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Col velo in classe a Gorizia, la scuola s’arrende ai diktat islamici, la politica insorge: è contro l’integrazione

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A scuola col velo a Gorizia: l’istituto si adegua a 5 studentesse e si declina su abbigliamento e ore di educazione fisica. La politica insorge… Ci risiamo: a ridosso della proposta tornata sul tavolo del consiglio regionale lombardo: vietare burqa e niqab a scuola e negli uffici pubblici, un caso che arriva da un istituto superiore del Goriziano rimette la questione al centro del dibattito animando perplessità e critiche che animano il confronto tra sostenitori della causa e detrattori di una casistica che incide a macchia di leopardo su un sistema non solo scolastico.

Il caso: studentesse col velo in una scuola di Gorizia. La dirigenza si adegua

Partiamo dalla vicenda specifica allora, che ha origine in un istituto scolastico superiore di Monfalcone (Gorizia), che adotta un metodo empirico ad hoc per rispondere alle necessità di riconoscimento di ben cinque studentesse di fede islamica – bengalesi perlopiù – che indossano il niqab a scuola. Le quali, per ragioni di sicurezza, prima di entrare in classe devono essere controllate dai docenti, che alzando il velo verificano che si tratti effettivamente delle giovani iscritte in quell’istituto che quindi, assolta la pratica, possono raggiungere i compagni in aula per fare lezione.

L’istituto si declina: la prassi prima dell’ingresso in aula, l’accorgimento per educazione fisica

A dare conto del caso è Il Piccolo, e l’Ansa lo rilancia nei suoi diversi aspetti, comprese le iniziative collaterali che, per esempio, anche per le diverse materie in programma  prevedono declinazioni e adattamenti e investono la necessità di un abbigliamento a parte per le studentesse in questione, per esempio nell’ora di educazione fisica. Pertanto, per frequentare le lezioni di ginnastica, le alunne a volto coperto e tunica fino ai piedi indossano abiti alternativi a quelli tradizionalmente in uso. Non solo: un’insegnante ha finanche introdotto il badminton tra le discipline sportive, e qualcuno ha anche dispensato le ragazze dalla corsa.

Studentesse col velo a scuola a Gorizia, la politica insorge in chiave bipartisan

Così, se per la dirigente del Pertini Carmela Piraino, sentita dal quotidiano Il Piccolo, lo scopo delle modifiche è evitare di «indurre le ragazze a lasciare la scuola», visto che «l’istituzione raggiunge il suo scopo quando l’allievo consegue i cinque anni di studio», dalle fila del Carroccio, ma anche di FI e, udite udite, del Pd, si sollevano gli scudi.

Silvia Sardone (Lega) in prima linea

Così, coerentemente con quanto in discussione al tavolo della Regione Lombardia, e ora sollecitata dalla vicenda goriziana, l’europarlamentare Silvia Sardone ha annunciato un’interrogazione alla Commissione europea per chiedere se intenda avanzare proposte di divieto del velo e per quale motivo venga utilizzato il velo islamico in alcune comunicazioni ufficiali. Secondo la leghista il burqa rappresenterebbe un problema di sicurezza, mentre ha considerato l’uso del velo nelle scuole dell’infanzia e primaria «un simbolo di sottomissione che impedisce una vera integrazione».

L’intervento dell’assessore regionale Alessia Rosolen

Ma non c’è solo la Lega sensibilizzata sul tema. In prima linea infatti in questo caso ritroviamo l’assessore regionale di lungo corso del Friuli Venezia Giulia all’Istruzione e alla formazione, Alessia Rosolen, che intervenendo nel dibattito di queste ore sull’uso del niqab da parte di alcune studentesse all’Istituto Sandro Pertini di Monfalcone, ha tuonato: «Il velo integrale non è l’espressione di una cultura, ma è lesivo della dignità, della libertà e del rispetto verso le donne. Trovo ancora più grave, e su questo ritengo che vada fatta con urgenza una riflessione prima politica e poi legislativa, l’espressione utilizzata rispetto ai programmi “diversificati” e all’adozione di prassi speciali per evitare che le ragazze straniere abbandonino la scuola. Perché è questo il vero problema che si nasconde sotto al niqab e ai fatti di questi giorni».

«Il niqab non deve trovare posto nelle nostre scuole che sono luogo di integrazione, confronto e inclusività»

E a stretto giro, l’assessore Rosolen ha anche aggiunto: «Il niqab non deve trovare posto nelle nostre scuole che sono luogo di integrazione, confronto e inclusività. Tantomeno deve trovare posto nella nostra società che si basa su dignità e rispetto, su uguali doveri e medesime opportunità. La dirigente del Pertini agisce in base alle norme ed è sulle norme che bisogna agire, non sugli effetti della loro mancanza, abbandonando le persone alle proprie responsabilità», ha rimarcato l’esponente della Giunta. «Altri Paesi europei, oltre all’Egitto e la Tunisia – ha sottolineato infine l’assessore – sono intervenuti sull’uso del velo integrale per motivi di sicurezza, ma anche per rispondere, garantendo diritti a chi frequenta – in primis – il sistema scolastico, luogo di opportunità e vera integrazione».

La politica si schiera su posizioni bipartisan

Sulla stessa lunghezza d’onda, come anticipato, anche un esponente di FI come il consigliere regionale di Forza Italia Roberto Novelli, che in una nota sulla vexata quaestio ha argomentato: «Non c’è anticamera che tenga, il niqab a scuola è incompatibile con la nostra cultura. Non possono esserci negoziazioni, trattative, soluzioni intermedie. Il fondamentalismo islamico non deve entrare nelle aule né, più in generale, varcare i nostri confini. Siamo i primi a rispettare le altre culture e le altre religioni, come peraltro sancito dalla Costituzione, ma qui stiamo andando oltre e quindi è giusto mettersi in una posizione di difesa».

Studentesse col velo in una scuola di Gorizia: il caso monta, e induce a una riflessione collettiva

Aggiungendo in calce un invito a «non sottovalutare o minimizzare quanto avviene all’istituto Sandro Pertini di Monfalcone. Se iniziamo ad abbassare la guardia, sdoganiamo addirittura il niqab, che è la negazione della libertà. Non sono disposto ad ascoltare le solite lezioni di vita dei perbenisti di sinistra: il loro terzomondismo ha già fatto abbastanza danni, noi dobbiamo andare nella direzione opposta. La scuola è il luogo dell’inclusione, quindi no a barriere, veli, burqa, caschi o qualsiasi capo di abbagliamento che oscuri il viso».

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