Garlasco, Palmegiani si difende: “Il Dna su Chiara Poggi è troppo debole. Se ho detto il contrario non ricordo”
Il delitto di Garlasco, dal 2007 a oggi, non ha mai conosciuto una parola definitiva. Anzi, ogni volta che sembra di essere arrivati a un punto fermo, spunta una nuova pista, un nome che riemerge, una consulenza che ribalta il tavolo. Dopo la condanna di Alberto Stasi, la riapertura del fascicolo su Andrea Sempio, amico di Chiara Poggi, ha ridato slancio a una vicenda che per molti italiani resta il “giallo dei gialli”.
L’ultimo capitolo porta la firma di Armando Palmegiani, ex commissario capo della Polizia Scientifica, chiamato a difendere Sempio dopo l’uscita di scena di Luciano Garofano, storico comandante del Ris di Parma. Una scelta che ha sorpreso e diviso.
Il video che pesa come un macigno
A sorprendere non è la carriera di Palmegiani – costellata di casi di cronaca nera complessi, dal massacro del Circeo al delitto di Sara Di Pietrantonio – ma le sue stesse parole. In un video, ancora disponibile su YouTube, solo pochi mesi fa sosteneva che “il Dna sotto le unghie di Chiara è attribuibile all’Y di Sempio” e che la famigerata “traccia 33” rappresentava “un indizio molto forte”.
Ora però lo stesso Palmegiani frena: “Le mie parole sono state estrapolate da un discorso più ampio. Quello che intendevo dire è che quel profilo genetico è parziale, incompleto e scientificamente troppo leggero per reggere in sede processuale”. Tradotto: se anche fosse riconducibile a Sempio, potrebbe trattarsi di contaminazione o di un contatto occasionale.
“Non ricordo” e la strategia della difesa
Quando il Corriere gli fa notare che in passato aveva espresso valutazioni opposte, il consulente si trincera dietro un “non ricordo”. Una risposta che ha acceso altre polemiche. La sua spiegazione? “In quella fase non avevo tutti gli atti a disposizione”. Una marcia indietro che alimenta dubbi più che dissiparli, soprattutto perché il nodo del Dna sotto le unghie di Chiara Poggi è sempre stato considerato uno dei punti più delicati e controversi dell’intera inchiesta.
Per gli avvocati di Sempio, Massimo Lovati e Angela Taccia, la scelta di Palmegiani non è incoerente: “Anche gli esperti possono cambiare idea alla luce di nuovi elementi”, hanno dichiarato. Ma resta il sospetto che le versioni divergenti possano pesare come macigni nel processo mediatico che accompagna da anni questo delitto.
L’autunno caldo previsto da De Rensis
Sul fronte opposto, l’avvocato Antonio De Rensis, storico difensore di Alberto Stasi, non ha dubbi: “L’inchiesta si allargherà”. In tv ha parlato di uno “scenario incandescente” e ha previsto settimane cruciali per il destino dell’indagine.
L’allargamento a cui fa riferimento riguarda l’ex procuratore aggiunto di Pavia, Mario Venditti, accusato di aver ricevuto tra i 20 e i 30mila euro per archiviare la posizione di Sempio nel 2017. Non una cifra qualunque, ma denaro che, secondo l’accusa, sarebbe transitato sotto forma di assegni familiari e prelievi in contanti nello stesso periodo.
L’ombra lunga di Venditti
Venditti, oggi in pensione, ha respinto con forza le accuse parlando di “distorsione della funzione requirente” e ha presentato ricorso al Riesame contro perquisizioni e sequestri. Nel frattempo, per evitare ombre sull’ente che presiedeva, ha annunciato le dimissioni dal Casinò di Campione d’Italia. Una decisione di facciata o un gesto di responsabilità?
Quel che è certo è che l’eventuale coinvolgimento di un magistrato in una vicenda di corruzione legata a un caso di omicidio già di per sé simbolico rischia di allargare la ferita nella fiducia dei cittadini verso la giustizia.
Una storia senza pace
La prossima tappa sarà l’incidente probatorio con la genetista Denise Albani: toccherà a lei stabilire se quel profilo maschile sotto le unghie di Chiara sia davvero riconducibile a Sempio. Una risposta che potrebbe non chiudere la vicenda, ma di certo la rilancerà in un autunno giudiziario che promette di essere, ancora una volta, incandescente.