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Twilight 20 anni dopo. I vampiri sono i nuovi sex symbol

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Ci sono compleanni che non appartengono a una persona, ma a un intero immaginario collettivo. Venti anni fa, il 5 ottobre 2005, Twilight faceva la sua comparsa sugli scaffali delle librerie americane e, senza saperlo, decretava la metamorfosi definitiva del vampiro: da creatura dell’incubo a sex symbol planetario. Non era la prima volta che la letteratura e il cinema provavano a riscrivere il mito nato con Dracula di Bram Stoker, ma mai nessuno l’aveva fatto con tanta efficacia pop. Edward Cullen non camminava nei corridoi di castelli gotici, ma nei corridoi di un liceo di provincia; non dormiva in bare di legno, ma in stanze bianche e immacolate; non era predatore, ma amante trattenuto.

Da lì in poi, i denti aguzzi non avrebbero più evocato solo il sangue, ma il bacio eterno; non più la minaccia della contaminazione, ma la promessa di un amore impossibile. Con Twilight, il vampiro si liberava del manto di paura che lo aveva avvolto per secoli e indossava quello scintillante del desiderio, pronto a farsi icona di una generazione.

La seduzione del buio: eros, morte e potere

Il segreto del fascino dei vampiri è la loro ambiguità. Non sono mai solo mostri: sono amanti pericolosi, outsider irresistibili. Il morso richiama la penetrazione, il sangue diventa scambio di fluidi, la condanna all’immortalità è la versione dark del sogno umano di sfuggire al tempo. In ogni epoca, il vampiro ha incarnato quello che la società non voleva ammettere di desiderare: la trasgressione.

Negli anni Vittoriani era il sesso represso, negli anni Novanta era la decadenza glam (Intervista col vampiro), negli anni Duemila era l’amore eterno di cui le teenager volevano riempire i diari segreti. In ogni incarnazione, il vampiro è stato una lente che deforma e restituisce i desideri più nascosti. Fa paura perché promette l’annullamento, ma attrae perché quel rischio è avvolto da una seduzione quasi irresistibile.

Il vampiro, insomma, è l’amante che non dovremmo avere, ma che non possiamo smettere di guardare.

Dal teen cult al glamour immortale: la lezione di The Vampire Diaries

Dopo Twilight, la vampiro-mania si è trasformata in industria culturale. Nel 2009 è arrivato The Vampire Diaries e il triangolo Elena–Stefan–Damon ha definito un’intera stagione televisiva. Non c’era più solo il vampiro che trattiene la sua natura per amore, ma il fratello dannato, il ragazzo popolare, l’eroe tragico.

Qui i vampiri erano belli, vestiti come rockstar, capaci di piangere e di ridere, di amare e di tradire. Non erano più il “diverso” da temere, ma il diverso da amare. Con loro, il gotico diventava glamour: capelli perfetti, giacche di pelle, sentimenti umanissimi. Era la consacrazione del vampiro come sex symbol: non più nemico da combattere, ma protagonista assoluto della cultura pop.

Il sangue in salsa coreana: tragedia, melodramma e rom-com

Anche la Corea, sempre più centrale nei linguaggi globali, ha detto la sua. Lo ha fatto partendo dall’estremo. Con Thirst (2009), Park Chan-wook ha raccontato un prete che, dopo una trasfusione, diventa vampiro e precipita in un vortice di desiderio, colpa e violenza. Un film disturbante, carnale, che ha spogliato il mito dalle patine romantiche e lo ha riportato alla sua pulsione più cruda: l’eros come forza che supera la morale.

Poi sono arrivati i drama televisivi, capaci di mescolare la malinconia coreana con il mito occidentale. Scholar Who Walks the Night (2015) ha portato un vampiro nell’epoca Joseon, trasformandolo in un erudito tragico. Ma è con Heartbeat (2023), interpretato da Ok Taecyeon, che il vampiro diventa esplicitamente rom-com: un outsider che sogna di diventare umano e che si ritrova coinquilino di una donna dal cuore di pietra. È un racconto che gioca con il mito antico e lo aggiorna con leggerezza, facendo emergere il vampiro come partner ideale, non più minaccia. E non è un caso: già nel 2015, nel video di My House dei 2PM, Taecyeon portava in scena un immaginario notturno fatto di seduzione e attese dietro la porta, che molti critici hanno letto come una metafora vampirica. In Corea, il vampiro non è mai solo paura, ma è malinconia, desiderio, attesa romantica.

I vampiri in musica: dai Backstreet Boys agli ENHYPEN

Il mito non appartiene solo alla letteratura o alle serie tv. La musica pop ha fatto dei vampiri un linguaggio visivo costante. Nel 1997 i Backstreet Boys scelsero di trasformarsi in creature della notte nel videoclip di Everybody (Backstreet’s Back), portando i denti aguzzi nel cuore della teen culture. Da allora, tra performance live e videoclip, il vampiro è apparso come simbolo di seduzione proibita, contaminando estetiche pop e K-pop, fino a diventare uno dei cliché più affascinanti da portare in scena: il morso come coreografia, la notte come palcoscenico.

