così Diego Moretti, capogruppo dem in Friuli Venezia Giulia.
Bonino dà lezioni alla sinistra: l’Italia non è il Bangladesh
Per nulla scontata la posizione di Emma Bonino che su questo tema dà lezioni alla sinistra liberal. La storica leader radicale non ha lesinato critiche a chi pensa che gli islamici debbano comportarsi in Italia come nel loro Paese. Intervistata all’Huffington Post, la senatrice di +Europa si è detta nettamente contrari al niqab, senza temere gli strali del politicamente corretto. “Non si deve entrare nei luoghi pubblici in maniera irriconoscibile. Questo non c’entra nulla con l’Islam: in una società libera vige l’obbligo della riconoscibilità personale e fisica dei cittadini”. E ancora: “L’idea che le ragazze vadano a scuola con il velo integrale va contro qualunque principio democratico in una società evoluta. Le istituzioni scolastiche, comunali o regionali dovrebbero responsabilizzare i genitori e la loro famiglia in generale. L’integrazione passa anche dall’accettazione delle regole della società in cui si va a vivere. L’Italia non è il Bangladesh. I genitori delle ragazze dovrebbero saperlo. Ripeto, non c’entra nulla la religione, ma le regole che la nostra società si è data”.
La norma esiste ma va aggiornata
La norma che vieta la copertura del volto esiste, nata come anti-terrorismo, ma viene definita inapplicabile proprio nel caso di “giustificato motivo” e le ragazze musulmane lo avrebbero. A sollevare il caso con la richiesta di una legge precisa è stata la Lega. Proprio l’ex sindaca di Monfalcone, Anna Maria Cisint, oggi europarlamentare, aveva già preannunciato una legge regionale della Lega per vietare i veli integrali nei luoghi pubblici.
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