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L’avviso di Giorgetti: “I dazi preoccupano, l’Europa cominci a pensare a strumenti di difesa”

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La carta è calata. Da oggi, 1° febbraio, entrano in vigore i dazi americani: un salasso del 25% sulle importazioni da Canada e Messico e un più “mite” 10% su quelle cinesi, forse l’effetto DeepSeek. L’annuncio, arrivato ieri dalla portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, ha spazzato via le speculazioni che vedevano l’entrata in vigore posticipata a marzo. Nessun rinvio, nessuna marcia indietro: l’amministrazione Trump ha tirato dritto. E il mondo ora attende il contraccolpo.

La logica trumpiana

«Non c’è niente che Canada, Messico e Cina possano fare per evitare i dazi», ha scandito Trump dallo Studio Ovale, lasciando intendere che la decisione è irreversibile. Il presidente repubblicano aveva già sventolato la minaccia in campagna elettorale, lasciando intendere che Pechino avrebbe potuto subire una stangata fino al 60%. Alla fine la mano è stata meno pesante, ma il messaggio resta chiaro: America First, a qualsiasi costo.

Le ragioni della Casa Bianca? Due nemici giurati: «l’invasione illegale di migranti e dell’arrivo del fentanyl», ha dichiarato Trump, estendendo la responsabilità, oltre che ai suoi vicini, anche al Dragone, accusato di inondare il mercato statunitense con l’oppioide sintetico.

Fentanyl, l’epidemia che avvelena l’America

L’immigrazione clandestina è un tema vecchio quanto la politica americana, ma il fentanyl è la vera piaga che scuote il Paese. Questa droga è cento volte più potente della morfina (e anche 100 volte più tossico). Gli analoghi presenti sul mercato nero come il sufentanyl o il carfentanyl sono perfino mille volte più potenti. La loro diffusione, facilitata dai cosiddetti kitchen laboratories – laboratori clandestini di sintesi chimica – ha trasformato il mercato della droga in una roulette russa.

I numeri sono drammatici: nel 2010, il fentanyl e gli stimolanti erano responsabili dello 0,6% dei decessi per overdose negli Stati Uniti. Nel 2021, la percentuale era salita al 32,3%, con oltre 34mila morti. E le previsioni per il 2025 parlano di un’ecatombe: 80mila morti, con l’80% dei decessi legati alla sostanza. Se Washington vuole dichiarare guerra al fentanyl, la strategia dei dazi sembra essere il primo colpo di cannone.

Dazi mirati: acciaio, farmaci e microchip nel mirino

Ma quali prodotti finiscono sotto la mannaia dei dazi? Trump ha fornito alcuni dettagli. Da oggi, il giro di vite colpisce acciaio e prodotti farmaceutici. Dal 18 febbraio scatteranno le tariffe su microchip, petrolio e gas. Per il petrolio canadese, però, c’è uno “sconto”: solo il 10%, invece del 25%. La spiegazione è semplice: il greggio del vicino settentrionale rappresenta il 60% del totale delle importazioni americane della materia prima, e mantiene in piedi decine di migliaia di posti di lavoro nelle raffinerie specializzate.

Trump ha poi accennato a possibili dazi su “medicine, alluminio e rame“, ma senza precisare i tempi. Intanto, il Wall Street Journal non ha esitato a bollare la sua strategia commerciale come “la guerra commerciale più stupida della storia“. Il che ricorda una celebre frase di Bernard Lewis secondo cui è «l’America è innocua come nemico ma infidita come amico».

Giorgetti: “L’Europa immagini strumenti per difendere le proprie produzioni”

Il presidente ha infatti assicurato che imporrà i dazi anche ai 27 perché «l’Europa ci ha trattati malissimo». La questione «preoccupa, è già accaduto in passato, lo ha fatto anche l’amministrazione Biden», afferma il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a margine di un evento a Varese. «È utilizzato come strumento di politica industriale da parte degli Usa per riportare delle produzioni negli Usa», spiega, esortando l’Europa a «immaginare degli strumenti per difendere le produzioni che esistono in Europa e in Italia». Altrimenti si rischia di restare stritolati dalla concorrenza.

«Strumenti ce ne sono tanti per esempio un uso più intelligente della tassazione ambientale che è stato un clamoroso autogol per tutta l’industria dell’automotive», conclude il ministro leghista. «L’Unione resterà fedele ai suoi principi e, se necessario, sarà pronta a difendere i propri interessi legittimi», ha detto poi un portavoce della Commissione. Antonio Tajani, ministro degli Esteri italiano, ha lanciato invece il suo consiglio al Vecchio continente: «Se l’Europa vuole evitare una guerra commerciale con Trump, deve acquistare di più dagli Stati Uniti, aumentare i bilanci della difesa e deregolamentare l’economia».

L’ira del Canada: Trudeau minaccia rappresaglie

A Ottawa la reazione è stata immediata. Il premier, seppur dimissionario, Justin Trudeau ha promesso «una risposta forte e immediata». «Non è quello che vogliamo, ma se andrà avanti, agiremo anche noi», ha avvertito. Il Canada aveva già risposto ai dazi della prima amministrazione Trump colpendo beni simbolici come il succo d’arancia della Florida, il bourbon e il whiskey. Ora potrebbe replicare o, peggio, giocarsi l’arma dell’energia, perchè molti Stati americani ne sono dipendenti, e un inasprimento delle tariffe rischierebbe di far impennare i prezzi.

Chrystia Freeland, ex ministra delle Finanze e possibile successore di Trudeau, ha suggerito di colpire direttamente Tesla, il gioiello tecnologico di Elon Musk. Mossa che la Casa Bianca non ha preso bene. «Trudeau farebbe meglio a parlare direttamente con Trump prima di rilasciare dichiarazioni ai media», ha replicato la portavoce presidenziale.

Messico sotto scacco

Se in Canada si discute, in Messico il danno è già arrivato. Dopo l’annuncio dei dazi, il peso messicano ha perso l’1,43% nel mercato elettronico, scivolando a 20,7196 unità per dollaro. La moneta del vicino del sud è stata la più colpita dalla scossa Trump, seguita dal dollaro canadese. Gli analisti prevedono un peggioramento nelle prossime settimane.

Cina avvertita

Pechino, intanto, osserva e attende. La questione DeepSeek – la startup cinese nel mirino dell’intelligence statunitense per lo sviluppo di tecnologie Ai avanzate – potrebbe fornire a Trump un pretesto per nuove misure contro l’export tecnologico cinese o invece un freno ai dazi.

Trump non fa sconti nemmeno ai Brics

A tremare sono anche i Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica e altri alleati): Trump è tornato a “minacciarli”, brandendo tariffe al 100% se creeranno una loro valuta o ne sosteranno una alternativa al dollaro.

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