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Schlein vuole fare l’internazionale anti-Trump, ma non riesce a tenere insieme neanche il Pd

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Riunire le forze del socialismo europeo contro l’avanzata delle destre, compresa quella di Trump, e stilare un’agenda interna intorno alla quale coinvolgere anche le altre forze d’opposizione. È la strategia definita da Elly Schlein nel corso della segreteria fiume Pd che si è tenuta all’indomani dell’insediamento del presidente Usa. A smontare i piani gloriosi della segretaria dem, però, ci hanno pensato e ci pensano quotidianamente i suoi, che prima e dopo la riunione hanno manifestato distinguo, preso distanze, affermato “sensibilità” che danno concretezza alla domanda posta anche da Romano Prodi: «Schlein ha voglia e capacità di costruire una coalizione maggioritaria?». La voglia forse ci sarebbe pure. Quanto alla capacità, allo stato attuale sembra farle difetto anche solo quella di tenere insieme il suo partito. Dal referendum su Jobs Act alla guerra in Ucraina, passando per il terzo mandato, il Pd appare procedere più che mai in ordine sparso. Con buona pace delle quattro ore spese dalla segreteria a cercare di trovare una sintesi.

Tarquinio rivela: «Sull’Ucraina sempre più divisioni nel partito»

Parlando della posizione sulla guerra in Ucraina, l’europarlamentare Marco Tarquinio, contrario all’invio delle armi al punto da votare in Europa modo contrario al partito (insieme a Cecilia Sala), ha detto che «c’è una sensibilità crescente e anche divisioni all’interno della nostra stessa delegazione, c’è una posizione evolutiva». «Stiamo facendo dei passetti nella direzione giusta, ma molto lentamente», ha aggiunto, parlando ai microfoni di L’Attimo fuggente del Giornale Radio. «Vengo coinvolto in mezza Italia in maniera crescente da quadri del partito per parlare della guerra ed elaborare documenti su questo, significa che c’è un dibattito aperto», ha poi rivelato Tarquino. Il Pd insomma sul tema si sta spaccando sempre di più. Subendo, invece di sanare, le divisioni che percorrono l’opposizione e che si sono nuovamente materializzate nella presentazione di risoluzioni diverse all’informativa del ministro della Difesa Guido Crosetto alle Camere.

Il gran caos scatenato dai referendum: il Jobs Act spacca il Pd

Non va meglio, anzi va molto peggio sul fronte referendario. I referendum dovevano essere per l’opposizione nel suo complesso il terreno su cui dare la spallata al governo. Ma caduta la possibilità di celebrare quello sull’Autonomia, l’unico che avrebbe avuto una qualche chance di vedere un’azione congiunta, sono diventati l’ennesimo motivo di spaccature. A partire da quelle che percorrono il Nazareno, dove sul Jobs Act è in atto una rivolta interna, a stento tenuta a bada nei toni. «La segretaria ha una storia, la rispetto. Anche io però ne ho una e non voterò», ha detto a La Stampa la senatrice ed ex capogruppo al Senato, Simona Malpezzi. La quale non solo è contraria all’abolizione del Jobs Act, ma rivendica la bontà di quella legge, che fu per altro introdotta dal governo Pd quando a guidarlo era Matteo Renzi. Non a caso i parlamentari che masticano amaro per il posizionamento a favore della campagna referendaria sono una sfilza: Lorenzo Guerini, Graziano Delrio, Dario Franceschini, Marianna Madia, Alessandro Alfieri, Debora Serracchiani, Piero De Luca, tra gli altri.

L’affondo di De Luca sul terzo mandato: «Sto in un partito pieno di cafoni»

Si deve poi a un altro De Luca, Vincenzo, il gran caos che sta attraversando il partito anche sul terzo mandato e il cui livello di scontro si sintetizza nell’ultima bordata del governatore: «Evidentemente Zaia sta in un partito nel quale non ci sono molti cafoni, io sto in un partito nel quale ci sono fin troppi cafoni».

Ma Schlein sogna l’internazionale socialista contro Trump…

A fronte di tutto ciò, Schlein ieri rivendicava che «il Pd ha una grande responsabilità perché siamo la forza socialista che è più cresciuta in Europa, insieme agli spagnoli del Psoe. Non possiamo lasciare l’internazionalismo ai nazionalisti». «Noi abbiamo la necessità di opporre un’idea diversa alla potenza di fuoco della destra di Trump», ha avvertito Schlein. Auguri.

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