E poi ci sono gli ENHYPEN, che del culto del vampiro hanno fatto l’asse portante della loro identità. Fin dal debutto hanno costruito un universo narrativo in cui i membri sono vampiri moderni, divisi tra immortalità e desiderio, con videoclip che mescolano immaginario gotico e pop scintillante. Non si tratta solo di estetica: il gruppo ha dato vita a una vera saga transmediale che comprende un webtoon, Dark Moon: The Blood Altar, e romanzi visivi che raccontano la loro lotta eterna. È la prova che oggi il vampiro non è più soltanto personaggio, ma brand culturale: un archetipo capace di muoversi tra palchi, fumetti, fanfiction e social, continuando a incarnare le stesse ossessioni di sempre — eros, morte e desiderio di eternità — ma aggiornate al linguaggio della Gen Z.

I cult globali: dai bohémiens ai fanatici religiosi

Intanto, nel resto del mondo, il vampiro continuava a trasformarsi. Jim Jarmusch con Only Lovers Left Alive (2013) ha dipinto due vampiri bohémiens, malinconici e intellettuali, che osservano il mondo scivolare verso il collasso. Midnight Mass (2021, Netflix) ha invece reimmaginato il vampiro come rivelazione apocalittica, legata al fanatismo religioso e alla fede cieca. Castlevania (2017–2021) ha dato nuova linfa a Dracula in versione anime, epico e tragico, riscrivendo ancora una volta la sua leggenda.

Ogni volta, lo stesso mito, nuove forme. Ogni volta, la stessa attrazione.

Psicologia del vampiro: l’outsider che ci rappresenta

Alla fine, il vampiro funziona sempre perché è specchio. È l’alterità che ci spaventa ma che desideriamo. È l’estraneo che diventa intimo. Nei teen cult americani è l’amore eterno, nei K-drama è la malinconia del diverso, nei film più cupi è la pulsione erotica che supera ogni regola.

Con Thirst la bestia mostra i denti, con Twilight li nasconde dietro un sorriso, con The Vampire Diaries li trasforma in glamour. Cambiano gli abiti, cambiano i set, ma la sostanza resta: il vampiro è sempre lì, a ricordarci che ciò che temiamo di più è anche ciò che ci attrae di più.

I 7 vampiri più iconici della cultura pop

Ogni epoca ha avuto il suo vampiro simbolo, e insieme hanno costruito la costellazione di figure che ancora oggi popolano la nostra immaginazione. Tutto comincia con Dracula, l’archetipo assoluto, la creatura che incarna la paura dell’Altro e l’attrazione proibita. Da lui discende Lestat de Lioncourt, il vampiro malinconico e seducente nato dalla fantasia di Anne Rice, capace di trasformare l’orrore in fascino decadente e i succhiasangue in protagonisti tragici, quasi rockstar dell’eternità.

Poi è arrivata l’onda pop: Edward Cullen, il principe azzurro oscuro di Twilight, che ha dato ai vampiri un’aura romantica, sospesa tra desiderio e rinuncia, portandoli nei sogni di milioni di adolescenti. A fare da contraltare, Damon Salvatore in The Vampire Diaries, bello e maledetto, ironico e crudele, l’emblema del bad boy che trasforma la condanna eterna in seduzione irresistibile.

Il mito si è fatto adulto e carnale con Eric Northman di True Blood, vampiro vichingo che ha incarnato il lato più erotico e violento della leggenda, dove sangue e piacere si confondono. In Corea, invece, ha preso forma la versione più tormentata: Sang-hyun, il prete protagonista di Thirst di Park Chan-wook, che lotta tra fede e desiderio, offrendo al mito la sua declinazione più disturbante e carnale. Infine, Ok Taecyeon con Heartbeat, che ha trasformato il vampiro in figura romantica da commedia, già anticipata dall’immaginario notturno e sensuale del video di My House.

Sette volti, sette declinazioni diverse, un’unica ossessione che attraversa secoli e culture.

Il bacio proibito che non smette di sedurre

Vent’anni dopo, Twilight non è solo un anniversario da ricordare: è la prova che il vampiro continua a essere il simbolo pop più potente. Perché non è mai solo una creatura della notte: è la metafora del desiderio, dell’eros che supera i limiti, della paura che ci attrae più di qualsiasi altra cosa.

Dracula era il mostro, Edward l’amante, Damon il bad boy, Eric Northman la passione carnale, Sang-hyun (Thirst) l’uomo diviso tra fede e corpo, Taecyeon il vampiro romantico che bussa alla porta di casa, gli ENHYPEN i vampiri ibridi della Gen Z. Tutti insieme raccontano lo stesso enigma: ci innamoriamo proprio di ciò che ci fa paura. E nei loro occhi rossi, nei loro baci proibiti, continuiamo a specchiarci.

Perché il vampiro, qualunque maschera indossi, continua a restare lo specchio più fedele delle nostre paure e dei nostri desideri.