Un bel “dranghete” alla magistratura da chi non è ricattabile: la battaglia “per tutti” del governo Meloni
Un bel dranghete. Con l’impegno di difendere l’Italia che proseguirà come sempre, con invariata determinazione e senza esitazioni. Perché “quando sono in gioco la sicurezza della Nazione e gli interessi degli italiani, non esiste spazio per passi indietro” assicura il nostro Presidente del Consiglio Giorgia Meloni su X, all’indomani della notifica dell’avviso di garanzia vergato dal Procuratore della Repubblica di Roma. E subito i colleghi magistrati dell’Associazione nazionale si sono catapultati a dire che si tratta di un atto dovuto. Forse. O forse no. Perché resta il dubbio che invece rimangano in giacenza a centinaia denunce, rapporti, relazioni di privati cittadini avverso ministri e sottosegretari inviate a tante Procure delle Repubblica italiane. Per settimane, mesi, forse anche anni. Senza riscontro.
Questa volta invece, detto fatto, in men che non si dica ci si è sentiti in dovere di dare seguito ad una denuncia, sic et sempliciter. O quasi. Con un fascicolo, sembra, formato da articoli da giornali ma non dalle decisioni di altri colleghi magistrati della medesima Corte di Appello di Roma che avevano disposto la scarcerazione del presunto criminale di guerra Almasri. Perché? Non è anche in questo caso, favoreggiamento? E se non lo è, perché non inviare comunque anche questa parte di materiale decisorio al Tribunale dei Ministri? Sempre in questo caso, non si potrebbe ipotizzare il delitto di omissioni di atti di ufficio?
Domande che rimangono sullo sfondo di una vicenda politica. Molto triste. Non l’unica sicuramente e purtroppo forse neanche l’ultima. Ma volutamente la più eclatante. Con un effetto boomerang per la magistratura in cui il rimedio risulta ancora una volta peggiore del male presunto. Da una parte, la politica che agisce in totale trasparenza e si fa giustamente un baffo di chi consiglia sarebbe stato meglio apporre il segreto di Stato. Dall’altra, la magistratura che imbocca la strada dello scontro politico per altri fini, usando la clava dell’azione penale. Ai più alti livelli. Per chi però non è ricattabile e non ha nulla da temere, è piuttosto un assist per ribadire, ancora una volta, la coerenza delle proprie idee e il valore di un progetto politico che si fonda sul consenso popolare. E non sul pettegolezzo giudiziario. Come dimostrano le decine di migliaia di risposte e ‘mi piace’ al video di ieri di Giorgia Meloni.
Un dranghete, sonoro e puntuale. Proprio come quello che Totò rivolgeva all’onorevole Trombetta, nel vagone letto. Questa volta però, a parti invertite. Perché il treno del cambiamento dell’Italia condotto dal Governo di Giorgia Meloni non ha certo intenzione di fermarsi. E non saranno questi metodi a farlo deragliare.
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