ru24.pro
Secolo d'Italia.it
Январь
2025
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21
22
23
24
25
26
27
28
29
30
31

Il rischio che l’intelligenza artificiale finisca per diventare il “signor censore” della libertà di espressione

0

Può essere considerato “normale” un mondo in cui – dietro il paravento dell’Intelligenza Artificiale – si censurano analisi e valutazioni assolutamente legittime?  E’ la grande contraddizione/ambiguità di questi tempi iper connessi, dove, a fronte di una comunicazione sempre più veloce e pervasiva, fa riscontro un controllo tecnologico delle idee, lasciate in mano all’automatismo di una “macchina”, che si vuole “intelligente”, oltre che naturalmente “giusta”.

In linea di principio essa dovrebbe essere “uno strumento al servizio dell’uomo e non un sostituto della sua umanità” – per dirla con  padre Paolo Benanti, docente di Bioetica ed etica delle tecnologie alla Pontificia Università Gregoriana, l’unico italiano membro del Comitato sull’intelligenza artificiale delle Nazioni Unite e presidente della Commissione sull’intelligenza artificiale per l’informazione presso la  Presidenza del Consiglio dei ministri. Alla prova dei fatti e delle dichiarazioni “di principio” accade esattamente il contrario, fino al punto da surrogare/sostituire il libero arbitrio dell’uomo.

E’ accaduto ad  Arianne Ghersi, analista geopolitica, dottoressa in Scienze Diplomatiche, con un Master in “Religioni e Mediazione culturale” e in “Terrorismo Internazionale”, collaboratrice di diversi media, nonché fondatrice del blog “Caput Mundi” (www.caputmundi.info). Insomma,  una studiosa con un curriculum di valore.

Tutto nasce da un articolo, postato in data 10 gennaio, dalla stessa Ghersi, avente per titolo “Il terrorismo: la narrativa ‘araba’ ci fornisce spiegazioni?”. La premessa dell’articolo è correttamente  motivata: “Moltissimi esperti e studiosi europei ed americani – scrive l’autrice – si impegnano a capire le origini del terrorismo ricercando riferimenti ed eventi storici connessi tra loro e valutandoli con ogni metodologia di ricerca. Questo campo di studio ha sicuramente assunto importanza e risonanza mediatica dal 2001 in poi, anno in cui l’attentato alle Torri Gemelle sconvolse il mondo e risvegliò dal torpore intellettuale anche gli osservatori più distratti. Svolgendo una ricerca veloce e superficiale si possono trovare, anche nei siti di e-commerce, migliaia di libri pubblicati negli idiomi più diffusi nel mondo, di cui centinaia in lingua italiana. Quanto mi trovo ad osservare è un aspetto di carattere pratico, ma che allo stesso tempo “strizza l’occhio” ad alcuni principi antropologici: spesso, purtroppo, viene sottovalutata la potenza dirompente della narrativa, soprattutto quando gli autori sono originari dei paesi presi ad oggetto o materia del contendere intellettuale”.

Niente di particolarmente “trasgressivo” ed offensivo. L’articolo è ben documentato, offrendo un’interessante documentazione  della narrativa “araba” riguardo al terrorismo. Nell’intento di divulgare le proprie analisi, l’autrice decide di creare un post su Facebook in cui inserire il collegamento all’articolo.  In apparenza tutto regolare. Ma non per l’IA, la quale,  dopo poche ore, cala la sua mannaia censoria, notificando alla stessa autrice che il suo intervento è stato rimosso. Il motivo sembra essere l’uso di parole “equivocabili”. L’autrice non se ne sta, protesta, manifesta le sue ragioni e, dopo la richiesta di revisione, il testo viene ripubblicato. Tutto bene ? Non proprio…

Lunedì 13 gennaio Arianne Ghersi è  intervistata da  una nota radio e, nel pomeriggio, pubblica sul social network il link del podcast (https://hopemedia.it/narrativa-araba-e-terrorismo/).  Questa volta però  la censura non concede alcun appello. Sotto “accusa”  una presunta apologia del terrorismo, erroneamente evidenziata dall’algoritmo, che ha conteggiato l’insieme delle parole reputate “pericolose” rimuovendo preventivamente il “post”.

Di chi la colpa per  questa azione censoria ? Si dice che l’IA abbia  un quoziente intellettivo pari a dieci Einstein elevato al cubo. Niente di più elevato dunque e di cristallino al di sopra delle bassezze umane segnate dalle discriminazioni (linguistiche) e dall’ ignoranza (lessicale). In realtà – ci si  passi l’osservazione terra terra e forse banale – un dubbio viene,  pensando a procedure che non nascono – per partenogenesi – dal super cervellone, ma hanno la necessità di essere programmate e “costruite” grazie all’intervento umano, il quale  evidentemente le imbecca, le programma, le orienta, selezionando modalità e discriminanti, autorizzando certi linguaggi e censurandone altri. Sulla base di che cosa? E con quali finalità?

Certamente  non per fare comprendere la realtà, per arricchirla grazie al pluralismo delle voci e delle analisi. Al contrario per tracciare percorsi ben determinati ed orientati, da cui non si può scantonare. Un po’ com’è accaduto alla giovane animatrice di “Caput Mundi”, convinta di operare nel segno della cultura e della buona informazione ed invece azzoppata da un’ “intelligenza” male  programmata e male orientata. Se queste sono le premesse di una stagione tecnologicamente sempre più avanzata, appare urgente intervenire e rettificare gli orientamenti degenerativi della censura preventiva. Il rischio – al contrario –  è che a vincere sia il silenzio delle coscienze e l’oblio della libertà

L'articolo Il rischio che l’intelligenza artificiale finisca per diventare il “signor censore” della libertà di espressione sembra essere il primo su Secolo d'Italia.