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Caso Almasri, perché il Pd non è credibile: tutte le volte che i governi di sinistra trattarono con la Libia

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Memoria corta. Il Pd lancia gli anatemi al governo sul caso Almasri e ed è partita per la tangente di una crociata che demonizza chiunque osi focalizzare il problema vero:  ossia l’interesse nazionale e realpolitik in casi – come questo-  di gravi casi di sicurezza nazionale.  Ma dimentica, assieme a tutta la congrega dell’opposizione che strilla contro il governo, che gli “affari sporchissimi” e trattative non solo con la Libia (Vespa docet) sono patrimonio di tanti governi di cui la sinistra ha fatto parte. A rinfrescare la memoria ai dem che pontificano sul nulla è un’inchiesta del Tempo. La storia recente italiana é costellata di situazioni nelle quali, per ragioni di Stato e di sicurezza, si è dovuto scendere a compromessi con entità discutibili (che siano milizie o capi di Stato e di governo ). Di certo, cavalcare l’onda con le iniziative della magistratura fa loro gioco, ma è un gioco viziato dalla contraddizione.

Caso Almasri e sicurezza nazionale: tutte le “schifezze” dei governi Pd-M5S

Certamente i dem ricordano Mario Draghi, presidente del Consiglio non di un vita fa, del cui governo faceva parte anche la sinistra. Fu proprio lui a spiegare la ragion di Stato in occasione della situazione creatasi con il presidente  turco Erdogan per e l’imbarazzante situazione creatasi con la “sedia mancata” ad  Ursula Von der Leyen in occasione della visita con l’allora presidente del Consiglio europeo Charles Michel. «Con questi dittatori, chiamiamoli per quello che sono- disse Draghi- di cui però si ha bisogno, uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute e di visioni della società; e deve essere anche pronto a cooperare per assicurare gli interessi del proprio Paese. Bisogna trovare il giusto equilibrio».

Gli affari sporchi della sinistra: inchiesta del Tempo

L’enzima imprescindibile è proprio questo: l’equilibrio, oltre alla memoria, che manca totalmente ai dem. Trattare con tutti è compito di un governo che voglia tessere relazioni. Relazioni che possono tornare utili. E’ successo col governo Renzi. “La Rada Special Deterrence Forces é una di queste -scrive Francesca Musacchio-  e in alcuni casi avrebbe giocato un ruolo cruciale nelle operazioni per liberare alcuni cittadini italiani rapiti. Tra questi il caso dei tecnici Bruno Cacace e Danilo Colonego: rapiti il 19 settembre 2016 ai confini tra Libia e Algeria. Il rilascio è avvenuto il 5 novembre sempre del 2016 (governo Renzi). E l’appoggio operativo della Rada sarebbe stato determinante nello sbloccare negoziazioni altrimenti in stallo”.

Dal governo Renzi al governo Conte

Se andiamo al luglio 2015– sempre governo Renzi-  operai della Bonatti vengono rapiti nella zona di Mellitah, a 60 chilometri da Tripoli. Nel 2016, Salvatore Failla e Fausto Piano vengono uccisi in uno scontro a fuoco tra fazioni rivali. “Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, invece, sarebbero rimasti nelle mani di un gruppo affiliato a Isis e poi rilasciati. Anche qui il gruppo Rada di Almasri avrebbe avuto un ruolo”, leggiamo nelle ricostruzioni.
Durante il Governo  Conte II – il Pd ne faceva parte- il premier M5S  si trovò a dover trattare con il generale Khalifa Haftar: uomo forte della Cirenaica, non proprio una mammoletta. Non rappresentava un “governo” ufficialmente riconosciuto della comunità internazionale. Eppure, Conte e Di Maio, allora ministro degli Esteri trattarono con lui per liberare due pescherecci italiani: il Medinea e l’Antartide della flotta di Mazara del Vallo. Erano stati sequestati “a settembre 2020 in acque libiche, a circa 35 miglia dalla costa; in una zona in cui la Libia sosteneva unilateralmente di possedere i diritti di pesca”. Ebbene,  il presidente del Consiglio e il ministro degli Esteri, trattarono dovettero trattare con lui: gli fecero visita “cedendo ad una sua «richiesta politica» per liberare i pescatori”.

Almasri, l’anatema del Pd contro il governo non è credibile

E, aproposito di lezioni draghiane, forse l’ex premier si riferiva anche alla vicenda di Silvia Romano quando invitava a cooperare anche con chi non ha le nostre visioni. Per esempio quando si tratta di liberare i nostri connazionali nei guai all’estero: “La volontaria dell’Ong Africa Milele, rapita il 20 novembre 2018 in Kenya, nel villaggio di Chakama, 80 chilometri da Malindi, é stata liberata dopo 18 mesi grazie al contributo, pare determinante, dell’intelligence turca. L’operazione per il rilascio di Silvia Romano, secondo alcune fonti, sarebbe costata circa 2 milioni di euro tra versamenti a intermediari e a chi la deteneva, pare in Somalia, dove opera il gruppo terroristico Al-Shabaab”.

In quel momento la presenza turca in Africa “si giustificava con l’addestramento delle forze dell’esercito nazionale. E il presidente del Consiglio, ancora Giuseppe Conte, ringraziò la Turchia”. Tutto dimenticato ora che c’è il governo Meloni? “E a volte, ai governi di sinistra, è toccato anche trattare con gruppi terroristici per la liberazione di ostaggi come Greta Ramelli e Vanessa Marzullo: rapite in Siria la notte fra il 31 luglio e il 1º agosto 2014, e poi finite nella mani del Fronte al Nusra: gruppo jihadista affiliato ad al Qaeda. A cui sembra sia stato versato un sostanzioso riscatto per ottenerne al liberazione.

Almasri, il dem La Torre: “Noi avremmo fatto la stessa cosa”

“Anche noi avremmo fatto la stessa cosa” spiega il dem Nicola Latorre, per quattro legislature in Senato con il Pd:  considerato il braccio destro di Massimo D’Alema e di Marco Minniti, a si è occupato di difesa e sicurezza internazionale. Il quale decritta il termine “schifezze” usato da Bruno Vespa: «Non so a quali schifezze si riferisse il direttore Vespa. Se ci si rivolge a Marco Minniti o al sottoscritto, certamente non abbiamo fatto “schifezze”. Abbiamo svolto in maniera doverosa il ruolo che ciascuno di noi aveva, in particolare l’allora ministro Minniti. In particolare mi risulta che lui da ministro abbia condiviso sempre tutte le iniziative con informative puntuali e tempestive al Copasir». E conclude – intervistato dal Tempo-: «Quanto al tema della ragione di Stato, va ricordato che è a questo concetto che le autorità politiche e di sicurezza si rifanno, anche in deroga a principi di diritto internazionale. Da questo punto di vista è del tutto evidente che nel caso Almasri le autorità di governo e di sicurezza del paese hanno valutato, per ragioni di Stato, l’opportunità di riportare il libico in Libia».

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