Trent’anni di An. La destra in cammino: le tappe che segnarono il passaggio epocale e la svolta di Fiuggi
Far nascere una cultura di governo. Fu questo il progetto-base del passaggio dal Movimento Sociale Italiano ad Alleanza Nazionale, che nacque ufficialmente il 27 gennaio 1995, ossia trent’anni fa esatti. Avvenne tutto rapidamente ma nulla accadde per caso in quei mesi che tra il 1994 e l’inizio del 1995 segnarono lo scioglimento del Msi e la nascita a Fiuggi del nuovo soggetto politico. Commozione ma soprattutto ansia di futuro per l’inizio di una navigazione in mare aperto, in un confronto a tutto campo nell’agone politico che nei decenni passati aveva visto l’Msi vittima dell’”arco costituzionale”. La gestazione di Alleanza Nazionale fu piuttosto lunga e complessa risalente a qualche anno prima.
Correva l’anno 1992, settembre, quando fece irruzione nel dibattito politico l’articolo del politologo Domenico Fisichella sul Tempo. Nella sua riflessione il docente della Sapienza rifletteva sul fatto che se a sinistra i progressisti stavano mettendo in cantiere un’Alleanza democratica (che poi non si fece); a destra c’era uno spazio politico per creare un’Alleanza nazionale nella quale avrebbero potuto confluire cattolici, liberali, repubblicani, conservatori. Il Msi avrebbe giocato un ruolo da protagonista nel nuovo soggetto.
Nell’aprile del 1993 sul nostro quotidiano, il Secolo d’Italia, comparve un articolo di Francesco Storace, allora portavoce di Fini, nel quale rilanciava l’ipotesi di una unione dei missini con altri soggetti politici conservatori e comunque di diversa provenienza politica. La discussione andava animandosi in vista di una prospettiva nuova e ancora tutta da verificare di cui forse solo Pinuccio Tatarella e lo stesso Gianfranco Fini intravedevano i nitidi contorni politici. Fui Tatarella a prendere il comando delle operazioni: convocò le prime riunioni di intellettuali, tecnici, esperti: da Pietro Armani e Gaetano Rebecchini, personalità non missine da far incontrare con il gruppo dirigente missino in gruppi di lavoro; in grado di elaborare una piattaforma politica su tanti temi di destra: da quelli economici a quelli etici. A Fini vanno riconosciuti i meriti politici di aver portato avanti quel progetto, a Tatarella di avergli dato corpo.
Nel frattempo il clima politico subiva contraccolpi e mutamenti che contribuirono a un cambio radicale. Innanzitutto Tangentpoli, dalla quale il Msi e la sua classe politica rimasero completamente fuori. Si aggiunsero i successi delle elezioni amministrative di Roma e Napoli. Nel novembre del 1993 ci fu il colpo di genio, che fece sì che Gianfranco Fini, Alessandra Mussolini e molti altri qualificati esponenti missini si candidassero a sindaco rispettivamente a Roma, Napoli e altre città.
Le elezioni amministrative del 1993 hanno segnato uno spartiacque nella storia repubblicana. Grazie alla legge n. 85 del 25 marzo 1993 si affermò una novità assoluta nel panorama politico: l’elezione diretta del sindaco. Il triennio 1992-1994 fu caratterizzato dalla profonda mutazione dell’assetto istituzionale. Un sistema all’apparenza immutabile cambiò nell’arco di pochi mesi. Il combinato disposto con Tangentopoli e lo sbriciolamento dei partiti che avevano guidato l’Italia per quasi quarant’anni determinò una rivoluzione: furono milioni gli elettori in libera uscita dal Pentapartito, rimasti privi della tradizione cattolica, riformatrice e liberaldemocratica.
Il “duello” capitolino Fini-Rutelli
Uno tra gli appuntamenti elettorali più significativi di quell’anno 1993 fu il duello capitolino tra Francesco Rutelli, leader dei Verdi che aveva iniziato la propria militanza nel Partito Radicale, e Gianfranco Fini, segretario del Movimento sociale italiano. L’exploit del Msi stravolse ogni pronostico: la Fiamma superò per la prima volta la soglia del 30 per cento inglobando gran parte del consenso moderato. Come si sa Rutelli prevalse al ballottaggio con il 53,11 per cento dei suffragi. Per Fini si trattò “non di una vittoria numerica, ma di una vittoria politica”, come affermò la notte del 5 dicembre 1993.
Tutto era cambiato. Gli elettori premiarono l’onestà il coraggio, le capacità, le competenze di Fini e degli altri candidati. Il Msi conquistò diversi sindaci, moltissimi consiglieri comunali: a Roma, il Msi (un partito del 4/5 per cento) raggiunse il 47 per cento dei consensi, a Napoli il 44; inoltre a Chieti, Benevento, Latina e altri centri i candidati missini furono eletti alla carica di primo cittadino. Intanto procedeva il dibattito che portò al consolidamento del progetto di Alleanza Nazionale. Molte personalità non missine si erano avvicinate al progetto. Va poi considerata la circostanza che Silvio Berlusconi, il 23 novembre, da Casalecchio sul Reno dichiarò che se fosse stato elettore a Roma avrebbe certamente votato per Gianfranco Fini. In quei giorni nacquero i primi circoli di An. Fino a che, l’11 dicembre, il Comitato centrale dell’ Msi dette vita alla nuova denominazione di Msi-An. Con l’astensione di Rauti e di dieci dirigenti a lui vicini. Il processo di rinnovamento era cominciato e Alleanza Nazionale era sul punto di debuttare.
