Dalle toghe sfregio anche agli avvocati: no all’invito delle Camere penali. «Sconcertante»
Non solo al governo. I magistrati girano le spalle anche agli avvocati, rifiutando l’invito delle Camere penali all’inaugurazione del loro anno giudiziario, prevista a Milano per il 7 e l’8 febbraio. La notizia è stata resa nota alla Camera penale di Milano. «Prendiamo atto, con sconcerto, della scelta dei vertici della magistratura milanese di non accogliere l’invito rivoltogli in occasione della inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti italiani», ha commentato in una nota la Giunta dell’Unione delle Camere penali italiane, sottolineando che «voltare le spalle, anche gli avvocati, respingendo immotivatamente il loro invito, appare, ancora una volta, la dimostrazione che la magistratura ritiene, del tutto impropriamente, di essere l’unico soggetto autorizzato a parlare di giustizia, pretendendo di continuare ad esercitare il proprio diritto di veto su tutto ciò che non le è gradito».
Le toghe «voltano le spalle» anche agli avvocati
In una nota del consiglio direttivo della Camera penale di Milano si legge che la decisione dei vertici dei magistrati di Milano, che secondo quanto emerso inizialmente avevano accolto l’invito, «sarebbe determinata dal disagio di intervenire in un “contesto complessivo nel quale la magistratura viene sistematicamente delegittimata ed individuata come un ordine estraneo alla cultura istituzionale, quasi eversivo”».
La lettera con cui i magistrati di Milano motivano il no agli avvocati
Nella loro lettera, di cui ha dato conto l’agenzia di stampa Adnkronos, i magistrati hanno sottolineato che «con i penalisti italiani, con i quali ci siamo ritrovati sui grandi temi della tutela della dignità dei detenuti, sull’effettività del diritto di difesa e su numerose altre questioni di una civiltà giuridica che deve sempre prevalere, vorremmo scrivere un’agenda per dialogare con serenità sui contenuti delle riforme che parta tuttavia da un ineludibile presupposto fondato sul reciproco rispetto istituzionale e dei ruoli». «Il dialogo arricchisce e fa crescere la cultura democratica. La delegittimazione di una istituzione, quella giudiziaria nel nostro caso, impone al contrario di manifestare con fermezza il disagio», si legge ancora nel testo firmato dal presidente del Tribunale di Milano Fabio Roia, dalla procuratrice generale Francesca Nanni, dal procuratore Marcello Viola e da Vincenzo Tutinelli per il presidente della corte d’Appello.
La Camera penale di Milano: «Un’occasione di dialogo trasformata in occasione di scontro»
Il consiglio direttivo della Camera penale di Milano ha commentato la decisione parlando di «abbandono unilaterale del metodo improntato al dialogo e all’ascolto». «Crediamo, ancora – hanno proseguito i penalisti milanesi – che la dialettica anche forte tra associazioni sia inviolabile, ma che la decisione di prendere posizione da parte di chi rappresenta l’istituzione giudiziaria sia un fatto grave». «Un’occasione di ascolto e dialogo si è trasformata in un’occasione di scontro. È uno strappo che la comunità dei penalisti milanesi – hanno spiegato – faticherà a superare».
L’Unione camere penali: «Prendiamo atto con sconcerto»
Anche la giunta dell’Unione delle camere penali italiane ha sottolineato che «abbiamo continuato a interloquire con la magistratura in ogni sede, confrontandoci con i vertici di Anm e con i rappresenti più autorevoli della giurisdizione sul merito delle riforme». Inoltre, l’Ucpi ha rivendicato di aver sempre cercato un dialogo costruttivo, che andasse oltre le «contrapposizioni aprioristiche» e che «con questo stesso spirito ci siamo rivolti al disegno di legge costituzionale di iniziativa governativa, che pure recepisce l’impianto fondamentale della nostra proposta, senza far mancare al dibattito le nostre critiche e le nostre motivate osservazioni». «Prendiamo atto che, al contrario, non si accettano da parte della magistratura le critiche che Ucpi ha motivatamente avanzato in ordine a singole iniziative della magistratura associata, il che dimostra – si legge ancora nella nota dell’Unione camere penali – che rifiutando il dialogo ci si vuole sottrarre al confronto».
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