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Dov’è finita l’eroica missione dell’Anpi? Addio Resistenza, meglio la guerra a Israele e al governo

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Della meritevole missione sociale, tenere alta la memoria della Resistenza e promuoverne i valori, che ne giustifica l’esistenza in vita e i finanziamenti pubblici, tra le file dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia è rimasto ben poco. Da anni l’Anpi, a suon di sfilate in piazza e comunicati barricaderi, ha abbracciato nuove cause e sventola ben altre bandiere con un livore ideologico da nostalgia delle barricate. Lo sintetizza bene, nel giorno della Memoria, Riccardo Di Segni, in  mezzo alle polemiche per le scritte comparse sulla Piramide Cesta rivolte ai campioni dell’antisemitismo. “L’Anpi di oggi non è più l’Anpi di un tempo”, dice il rabbino capo di Roma. “Di partigiani che hanno combattuto ne esistono ancora pochi. Ho avuto anche io la tessera, l’Anpi è una galassia dove alcuni leader hanno dimenticato gli scopi istituzionali e fanno battaglie che li contraddicono, e questo crea un problema”. Parole come pietre che fotografano la spaccatura insanabile tra Anpi e Comunità ebraica. Che nel giorno della Memoria a Milano ha disertato le celebrazioni promosse dal Comune e dai partigiani d’Italia (non ci sediamo accanto a chi difende Hamas).

L’Anpi abbandona la Resistenza e vira sull’antisemitismo militante

Poco inclini alla pacificazione nazionale, le sentinelle rosse, non solo soffiano sul fuoco dell’antifascismo militante declinato contro il governo nemico ma coltivano sentimenti antisemiti difficili da negare. Il corto circuito è scoppiato il 7 ottobre di due anni fa con l’assalto di Hamas contro Israele. Da allora la sterzata filo-palestinese dei partigiani d’Italia è uscita allo scoperto: posizioni ambigue sulle responsabilità della guerra, l’equiparazione tra la Shoah e il genicidio di Gaza, l’occhio strizzato a regimi totalitari come Iran e Hamas che trasudano trasudano odio antiebraico. Ma anche uno straordinario feeling con centri sociali, antagonisti, sinistra estrema che inneggiano alla Palestina libera e bruciano le bandiere di Israele. Lo sa bene la comunità ebraica, che si sente nel mirino e continua a denunciare il crescente pericolo di antisemitismo nella società (confermato oggi da Mattarella e la premier Meloni nel corso delle celebrazioni del giorno della memoria al Quirinale).

Di Segni: non è più l’Anpi di una volta e questo è un problema

Di fronte alle sdegnate condanne del presidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo un  “resistente” nato a guerra già finita, e di Amnesty International per le scritte apparse a Roma, Noemi Di Segni fotografa l’accerchiamento in atto con la regia dell’Anpi. “Credo che un dolore forte faccia scrivere determinate cose. Un dolore forte, fortissimo della distorsione che subiamo ogni giorno. Ed è una distorsione della memoria usare queste cose su Israele, sugli israeliani, sugli ebrei. Quindi – conclude la presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane – è una risposta”.

Le crociate contro il governo, il premierato e l’autonomia

Insomma poca Resistenza e tanta politica militante che rasenta la paranoia con la caccia alla simbologia fascista che si anniderebbe ovunque. Si promuove un ‘sano”  negazionismo sulla tragedia delle foibe, si sfila in piazza il 25 aprile per dire no agli aiuti in Ucraina, ma anche al premierato, “riforma pessima e pericolosissima” e all’autonomia differenziata nel nome della Costituzione. Bandiere dell’Anpi sventolano nei banchetti per la raccolta di firme per il referendum firmato Landini-Schlein. Di epopea resistenziale neanche l’ombra. L’Anpi non è più quello di una volta, ha ragione Di Segni. E forse anche chi dall’interno accusa la dirigenza di aver messo in piedi una “caserma stalinista” e di non avere titolo a parlare di lotta di liberazione ed eroismo partigiano.

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