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Almasri, l’ex senatore Pd Latorre: «Il governo ha fatto la scelta giusta. Non schifezze, ma ragion di Stato»

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Il rimpatrio è stata una iniziativa «giusta», che ha dei precedenti e che si inserisce in un contesto in cui c’è stato qualcuno che con un «calcolo cinico e spregiudicato» ha deciso di scaricare «la patata bollente» sull’Italia. A dirlo a proposito della vicenda Almasri è anche un esponente di sinistra, quel Nicola Latorre, ex senatore Pd, che è stato vicinissimo a Massimo D’Alema e all’allora ministro degli Interni Marco Minniti.

Latorre: «Nel caso Almasri evidente la ragion di Stato»

Intervistato da Il Tempo, Latorre ha rifiutato la definizione di «schifezze», usata da Bruno Vespa per smascherare l’ipocrisia della sinistra sul caso, il che però non significa che respinga la sostanza di quello che il giornalista ha voluto mettere in evidenza: tutti i governi, anche quelli di sinistra, si sono trovati di fronte a scelte dettate dalla ragion di Stato. «Va ricordato – ha detto – che è a questo concetto che le autorità politiche e di sicurezza si rifanno, anche in deroga a principi di diritto internazionale. Da questo punto di vista è del tutto evidente che nel caso Almasri le autorità di governo e di sicurezza del Paese hanno valutato, per ragioni di Stato, l’opportunità di riportare il libico in Libia».

Gli archivi del Paese pieni di casi simili. I ragionamenti del governo? «Hanno fondamento»

«Basta consultare gli archivi di storia del nostro Paese per ritrovare nei governi della Prima Repubblica, nei governi del centrosinistra e in quelli di ogni altro colore, le iniziative che nei diversi casi hanno fatto valere lo stesso principio», ha proseguito, spiegando di ritenere «che le valutazioni fatte dalle autorità di governo, nella fattispecie il ministro degli Interni, e dalle autorità di sicurezza, riportavano la necessità di ricorrere a ragioni di Stato». «E io personalmente, pur non essendo nelle condizioni di poterle valutare tutte, ho motivo di credere che questi ragionamenti abbiano un loro fondamento», ha aggiunto, rispondendo a una domanda di Walter Cingoli, che firma l’intervista, se il governo abbia agito come avrebbe agito la sinistra a parti invertite. «Penso che l’iniziativa di rimpatriarlo fosse quella giusta», ha detto ancora Latorre, liquidando come «un dettaglio» la questione dell’aereo di Stato, sulla quale si basa l’ipotesi di reato di peculato formulata dalla Procura di Roma dopo l’esposto di Luigi Li Gotti.

Il mandato di cattura quando Almasri stava venendo in Italia per un «calcolo cinico e spregiudicato»

Quanto al fatto che Almasri sia stato libero di girare per l’Europa per 12 giorni e il mandato di cattura internazionale sia stato spiccato solo quando è emerso che si stava dirigendo in Italia, Latorre ha chiarito di non ritenere una casualità. «Non penso a complotti. Credo semmai ci sia stato un cinico e spregiudicato calcolo di chi non voleva gestire la patata bollente», ha precisato, facendo riferimento alla Germania. Per Berlino, è l’analisi dell’ex senatore Pd ed ex presidente della Commissione Difesa di Palazzo Madama, Berlino ha voluto evitare di affrontare il caso Almasri perché «l’arresto in Germania di un personaggio notoriamente protetto dalla Turchia, Paese legato a doppio filo con Berlino, e con la quale non ci si poteva permettere un quasi certo conflitto, tra l’altro nel pieno della campagna elettorale tedesca nella quale il tema dell’immigrazione è uno di quelli centrali, avrebbe avuto un effetto deflagrante».

Latorre sull’accordo Italia-Libia: «Fu prezioso»

E l’accordo Italia-Libia? Latorre lo ha difeso: «Fu prezioso. Consentiva l’uscita dei gruppi criminali dalla gestione dei flussi di migranti e nella partecipazione attiva nello sviluppo socioeconomico libico. Andrebbe ripresa e rilanciata quella strategia».

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