Assemblea costituente di Alleanza Nazionale
Il 22 gennaio 1994 all’Hotel Ergife di Roma si tenne l’assemblea costituente di Alleanza Nazionale e il 28, nello stesso luogo, si svolse il XVII congresso del Msi dove fu presentato il nuovo simbolo. A marzo il Msi-An si presentò alle politiche con la nuova legge Mattarella, alleato con Forza Italia, Lega Nord, Centro Cristiano Democratico e Polo Liberal-democratico. Il risultato scaturito dalle urne fu sorprendente, fu un momento indimenticabile: il Msi-An ebbe il 13,4 per cento dei consensi e per la prima volta nella storia entrava a far parte di un governo. Scattò l’ora della destra di governo. Silvio Berlusconi divenne premier, Tatarella vice premier, Altero Matteoli, Adriana Poli Bortone, Publio Fiori e Domenico Fisichella, ministri della Repubblica. Il 22 ottobre 1994 ci fu un’altra tappa importante: il Comitato centrale del Msi, l’ultimo, ratificò la confluenza della fiamma in Alleanza Nazionale. Si opposero Pino Rauti e Teodoro Buontempo. Mirko Tremaglia, storico esponente del Msi, propose di chiamare il nuovo soggetto Alleanza Nazionale-Msi, ma la sua idea non viene accolta, come ha ricordato Antonio Pannullo in un articolo in occasione del ventannale di An.
L’ultimo Congresso nazionale del Msi
Il cammino che avrebbe portato alla svolta di Fiuggi era segnato. Il 24, 25 e 26 gennaio 1995 si svolse l’ultimo Congresso nazionale del Msi, il XVIII. E il 27 iniziò quello di Alleanza Nazionale. Fini aveva chiesto a Gennaro Malgieri, giornalista, scrittore nonché direttore del Secolo d’Italia, di scrivere le tesi del congresso fondativo. L’ultimo atto del Msi s’è consumato con l’approvazione delle tesi congressuali. L’assemblea elesse Fini presidente del nuovo partito. Bello anche il titolo dell’ assise: “Cresce la nuova Italia”.
Il passaggio non fu indolore come in ogni storia politica fatta di passione. Altero Matteoli ci raccontò del suo entusiasmo e delle sue lacrime. “Mettemmo a disposizione della governabilità del Paese una forza importante, poi arrivata fino al 15%; che fu protagonista fino al 2008, quando demmo di dar vita al partito unico. Ma quando ammainammo la bandiera dell’Msi ed alzammo quella di An tutti piangemmo”. Pino Rauti, da sempre animatore della sinistra del partito, abbandonò il Congresso e fondò il nuovo Movimento Sociale-Fiamma Tricolore. Erano già usciti Giorgio Pisanò e Tomaso Staiti di Cuddia. Ma il cammino del nuovo partito era iniziato.
Il 1° febbraio 1995 i gruppi parlamentari assunsero la nuova denominazione di Alleanza Nazionale. Fu quindi la stagione di importanti successi elettorali: alle regionali di quell’anno, An aumentò i consensi e Antonio Rastrelli fu eletto alla guida della Campania. Nel 1996 Nicola Cristaldi diviene presidente dell’Ars, l’Assemblea regionale siciliana.
Il 1996 fu l’anno del massimo storico per An che coincise proprio con l’anno della sconfitta del centrodestra. An fu il terzo partito italiano, sei milioni di voti (il doppio del Msi del boom del 1972). Quell’estate nacque l’organizzazione giovanile del partito, Azione Giovani. Nel settembre 1996 i tre coordinatori del partito furono Maurizio Gasparri, Publio Fiori e Domenico Fisichella, a rappresentare le tre anime del movimento politico. Si alternarono alti e bassi, come l’insuccesso delle amministrative del 1997 e il fallimento della commissione bicamerale. Seguì poi il grande successo alla Provincia di Roma, dove fu eletto presidente Silvano Moffa, esponente della destra sociale.
L’8 febbraio del 1999, per An si verificò un lutto gravissimo: la perdita di Giuseppe Tatarella, mente e anima della svolta culturale e politica del popolo missino. Pochi mesi dopo il partito si impegnò insieme con Mario Segni per pro muovere il referendum abrogativo della quota proporzionale del mattarellum; il quorum non fu raggiunto per pochissimo. Sempre in quell’anno si registrò il modesto risultato alle europee: la coalizione di An insieme con Segni, detta dell’Elefantino, conobbe un insuccesso, mandando a Strasburgo solo 9 eurodeputati.
