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Secolo d'Italia.it
Январь
2025

Caso Siri, dalla gogna all’assoluzione: le inchieste contro la politica che hanno generato solo calvari

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Dopo sei anni è finito con un’archiviazione il procedimento a carico dell’ex senatore ed ex sottosegretario leghista Armando Siri. «Un lungo calvario giudiziario, politico, mediatico e umano», lo ha definito Siri, che si era ritrovato sotto la scure giudiziaria nel 2019 con l’accusa di finanziamento illecito per dei prestiti bancari contratti l’anno prima e infine giudicati «del tutto scollegati all’attività politica» e concessi e incassati «per scopi esclusivamente personali».

Armando Siri archiviato dopo sei anni

Nel frattempo ci sono state le perquisizioni, la gogna mediatica, la carriera politica stroncata, una vita sconvolta e non del tutto annientata solo grazie agli «affetti più cari, all’amicizia e alla stima di chi mi conosce davvero, e non per “sentito dire”», ha spiegato l’esponente leghista. «Altra inchiesta strillata per mesi sui giornali e finita in nulla, altri soldi pubblici sprecati, altro fallimento di una “giustizia” che ha invaso il campo della politica», è stato il commento di Matteo Salvini, che ha portato con sé Armando Siri al ministero dei Trasporti come consigliere economico.

Quelle “inchieste bomba” finite in flop, ma valse un «calvario» per gli indagati

Quello di Siri è solo l’ultimo caso di “inchieste bomba” avviate dalle Procure a carico di politici e finite in una bolla di sapone dopo anni di «calvario». La storia italiana ne è piena, tanto a livello nazionale quanto locale, e non servirà neanche citare Silvio Berlusconi: già solo i casi più noti dell’ultimo anno bastano a dare un quadro.

Il processo Open Arms contro Matteo Salvini

Il più eclatante è certamente quello del processo Open Arms contro Matteo Salvini, instradato dallo stesso Procuratore Francesco Lo Voi che ora ha aperto l’inchiesta contro il premier Giorgia Meloni, i ministri Matteo Piantedosi e Carlo Nordio e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Com’è noto, Salvini rischiava una condanna a sei anni per sequestro di persona, ma tutto sommato gli è andata pure bene: il suo di calvario è durato “appena” tre anni. Dopo l’assoluzione, arrivata lo scorso 20 dicembre, ha ricordato che il processo «è costato milioni di euro» e ha sottolineato che «la riforma della giustizia è ancora più urgente». Ma ha anche aggiunto che «sicuramente la sentenza di ieri non metterà più nessun ministro in difficoltà nel suo lavoro». Col senno di un poi vicinissimo, un eccesso di ottimismo.

Per Matteo Renzi «cinque anni di massacro mediatico» con il processo Open

Un altro caso eclatante è quello di Matteo Renzi con il processo Open. Negli stessi giorni di Salvini, Renzi è stato prosciolto dall’accusa di finanziamento illecito ipotizzato attraverso la Fondazione che ha dato il nome al processo. Con lui assolti anche gli altri indagati, tra i quali Maria Elena Boschi e l’ex ministro Luca Lotti. Ci sono voluti cinque anni. «Cinque anni di massacro mediatico per un’accusa infamante e ingiusta», ha commentato Renzi.

Italo Bocchino 8 anni di processo e 5 reati contestati: sempre assolto perché «il fatto non sussiste»

Prosciolto a marzo perché «il fatto non sussiste» l’ex parlamentare e direttore editoriale del Secolo d’Italia Italo Bocchino, coinvolto nel processo Consip. Bocchino è stato iscritto per cinque reati, vedendo via via tre proscioglimenti e due assoluzioni, tutti con quella stessa formula piena. Di più, nelle motivazioni il Tribunale ha scritto che non solo non aveva commesso reati, ma aveva sempre operato perché non si commettessero. L’inchiesta era partita nel 2016 e ha contemplato, tra l’altro, una perquisizione domiciliare e una richiesta di arresto in carcere rigettata dal Gip per manifesta infondatezza. Per chiudere il processo ci sono voluti 8 anni, l’ultimo capo di imputazione rimasto in piedi era traffico di influenze. Di nuovo, «il fatto non sussiste». Il giorno dopo le assoluzioni degli otto indagati (tra i quali il padre di Matteo Renzi, Tiziano, e Luca Lotti) Il Foglio titolò: «Il caso Consip ha mostrato tutto il marcio che c’è nei rapporti tra Procure e giornali».

L’ex senatore Pd Stefano Esposito: 2.589 giorni da “corrotto”. Poi l’assoluzione

Ancora lo scorso dicembre è stato prosciolto l’ex senatore Pd Stefano Esposito. Era accusato di corruzione, turbativa d’asta e traffico di influenze. Lo è stato per sette anni, dal 2017, subendo anche un numero enorme di intercettazioni che non erano state autorizzate dal Parlamento. Lui questo tempo lo ha contato in giorni: 2.589. «Sui giornali venni rappresentato come il corrotto. In un attimo tutto quello per cui avevo lavorato, la mia reputazione, la mia onorabilità, fu buttato nel cesso», ha raccontato Esposito nelle interviste successive al proscioglimento, riferendo anche di «un impatto devastante su mia moglie e i miei tre figli. Sono passati dall’essere degli individui, con una propria identità, all’essere figli e moglie di un corrotto».

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