Un altro sabato a rischio: faro su Bologna e Roma. Piantedosi: «C’è un network dell’antagonismo»
Non una regia, ma un «network» dell’antagonismo quello sì. Alla vigilia di un nuovo pomeriggio di preoccupazione per ciò che può accadere nelle piazze italiane, e in particolare quelle di Bologna e Roma, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, analizza il fenomeno delle tensioni che stanno attraversando il Paese e che si concentrano contro le forze di polizia, e rilancia la necessità di «fare in fretta» sul ddl Sicurezza, che contiene «una serie di normative importanti. Ad esempio la tutela legale nei confronti delle forze dell’ordine, con il sostegno alle spese».
Un altro sabato a rischio: le manifestazioni a Bologna e Roma
A Bologna sono in programma due appuntamenti della sinistra radicale, uno pro-Pal e l’altro proprio contro il ddl Sicurezza. Inoltre, è prevista una “passeggiata” della formazione di destra Rete dei patrioti sui luoghi in cui la scorsa settimana si è assistito alla devastazione messa in atto dalla sinistra antagonista cavalcando il caso Ramy. A Roma gli anarchici si sono dati appuntamento al Quarticciolo, dove l’altro pomeriggio venti persone hanno aggredito dei poliziotti che inseguivano un pusher. “Difendiamo Quarticciolo: Caivano non è un modello”, è lo slogan che si sono dati gli anarchici, rifiutando il progetto di rilancio del quartiere, che è fra le sette zone oggetto del “Piano straordinario di riqualificazione sociale e culturale delle aree urbane degradate” lanciato dal governo sul “modello Caivano”.
Il livello di attenzione alto per «l’aggressività delle frange estreme verso la polizia»
«Quasi tutti i weekend sono sensibili, e tra le due situazioni quella che preoccupa di più è Bologna con le manifestazioni contrapposte. Confido nell’oculatezza di chi gestisce l’ordine pubblico e anche nel buon senso delle persone per evitare situazioni poco piacevoli», ha detto Piantedosi in un’intervista al Messaggero. «Sicuramente la pacificazione sul quadrante mediorentale attenua dei temi che sono stati a lungo cavalcati dagli antagonisti. Tuttavia – ha chiarito – al di là dell’oggetto delle manifestazioni, l’aggressività da parte di frange estreme verso le forze di polizia fa mantenere un livello di attenzione alto, visto che ogni occasione viene colta per alzare la tensione».
Piantedosi: «C’è un network dell’antagonismo»
Il ministro ha chiarito di non ritenere che tra i gruppi antagonisti ci sia una forma di «regia», ma, ha aggiunto, «sicuramente c’è un network, dei collegamenti, evidenziato dalla presenza in alcune manifestazioni di persone che arrivano da fuori». «Molti di questi gruppi hanno la denominazione comune di “Antagonismo”. È un modo di stare al mondo, contrapporsi ad ogni costo», ha spiegato Piantedosi, sottolineando che quali che siano i temi – ambiente, tav, Medio Oriente, Ddl Sicurezza, alternanza scuola-lavoro – «vengono usati come pretesto per una postura antagonista».
L’«innalzamento della tecnica di aggressione» e la «premeditazione»
«Quello che notiamo però – ha proseguito – è anche un leggero innalzamento del livello di tecnica di aggressione alle forze dell’ordine. Dalle bombe carta agli artefizi urticanti, una vera forma di guerriglia. Perché è evidente che le bombe carta, ad esempio, te le sei portate dietro. Se fossimo in ambito giudiziario si parlerebbe di premeditazione».
I temi come «pretesto» e la violenza come «strumento»
Quanto all’esistenza di una saldatura tra gruppi antagonisti e galassia ultras, di cui gli ha chiesto conto Ernesto Menicucci, che firma l’intervista, Piantedosi ha spiegato che «parlare di saldatura è eccessivo». «Diciamo però – ha poi precisato – che ci sono dei mestieranti della violenza, con legami meno stabili. Ambienti estremisti in cui la violenza è strumento messo a disposizione di varie cause».
Piantedosi: «Non escludo di incontrare i genitori di Ramy, se lo vorranno»
Il ministro è poi tornato sulla vicenda Ramy, ribadendo che «il primo sentimento è stato il senso di pietà per una giovane vita spezzata», ma anche ricordando che «c’è anche un profilo di obbligatorietà nell’inseguimento a persone sospette a cui è stato intimato l’alt». «All’alt bisogna fermarsi, qualunque conseguenza eventuale è meglio di rischiare di perdere la vita», è tornato a dire il titolare del Viminale, che non ha escludo di incontrare i genitori di Ramy, «sempre che lo vogliano» e «magari a riflettori spenti».
L’impegno al Viminale fino alla fine del mandato e il no alla candidatura in Campania
Piantedosi, quindi, rispondendo ancora alle domande del cronista, ha chiarito che «arriverò al fisiologico compimento del mio incarico (al Viminale, ndr) e non ho altre ambizioni politiche». «Se vuole posso firmarlo da un notaio… Poi avrò tre anni ancora di potenziale carriera prefettizia», ha detto, escludendo anche l’ipotesi di una sua canditura alla guida della Regione Campania.
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