Si arrivò alle regionali del 2000 quando la Casa delle Libertà vinse in otto regioni su quindici, le più importanti. Il risultato più significativo fi quello di Francesco Storace nel Lazio. An si attestò su un 13 per cento complessivo.
Il 13 maggio del 2001 Alleanza Nazionale tornò al governo: Fini divenne vice presidente del Consiglio. Quattro i ministri di An: Maurizio Gasparri, Altero Matteoli, Gianni Alemanno e Mirko Tremaglia. Tre i vice ministri: Adolfo Urso, Mario Baldassarri e Ugo Martinat.
Il secondo congresso di An
Nell’aprile del 2002 si svolse a Bologna, all’epoca amministrata dal centrodestra di Giorgio Guazzaloca, il secondo Congresso di Alleanza Nazionale, dal titolo “Vince la Patria, nasce l’Europa”. In quell’occasione Fini fu acclamato ancora presidente: invitò a guardare al futuro, al governo, conservando nel simbolo la fiamma del Msi. Un anno dopo, nel novembre del 2003 Fini si recò in Israele al Museo dell’Olocausto e compì uno strappo col fascismo: il viaggio come tutti ricordano ebbe una grande eco e fu salutato positivamente dai media internazionali e nazionali.
Nel 2004 An scrisse una pagina molto importante dal punto di vista politico: l’approvazione della legge che istituì il Giorno del Ricordo (per il 10 febbraio) in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata; detta anche legge Menia dal nome del primo firmatario, il deputato triestino Roberto Menia che da sempre si era battuto per il riconoscimento istituzionale delle vittime della tragedia italiana sulla quale per decenni era calato il silenzio.
A giugno si svolsero le elezioni europee: An ottenne 9 eurodeputati. A novembre, dopo la designazione di Franco Frattini a Commissario europeo, Fini divenne ministro degli Esteri. La Russa, Matteoli e Alemanno vennero nominati vicepresidenti del partito. Ma alle regionali del 2005 la Casa delle Libertà arretrò, vincendo solo in due regioni su 14, anche se An si mantenne stabile. Il 2005 fu un anno complesso per via di una dialettica molto serrata su alcuni temi sia etici che politici. La fine della legislatura, la XIV, si contraddistinse per la legge sulla droga Fini-Giovanardi, del febbraio 2006.
La nascita del Pdl
Nel novembre 2007 Berlusconi fondò il Partito del Popolo delle Libertà, inizialmente criticato da Fini. Tuttavia nel gennaio successivo il Senato sfiduciò il governo Prodi, e il centrodestra fu chiamato ad una scelta. Così, l’8 febbraio Fini annunciò l’intenzione di costituire un nuovo soggetto insieme con Forza Italia e con altri partiti minori, il Popolo della Libertà. La direzione nazionale di An approvò la relazione del presidente, che aveva annunciato che nell’autunno successivo An si sarebbe sciolta per aderire al nuovo soggetto politico. Ancora una volta l’elettorato capì il progetto: alle elezioni del 2008 in aprile il Pdl prese il 38 per cento, ossia più della somma di Forza Italia e Alleanza Nazionale, la quale mandò in Parlamento 90 deputati e 48 senatori.
La vittoria alle politiche fu coronata anche dalla conquista del Campidoglio con Gianni Alemanno, una vittoria storica. Alleanza Nazionale tornò ancora al governo con quattro ministri: Altero Matteoli, Ignazio La Russa, Andrea Ronchi e Giorgia Meloni; Maurizio Gasparri divenne capogruppo del Pdl alla Camera e Italo Bocchino vice presidente vicario del gruppo Pdl al Senato. Gianfranco Fini ottenne la prestigiosa carica di presidente della Camera. La reggenza di Alleanza Nazionale venne affidata a Ignazio La Russa.
Lasciando la presidenza di An, Fini disse: «Non siamo più figli di un dio minore. È stata ricomposta una frattura. È stato superato un fossato». «La nascita del Pdl– aggiunse– è l’ultimo anello della strategia di Fiuggi. Alleanza nazionale è nata prima di Forza Italia. Il nucleo fondante di An del 1994 è quello del Pdl del 2008. Oggi l’ultimo atto non è celebrare l’affermazione elettorale, ma camminare perché si compia l’ultimo atto: per avere un grande punto di riferimento maggioritario del Paese. Per dare alla società italiana quei valori di cui ha bisogno». «Seppur in modo diverso– assicurò Fini, come ricordato dal collega Antonio Pannullo sul Secolo in un articolo sul ventennale di An – continuerò a lavorare con voi. An abbia fiducia di costruire il Pdl. Quel che abbiamo fatto è stato giusto ed utile al nostropo polo».
Il 21 e 22 marzo 2009 alla Fiera di Roma si svolse il terzo e ultimo Congresso di An: “Nasce il partito degli italiani”. Il palco, suggestivo, era a forma di ponte. I congressisti approvarono all’unanimità il passaggio al Pdl. Solo Roberto Menia criticò la decisione, sostenendo che la confluenza fosse avvenuta troppo in fretta. Il resto è storia recente.
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