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Fenomeno Deepseek. La sfida tra Cina e Usa si gioca ormai a colpi di algoritmi. E l’Ue? In letargo

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L’arrivo di Deepseek, il nuovo software di intelligenza artificiale cinese, ha sconvolto la Rete e l’intero settore tecnologico occidentale. Mentre nella Silicon Valley si riteneva di aver raggiunto un livello inaccessibile ai colossi cinesi, dalla città di Hangzhou una start-up dal logo raffigurante una balena ha lanciato la sua sfida, gettando il mondo della tecnologia nel panico.

Dalla Cina con furore. Il dragone lancia il suo attacco virtuale

A fondare Deepseek è stato Liang Wenfeng, ex studente di ingegneria informatica ed elettronica. Liang ha creato l’azienda proprio a Hangzhou, la stessa città che ha dato i natali ad Alibaba, segnando così la prima risposta di Pechino alle intelligenze artificiali statunitensi. La seconda potrebbe arrivare a breve: Alibaba ha infatti promesso di lanciare l’intelligenza artificiale più potente del mondo.

Le accuse di plagio e la sfida digitale

Negli Stati Uniti le reazioni oscillano tra allarme e cautela. C’è chi sostiene che Deepseek non sia altro che una nuova IA con l’aggiunta della censura tipica del regime cinese e chi, invece, lo considera un caso di «furto intellettuale» – secondo OpenAI, il modello cinese sarebbe stato addestrato indebitamente con i suoi strumenti. Ciò che è certo è che la sfida tra Cina e Stati Uniti si gioca ormai a colpi di algoritmi, microchip e metadati.

A Bruxelles si dorme ancora

E l’Europa? Non pervenuta. Ancora una volta, sembra più interessata a regolamentare, arginare e burocratizzare piuttosto che a innovare. È innegabile che strumenti così avanzati debbano essere gestiti affinché sia sempre l’uomo a stabilire le regole e le direzioni da seguire, ma perché Bruxelles si trova sempre nella posizione di osservatore esterno, anziché di promotore del progresso? L’Europa appare come uno spettatore pietrificato, chiuso nelle sue logiche autoreferenziali, incapace di leggere il proprio tempo e, di conseguenza, di progettare il futuro. L’attenzione a questioni fondamentali come la crisi ambientale, la privacy e i diritti civili ha finito per mettere in secondo piano gli investimenti nell’innovazione e nello sviluppo industriale. Eppure, non mancano ambiti in cui l’Europa potrebbe eccellere.

Anche noi siamo collegati col cielo

Prendiamo, ad esempio, il settore dei satelliti. L’Unione Europea ha dichiarato che, dall’inizio dell’era spaziale, sono stati effettuati circa 6.700 lanci, mettendo in orbita 19.160 satelliti, di cui 10.100 ancora operativi. Gli Stati Uniti ne hanno attualmente 8.530. Si tratta di satelliti con funzioni diverse, che garantiscono una presenza nello spazio e quindi un accesso al futuro. Oltre a questo e al virtuoso esempio del CERN di Ginevra, tuttavia, resta ben poco di cui vantarsi in termini di innovazione.

Il grande assente è la visione

Ciò che manca è l’approccio giusto per affrontare le grandi sfide: una strategia chiara e una vera unione di intenti. Rimaniamo in panchina, limitandoci a commentare una partita che osserviamo da spettatori, ma nella quale pretendiamo di dettare regole e formazioni. Eppure, il ricordo dei nostri padri dovrebbe spronarci ad andare oltre le colonne d’Ercole. Oltre il nostro mare c’è un universo da scoprire e conquistare.

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