Minniti suona le sveglia alla sinistra: «Tutti hanno il dovere di essere vicini alle forze dell’ordine»
«Tutti hanno il dovere di dire “basta”. Tutti hanno il dovere di essere vicini alle forze dell’ordine: non per infilargli una maglietta politica, e nemmeno per elevarli al di sopra della legge, ma semplicemente perché sono la più alta espressione della legalità in una democrazia». L’avvertimento arriva da Marco Minniti, ex ministro dell’Interno Pd, oggi a capo della Fondazione Med-Or. E, sebbene lui non lo dica esplicitamente, è un avvertimento chiaramente rivolto alla sinistra, che dalle reazioni al poliziotto eroe di Rimini alle guerriglia di piazza seguiti alla tragica morte di Ramy Elgaml non è stata in grado di assumere una chiara posizione a tutela delle forze dell’ordine, schierandosi invece contro il ddl Sicurezza che punta a incrementarla.
Minniti: «Tutti hanno il dovere di essere vicini alle forze dell’ordine»
«Dobbiamo essere molto chiari: gli scontri degli ultimi giorni contro la polizia sono ingiustificati e inaccettabili. In una democrazia è tutelata l’espressione del dissenso, anche radicale, ma c’è un limite che non va mai superato: l’uso della violenza», ha chiarito Minniti, intervistato da La Verità. Il problema, ha aggiunto, «è il clima che si sta creando». «In un’atmosfera di violenza – ha sottolineato – possono inserirsi i lupi solitari, che progettano atti estremi individuali. L’abbiamo visto in Germania, a Solingen, Magdeburgo, e negli Stati Uniti, a New Orleans».
L’avvertimento sulle «zone franche» e sul rischio dei «lupi solitari»
«Dobbiamo convincerci che non possono esistere zone franche in cui viene sospesa la sovranità dello Stato», ha chiarito Minniti, ricordando che «per avere sicurezza serve la polizia, serve catturare i criminali, ancor prima di aumentare le pene. Ma serve anche l’illuminazione pubblica per le strade, le politiche sociali, la legalità, le regole urbanistiche. E le amministrazioni locali devono prendersi il proprio pezzo di responsabilità: non può fare tutto lo Stato centrale».
Lo sguardo sugli Usa e sui nuovi equilibri internazionali
Guardando poi agli Usa, il presidente di Med-Or e grande esperto di intelligence e cose internazionali, ha spiegato che «Trump, ancor prima di mettere piede alla Casa Bianca, ha provocato un cambiamento di percezione dell’influenza degli Stati Uniti. In Medio Oriente sia Biden che Blinken non erano riusciti ad ottenere risultati concreti, la supremazia americana era messa in dubbio in tanti ambienti internazionali. Trump ha voluto rimarcare subito che l’influenza degli Usa è ancora forte, e con la tregua a Gaza, ci è riuscito. Adesso potrà occuparsi dell’Ucraina da una posizione più vantaggiosa», sebbene si tratti di una partita che «non è semplice». «Dopo aver perso la sua presa in Siria, Putin non accetterà un altro ridimensionamento in Ucraina. Non sarà remissivo. Dunque bisogna conciliare l’esigenza di pace con la necessità di giustizia. Un passo importante sarebbe favorire l’ingresso di Kiev nell’Unione europea».
Quanto ai rapporti tra Trump e l’Europa, specie in relazione alla questione delle spese militari, per Minniti quella del presidente Usa «non è una minaccia, sta invitando l’Ue ad assumersi delle responsabilità. È una sfida che l’Europa deve accettare, facendo ripartire il progetto per una politica estera e una difesa comune. Per fare un salto del genere, serve una forte pressione politica, e Trump si è incaricato di questo compito».
Minniti: «L’Italia può avere un ruolo importante. L’asse con Washington è fattore di forza per Meloni»
In questo contesto internazionale l’Italia può avere «un ruolo importante», «gode di un’occasione irripetibile. Vanta una oggettiva stabilità di governo, a differenza di Francia e Germania». «È il punto di congiunzione tra Occidente e sud del mondo. L’asse privilegiato tra Roma e Washington è inoltre un fattore di forza per Giorgia Meloni, sapendo, tuttavia, che il rapporto con l’Europa è altrettanto strategico. In questo quadro, abbiamo l’opportunità di ottenere un riconosciuto ruolo internazionale. Non solo come mediatori, ma come protagonisti».
Il segnale arrivato con l’operazione «impeccabile» che ha portato alla liberazione di Cecilia Sala
La stessa operazione «impeccabile» che ha portato alla liberazione di Cecilia Sala e nella quale il ruolo di Giorgia Meloni è stato «fondamentale» ha dimostrato non solo i forti legami costruiti con Washington, ma anche la «grande consapevolezza politica», che si è giocata e ha vinto una partita «in cui peraltro non c’erano garanzie di successo». E anche alla capacità di costruire difficili equilibri, che nel caso specifico coinvolgeva anche l’Iran, ha saputo dare «un segnale importante: in tanti, nel panorama internazionale, pensano che il nostro Paese potrà giocare un ruolo importante in futuro».
Il Piano Mattei e il rapporto «molto forte cementato con il Mediterraneo allargato»
Infine, un passaggio sul Piano Mattei, che è anch’esso strategico per il posizionamento dell’Italia a livello internazionale e nell’ambito del quale a inizio dicembre Med-Or ha assunto il ruolo di “Fondazione per l’Italia” con l’obiettivo di fare squadra nell’interesse della Nazione. «Il piano Mattei ha cementato un rapporto molto forte con il cosiddetto “Mediterraneo allargato”. Sono queste relazioni con l’Africa ad aver ridotto fortemente i flussi migratori, che sono tornati ai livelli del 2021. E queste relazioni sono la scelta strategica per governare il problema», ha sottolineato Minniti, spiegando che sul tema dell’immigrazione non si può «abbassare la guardia, ma occorre agire», affiancando agli accordi bilaterali già firmati «un patto strategico per le migrazioni legali tra Unione europea e Unione africana, con il contributo dell’Onu. Tutti insieme dobbiamo contrastare i trafficanti degli esseri umani e garantire solo flussi nel rispetto della legalità. E l’Italia – ha concluso Minniti, rispondendo alle domande di Federico Novella che firma l’intervista – oggi ha i numeri per guidare questa sfida».
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