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Puglia, Emiliano presenta un esposto contro il “suo” Bilancio: tutto pur di salvare il poltronificio

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Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha presentato un esposto in Procura contro la legge di bilancio regionale che lui stesso ha promulgato. La bizzarria è formalmente frutto di quello che il governatore ha indicato come un «vizio di procedura», ma nelle pieghe della burocrazia si nascondono questioni squisitamente politiche: lo scontro interno al Pd e la messa in discussione della possibilità per la giunta di avere le mani libere sulle nomine nelle partecipate e agenzie regionali.

Il braccio di ferro tra Emiliano e il consiglio regionale

Due “bombe” per il sistema Emiliano, la cui deflagrazione è avvenuta intorno a un emendamento presentato da una consigliera del M5S e passato in consiglio anche grazie ai voti dell’opposizione. Secondo quanto scritto da Emiliano in una lettera inviata in Procura, quell’emendamento non avrebbe avuto diritto di essere accolto nella finanziaria regionale perché sarebbe passato non con la maggioranza assoluta dei voti, come previsto in materia di bilancio, ma con la maggioranza semplice, la metà più 1 dei presenti, come previsto invece per le deliberazioni ordinarie. Emendamento dunque da bocciare, per il governatore. Solo che l’ufficio di presidenza regionale non la pensa così e ha recuperato nel testo della legge l’emendamento contestato, valutando che la maggioranza assoluta non è prescritta per ciò che non ha contenuto finanziario.

Il casus belli: un emendamento che mette paletti alle nomine di giunta

Fin qui le pieghe dei regolamenti e della burocrazia, buone per perdercisi e far venire il mal di testa. In realtà, la questione è tutta politica e letta in questa chiave diventa assai più comprensibile. L’emendamento in questione prevede che le nomine di competenza della giunta debbano d’ora in poi passare dal consiglio per un parere preventivo. Dunque, una norma di trasparenza. Soprattutto, però, secondo quanto riferito dal Corriere del Mezzogiorno, chiude gli spazi ai «”trombati” delle elezioni regionali (almeno nell’arco dei successivi 5 anni). Domenico De Santis, attuale vicecapo di gabinetto (e segretario regionale del Pd) – si legge sull’edizione di Bari del quotidiano – non potrebbe più ricoprire il ruolo da 75mila euro all’anno, né Francesco Crudele (ex sindaco di Capurso) gestire Aseco (emanazione di Acquedotto Pugliese) per 60mila euro ogni dodici mesi. D’altronde, sempre l’ultima legge di bilancio, ha disposto l’inserimento dei consigli di amministrazione nelle agenzie (eliminando amministratori unici o direttori generali). Da Arpa a Arif e Asset è un valzer di poltrone da ballare sulle piste delle alleanze per le prossime elezioni».

Lo sfondo delle faide interne al Pd

Oltre alla spallata al poltronificio nella disponibilità della giunta, però, la vicenda porta con sé anche una spallata al sistema Emiliano in seno al Pd. La presidente del Consiglio regionale, che ha consentito la riammissione dell’emendamento, accogliendo le proteste della pentastellata Antonella Laricchia, è la dem Loredana Capone, vicepresidente nazionale del Pd voluta da Elly Schlein. Capone s’è trincerata dietro il ruolo istituzionale: «Abbiamo rispettato il voto dell’aula, che è sovrano in democrazia. Sono donna delle istituzioni e questi principi sono cardine della mia azione quotidiana. L’Ufficio di Presidenza ha doverosamente preso atto dell’errore formale che c’era stato in Consiglio regionale quando la proposta di legge della consigliera Laricchia era stata respinta nonostante avesse ottenuto la maggioranza dei voti necessari». Però, come si dice, a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. E gli elementi che accendono un riflettore sulla faida interna tra Nazareno e potentato pugliese, colpito da fuoco amico laddove può fare più male, ci sono, eccome.

FdI: «Emiliano doveva aver promesso qualche nomina a qualche “trombato”»

«È evidente che l’antidemocratico Emiliano doveva aver promesso qualche nomina a qualche “trombato” o incompatibile con la nuova norma inserita e quindi sta perdendo le staffe perché nessuno obbedisce ai suoi ordini. In entrambi i casi siamo di fronte a una forma di autoritarismo che il Consiglio regionale della Puglia non ha mai conosciuto dal 1970 a oggi: mai un presidente della giunta si era “permesso” di denunciare l’organo che più di ogni altro rappresenta i pugliesi, il Consiglio regionale», hanno commentato i consiglieri regionali di FdI, Renato Perrini, Dino Basile, Luigi Caroli, Tommaso Scatigna e Tonia Spina.

FI: «Da Emiliano gesto estremo pur di tutelare gli appetiti clientelari utili a fini elettorali»

«Nessuno tocchi la macchina clientelare di Emiliano. Avevamo da subito stigmatizzato il “modus operandi” della maggioranza che, anche in occasione del bilancio di previsione, aveva preso la rincorsa per moltiplicare le poltrone e per far proliferare gli incarichi», è stato poi il commento dei consiglieri di Forza Italia, per i quali «Emiliano ha ritenuto di compiere un gesto estremo pur di tutelare gli appetiti clientelari utili a fini elettorali». Per i consiglieri azzurri le mosse di Emiliano «confermano quello che diciamo da anni: questo centrosinistra costruisce il suo consenso solo grazie ad una macchina clientelare che utilizza come benzina le nomine e gli incarichi pagati con i soldi dei cittadini pugliesi».

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