Non solo Salvati, altra tegola sul Pd: voto di scambio in Sicilia, a processo l’ex senatore Papania
Non solo lo tsunami Salvati, sul quale il Nazareno e i giornaloni hanno calato il silenzio, un’altra tegola giudiziaria si abbatte sul Pd, questa volta in Sicilia per voto di scambio. Parliamo dell’inchiesta che riguarda Antonio Papania, uno dei big del Pd siciliano, già senatore dem, in carcere da settembre e ora rinviato a giudizio con l’accusa pesantissima di scambio elettorale politico-mafioso. Insieme all’ex senatore dem, per tre legislature senatore nella Margherita, oggi leader del movimento Via (Valore, impegno, azione), andranno a processo altri 12 imputati per una lunga serie di reati legati a rapporti con Cosa nostra. Per la procura palermitana, Papania avrebbe comprato voti per il suo movimento politico dal boss di Alcamo, Giosuè Di Gregorio, tramite l’ex vicesindaco del piccolo centro, Pasquale Perricone, entrambi rinviati a giudizio. Nei giorni scorsi il tribunale del Riesame di Palermo aveva rigettato l’istanza di scarcerazione presentata da Papania e Perricone.
Voto di scambio, nuova tegola sul Pd in Sicilia
In sostanza il politico di lungo corso, già assessore siciliano al Lavoro e recordman di preferenze all’Ars, avrebbe pagato il padrino in cambio di voti a favore del suo coordinatore provinciale, Angelo Rocca, in occasione delle elezioni regionali del 2022. In particolare c’è un’intercettazione ambientale tra il boss mafioso e il fratello in cui l’operazione esce in chiaro. Di Gregorio dice: “Dobbiamo votare questo… perché il senatore mi ha preparato 2mila euro che mi darà mercoledì, Papania, hai capito?». Oltre ai soldi il pm sospetta – cone ricostruisce Libero – che Papania abbia promesso al capomafia “altre utilità”, posti di lavoro e altro. Il politico “non avrebbe avuto remore a rivolgersi agli influenti membri dell’associazione mafiosa a riprova della spregiudicatezza con la quale esercitava la sua influenza politica sul territorio di Alcamo e nei comuni vicini”. Dalla seconda metà di agosto e fino alle elezioni del 25 settembre del 2022 sono stati monitorati numerosi incontri tra Di Gregorio e Perricone.
Rinviato a giudizio l’ex senatore dem Antonino Papania
Don Antonino, come viene chiamato nel suo paese d’origine, aveva rapporti stretti con il capomafia Di Gregorio, boss vecchio stile, che nelle schede della polizia giudiziaria viene descritto come una sorta di “ministro degli Esteri” della famiglia mafiosa di Alcamo, collegata anche all’ndrangheta calabrese. In attesa dell’interrogatorio con il gup nel giro di qualche mese, Papania potrebbe trovarsi a dover affrontare un’altra grana giudiziaria. Stanno per chiudersi le indagini relative a un altro filone in cui l’ex senatore dem è stato coinvolto con una misura cautelare agli arresti domiciliari, emessa nell’ottobre scorso. Avrebbe attinto a piene mani alle casse di enti di formazione professionale utilizzando quel denaro per spese personali e per finanziare il suo movimento Via. La Procura ha fatto i conti dei fondi sottratti (che sono stati bloccati): si tratta di oltre 800mila euro a cui si sarebbero aggiunti altri 2,5 milioni di euro di fondi europei stanziati per l’avvio al lavoro di disoccupati e giovani. Ben 24 i reati contestati, tra cui truffa aggravata, corruzione, malversazione e riciclaggio. Il pezzo da 90 del Pd siciliano con quei soldi sarebbe arrivato a “comprare” politici avversari perché facessero il salto della quaglia passando con lui. “La pratica del trasformismo politico sarebbe lecita, atteso che l’eletto non deve rendere conto al partito che lo ha candidato o all’elettore che lo ha votato, ma non, come emerge dalle indagini, quando detto cambio di casacca sottenda illecite promesse o percezioni di utilità”. Così i pm nella richiesta di arresti.
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