Il Governo in trincea sceglie l’avvocato Bongiorno, lo stesso di Salvini. Contro lo stesso procuratore
Governo unito, anche nella difesa. Il day after dell’avviso di garanzia al premier Meloni, ai ministri Nordio, Piantedosi e al sottosegretario Mantovano sulla vicenda Almasri fa registrare la linea della “fermezza” su quella che da più parti, nel centrodestra, viene considerata una trappola in chiave anti-governativa e nell’ambito dello scontro sulla riforma della giustizia. La prima a parlare è stata Giorgia Meloni. “Il nostro impegno per difendere l’Italia proseguirà, come sempre, con determinazione e senza esitazioni. Quando sono in gioco la sicurezza della Nazione e l’interesse degli italiani, non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada”, sono le sue parole su X dopo la giornata di veleni seguita alla denuncia presentata alla procura capitolina dall’avvocato Luigi Li Gotti.
Atto dovuto, dicono i magistrati più o meno rossi. “Atto voluto”, a ben leggere le norme. Intanto, però, si prepara la difesa: il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, i ministri dell’Interno, Matteo Piantedosi, della Giustizia, Carlo Nordio, e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti, Alfredo Mantovano, hanno deciso congiuntamente di nominare quale unico legale l’avvocato Giulia Bongiorno. Una scelta che, spiegano fonti di Palazzo Chigi, “sottolinea la compattezza del governo anche nell’esercizio dei propri diritti di difesa”. Dall’altra parte della barricata, anche stavolta, c’è il procuratore Francesco Lo Voi, che a Palermo – prima di essere destinato a Roma – aveva istruito il processo sulla Open Arms contro Salvini. Stavolta si è limitato a trasferire il fascicolo al Tribunale dei ministri, che fa capo comunque alla Procura di Roma.
Oggi, però, la turbolenza registrata in Parlamento ha impedito perfino i chiarimenti sulla questione Almasri.
Stop ai lavori al Senato, scintille in Aula
La capigruppo del Senato ha deciso il rinvio del dibattito sulla mancata informativa sul caso Almasri, per le vicenda relativa al rimpatrio del generale libico sono indagati, con la premier Giorgia Meloni, i due ministri e il sottosegretario Alfredo Mantovano, a martedì prossimo. Pd, M5S, Avs e Italia Viva hanno chiesto che la stessa Meloni venga a riferire in Aula sul caso. “Non andremo avanti con i lavori fino a quando il governo non chiarirà i contorni di questa vicenda”, ha detto lasciando la capigruppo, il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia. Veleni anche da Stefano Patuanelli, capogruppo del M5s , secondo cui “c’era la disponibilità del ministro Ciriani, a intervenire anche oggi, ma non abbiamo colto, è del tutto evidente che non è sufficiente”. Alla fine, quindi, il dibattito non s’è fatto su richiesta… delle opposizioni. Rinviata la discussione anche al Senato.
La preoccupazione del Quirinale
Preoccupazione elevata, silenzio scontato, necessità, più volte ribadita, ma a quanto pare inascoltata, di coltivare “armonia tra le Istituzioni” anche per poter promuovere fiducia tra i cittadini. Non è difficile immaginare l’atmosfera che regna al Quirinale in queste ore, con uno scontro tra politica e magistratura che ha superato ampiamente il livello di guardia ed una tensione tra maggioranza ed opposizione che ha portato ad una semiparalisi dei lavori parlamentari, che in Aula riprenderanno alla Camera la prossima settimana e al Senato quella successiva, con soprattutto l’impossibilità di procedere domani alla nuova votazione per l’elezione dei giudici della Corte costituzionale. Senza dimenticare il merito della cosiddetta vicenda Almasri, che oltre alle conseguenze che sta determinando nel dibattito politico-istituzionale interno, porta con sè delicate ripercussioni a livello internazionale.
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