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Nordio e Piantedosi smontano il caso Almasri: “Pasticcio dell’Aja”, “Tutelata la sicurezza dello Stato”

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Prima Carlo Nordio, poi Matteo Piantedosi: nell’informativa alla Camera l’ex magistrato oggi Guardasigilli e il prefetto responsabile del Viminale fanno definitivamente chiarezza sul caso Almasri, il capo della polizia libica arrestato in Italia su richiesta del corte penale internazionale dell’Aja e poi rilasciato. Interventi che, in un metaforico uno-due pugilistico mandano l’opposizione kappaò. Con Schlein e Conte in stato (politico) confusionale, aggrappati a due interventi sull’orlo di una crisi di nervi.

Un provvedimento che ha indotto la Procura di Roma a indagare mezzo governo. Misura che Nordio non ha mancato di commentare al termine del suo intervento. «Ringrazio la magistratura – ha concluso il ministro della Giustizia – perché ha compattato la maggioranza come mai prima». Parole che hanno strappato la standing ovation dei deputati del centrodestra che, in piedi, hanno tributato un lungo applauso al Guardasigilli tra le proteste dell’opposizione.

“Il ministro della Giustizia italiano non è un passacarte dell’Aja”

«Il ruolo del ministro – ha puntualizzato Nordio – non è semplicemente quello di un organo di transito delle richieste che arrivano dalla Corte: non è un passacarte, ma è un organo politico che deve meditare sul contenuto di queste richieste in funzione di un eventuale contatto con gli altri ministeri e con le altre istituzioni e organi dello Stato».

E dopo aver ricordato che la norma sulla cooperazione tra Stato italiano e Corte penale internazionale dispone, tra l’altro, che «il ministro della Giustizia, ove ritenga ne ricorra la necessità, concorda la propria azione con altri ministri interessati, istituzioni o con altri organi interessati», ha ribadito: «Questo dice la legge, non è che arriva il fascicolo e io faccio da passacarte e lo passo. No, ho il potere-dovere di interloquire con altri organi dello Stato ove se ne presenti necessità e questa necessità si presentava, eccome».

Standing ovation del centrodestra per il Guardasigilli

Quanto alla prima documentazione ricevuta dalla Corte internazionale, Nordio ha segnalato la necessità di valutare «la coerenza delle conclusioni cui perviene la decisione della Cpi. E questa coerenza manca assolutamente e quell’atto, che secondo noi, era nullo». Dossier, ha tra l’altro sottolineato, «pervenuto in lingua inglese e con svariati allegati in lingua araba».

Secondo Nordio la prima richiesta di arresto della Cpi conteneva «tutta una serie di criticità che avrebbero reso impossibile un’immediata richiesta alla Corte d’Appello». In definitiva, ha sottolineato,  «è stata la Corte penale internazionale che si è corretta, non sono io che ho rilevato dei difetti della Corte, li ha rilevati lei e ha cercato di cambiarli cinque giorni dopo, perché si era accorta che aveva fatto un immenso pasticcio. La ragione di questo pasticcio frettoloso sarà discussa, sarà forse trovata, sarà sospettata in altre sedi, in altre situazioni».

«Non so perché abbiano agito in un modo così frettoloso da sbagliare completamente un atto così solenne come un mandato di cattura internazionale», sottolinea il Guardasigilli nell’informativa all’aula. «È mia intenzione – prosegue Nordio – attivare i poteri che la legge mi riconosce e chiedere alla Corte Penale giustificazione circa le incongruenze di cui è stato mio dovere riferire».

Un concetto scandito, dopo Nordio dal ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in un intervento altrettanto lucido e circostanziato. «Una volta venuta meno (su disposizione della Corte d’Appello di Roma) la condizione di restrizione della libertà personale, l’espulsione, che la legge attribuisce al ministro dell’Interno – ha osservato il responsabile del Viminale – è stata da me individuata quale misura in quel momento più appropriata per salvaguardare, insieme, la sicurezza dello Stato e la tutela dell’ordine pubblico».

Piantedosi integra l’intervento di Nordio: tutelato l’interesse nazionale

«Sicurezza dello Stato e ordine pubblico quali beni fondamentali che, insieme, costituiscono espressione di quella concezione dell’interesse nazionale la cui tutela è prerogativa e dovere di ogni governo – ha proseguito Piantedosi – e che noi consideriamo cruciale difendere in ogni campo. Dalla complessa gestione dei flussi migratori alle correlate iniziative di cooperazione allo sviluppo, dalla tutela degli interessi economici nazionali in quadranti geopolitici strategici alla, non da ultimo, sicurezza personale dei nostri concittadini all’estero. Su questa linea – ha concluso il titolare del Viminale – è bene saperlo, il governo è fermo e continuerà ad agire, all’occorrenza, allo stesso modo: con determinazione, responsabilità e orgoglio, sempre e solo nell’interesse dell’Italia e dei suoi cittadini».

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