Flotilla, è iniziata l’ultima notte della missione Pro Pal. Israele abborda le barche
Alle 20.25, ora locale, è arrivato l’«alt» da Israele alla Global Sumud Flotilla. Per lo Stato ebraico non ci sono dubbi: tentare di violare il blocco navale imposto a Gaza in tempo di guerra equivale a una violazione del diritto internazionale. Gli avvisi sono chiari: chi prosegue verrà fermato e le navi confiscate. Dal ponte, però, gli attivisti ribattono che i messaggi israeliani altro non sarebbero che «propaganda» e rilanciano l’obiettivo: «aprire un corridoio umanitario permanente» verso la Striscia. In questo scenario, circa venti imbarcazioni sono state segnalate nei pressi della Flotilla, ma non è chiara la loro provenienza né le intenzioni. A bordo, la connessione salta a intermittenza, mentre i volontari invitano i sostenitori a mobilitarsi. «Le navi militari israeliane hanno avviato le procedure di intercettazione in acque internazionali», scrive sui social Maria Elena Delia, portavoce italiana del movimento. Il deputato del Pd Arturo Scotto, presente su una delle barche, racconta invece di caccia militari decollati da Cipro e diretti verso l’area: a suo dire, velivoli britannici. Lo stesso Scotto in precedenza ha affermato sui social : «E’ chiaro che Giorgia Meloni utilizza la Flotilla per fare propaganda anziché parlare di salari, di lavoro, di pensioni. Noi dobbiamo riportare al centro il tema dell’umanità e della prevalenza del diritto internazionale. Siamo, ovviamente un pò preoccupati in queste ore, ma sappiamo di avere la vostra forza, la vostra scorta democratica a terra. Vi chiediamo di continuare a mobilitarvi e di bloccare il paese». Un messaggio pericoloso che ricorda gli anni bui dell’Italia.
A rafforzare il quadro politico-mediatico, dall’imbarcazione Alma — parte della missione — è arrivata la dichiarazione dell’attivista svedese Greta Thunberg. «Attualmente mi trovo a bordo della nave Alma, come parte della missione umanitaria pacifica Global Sumud Flotilla per consegnare aiuti alla popolazione civile di Gaza e rompere l’illegale e disumano assedio imposto da Israele. È probabile che questa notte verremo intercettati da Israele, il che costituirebbe una palese violazione del diritto umanitario e marittimo», ha scritto via social Thunberg. «Israele — ha aggiunto — non è immune dal diritto internazionale. Deve essere chiamato a rispondere dei suoi crimini di guerra. Fermate il genocidio, fermate l’occupazione e liberate la Palestina». La sua presenza sulla Alma sposta ulteriormente il caso dall’ambito strettamente operativo a quello simbolico: una figura con enorme risonanza mediatica a bordo complica la gestione dell’episodio sul piano diplomatico.
La risposta israeliana resta ferma: se non ci sarà resistenza, niente arresti, solo trasferimento degli equipaggi su navi militari e successiva espulsione dai porti israeliani. Roma avrebbe già ricevuto rassicurazioni sul rimpatrio immediato degli italiani. Ma le condizioni poste da Gerusalemme — «assenza di resistenza» e «facilità nell’identificazione» — non lasciano margini di ambiguità: agli attivisti è stato chiesto di non gettare in mare telefoni e documenti per evitare problemi durante le operazioni. Intanto, a 150 miglia dalla costa, la Life Support di Emergency segue la vicenda e parla di «atto gravissimo» nel caso di arresti in acque internazionali, invitando i governi a intervenire diplomaticamente per garantire la sicurezza della missione. Per Israele però, la priorità rimane la sicurezza: il blocco navale è considerato a giusta ragione, uno strumento legittimo in un conflitto in cui — sottolineano le autorità — passaggi non autorizzati possono facilitare flussi di armi verso gruppi armati.
Sul piano pratico, le operazioni di intercettazione sono già partite: messaggi via altoparlante, affiancamenti dei natanti militari e pattuglie a distanza. Le autorità israeliane hanno assicurato che, in assenza di resistenza, gli equipaggi saranno trasferiti e poi espulsi senza detenzione prolungata. Ma il rischio di incidenti resta alto: centinaia di persone su decine di imbarcazioni in mare aperto, la tensione che sale e il gioco di comunicazione tra le parti possono trasformare una notte di mare in un incidente diplomatico. E quando la dimensione operativa si spegnerà, se si spegnerà, resterà la coda mediatica: interviste, comparsate televisive e, per i più abili nel marketing della causa, pagine da scrivere e vendere e magari una candidatura alle prossime elezioni. La Flotilla si riconferma così un’operazione sospesa tra idealismo, sfida politica e propaganda — un gesto che Israele interpreta come atto ostile e che, in tempo di guerra, non può che aumentare la polarizzazione attorno alla crisi di Gaza.