Le Marche riconfermano Acquaroli e spezzano i sogni di Ricci e Schlein
Alle 17.34 Matteo Ricci ha gettato la spugna: «Ho appena chiamato Francesco Acquaroli per complimentarmi». A nemmeno tre ore dalla chiusura delle urne (seggi poco frequentati: l’affluenza si è fermata al 50,01%, quasi dieci punti in meno di cinque anni fa), le Marche che dovevano essere l’Ohio d’Italia e spalancare al campo largo una prateria di vittorie si sono trasformate in un «ahia» per il Pd di Elly Schlein (solo a tarda sera ha inviato un ringraziamento al suo candidato sonoramente battuto per poi aggiungere: «Sapevamo che non sarebbe stato facile nelle Marche») e, soprattutto, per Giuseppe Conte che, se saranno confermate le proiezioni, di fatto dimezza i voti (cinque anni fa, Acquaroli aveva vinto con il 49,13% delle preferenze, lasciando 12 punti indietro il centrosinistra mentre gli allora grillini si erano fermati all’8,6%, oggi galleggiano al 5%, ndr).e» a insieme si perde.
Fin dai primissimi exit poll si è capito che il presidente uscente, sostenuto da tutto il centrodestra, sarebbe stato anche rientrante. Si è passati dal 50,8 a 49,1 dei primi exit poll, in poche ore, al risultato reale (scriviamo a circa metà delle sezioni) che dà ad Acquaroli il 52,6% e allo sfidante il 44,2%, con un distacco di otto punti e mezzo, superiore anche agli ultimi sondaggi. Dal Pd ne era circolato uno a poche ore dal voto, ripreso da Alessia Morani in corsa al Consiglio regionale, che indicava Ricci in testa. Swg, la società demoscopica, non solo ha smentito i numeri a lei attribuiti, ma ha minacciato le vie legali per quanto accaduto. Il Pd ha provato di tutto: dalla distribuzione di patatine sulle spiagge al treno per Gaza che, con a bordo Matteo Ricci, si è mosso sulla tratta San Benedetto-Pesaro. L’appello di Ricci («Se vinco, il primo atto sarà riconoscere la Palestina») evidentemente non ha pagato. Dalle urne marchigiane una «rivoluzione» si è comunque compiuta.
Per la prima volta il Pd lascia il primo posto a Fratelli d’Italia. Il partito di Acquaroli ha raccolto il 27% dei consensi più che doppiando gli altri alleati di coalizione. Il Pd si ferma poco sopra al 22%, ma il crollo vero è quello dei 5 stelle che passano dall’8,6% di cinque anni fa al 5%. La vittoria di Acquaroli è stata salutata subito dalla premier Giorgia Meloni: «Ha le elezioni regionali nelle Marche confermandosi presidente. Gli elettori hanno premiato una persona che, in questi anni, ha lavorato senza sosta per la sua Regione e i suoi cittadini. Sono certa che continuerà nel suo impegno con la stessa passione e determinazione. Complimenti Francesco e buon lavoro». Va detto che Acquaroli migliora il risultato di cinque anni fa quando era stato eletto strappando le Marche a una egemonia del centrosinistra che durava da 30 anni con il 49,1 % dei voti.
Un risvolto nazionale la vittoria di Acquaroli – è stato giovanissimo sindaco a Potenza Picena, poi deputato per Fdi, laureato in economia è appassionato di agricoltura e turismo – l’ha avuto. Ad Ancona è arrivata Arianna Meloni come coordinatrice del partito che ha sottolineato, con l’onorevole Galeazzo Bignami, capogruppo alla Camera, la centralità di questo voto: «La vittoria di Acquaroli è la conferma del buon lavoro che è stato fatto sul territorio. Avevamo vinto una prima volta sconfiggendo la sinistra, siamo stati riconfermati come già era successo con Marco Marsilio in Abruzzo, l’altro presidente di Regione di Fratelli d’Italia. È un segno evidente che Fdi ha una classe dirigente che sa governare». Ma dalla conferenza di saluto per la vittoria di Francesco Acquaroli – ha voluto accanto a sé tutti gli esponenti della coalizione – sono uscite due indicazioni: la prima è che, sulle prossime candidature, il centrodestra è pronto a trovare la quadra e che Fdi lavora a una riforma della legge elettorale impostata sull’idea del premierato o, quanto meno, con indicazione del presidente del Consiglio.
Il neo governatore, nel suo ringraziamento agli elettori, ha sottolineato: «Cinque anni fa avevamo prodotto una forte discontinuità e abbiamo affrontato problemi e sfide che erano rimaste irrisolti. Grazie anche a un rapporto positivo con il governo, che ha prestato ascolto alle nostre esigenze, abbiamo iniziato un lavoro che va dalle infrastrutture alla sanità all’economia perché il nostro primo impegno è costruire un futuro per i giovani delle Marche che ora vogliamo portare a termine anche con le molte riforme che abbiamo messo in campo».
Dalle urne marchigiane, detto che il sorpasso di Forza Italia (8,6% contro 7,3%) sulla Lega che cinque anni fa aveva il 22,4% dei consensi non crea alcun terremoto nel centrodestra – semmai, il senatore Guido Castelli (Fdi), commissario straordinario alla ricostruzione, con la sua lista civica che ha preso attorno al 4 % ne ha allargato il perimetro – assai diverso è il clima nel campo largo. Per ore non si è avuta alcuna dichiarazione dal Pd. È stato Matteo Ricci a rompere gli indugi concedendo, a scrutini appena iniziati, la vittoria ad Acquaroli. Nelle sue dichiarazioni è sembrato di cogliere una sorta di rivendicazione. Ha detto che meglio di così non poteva andare, che è stata una campagna elettorale in salita e ha ringraziato i leader del centrosinistra che gli sono stati accanto, compreso Giuseppe Conte. In linea con il Pd ha confermato: senza un’alleanza ampia non si vince. Ma con il campo largo si perde, verrebbe da dire (è la decima sconfitta su 13 sfide elettortali, ndr). Matteo Ricci si è lagnato dell’avviso di garanzia – è accusato di concorso in corruzione dalla Procura di Pesaro – e del linciaggio mediatico a cui è stato sottoposto dai «giornali di centrodestra», ribadendo: «Io non ho fatto nulla». E, però, si è avvertito il suo fastidio e smarrimento di fronte a un Giuseppe Conte che ha voluto le carte dell’inchiesta prima di dire sì al campo largo e di fronte al Pd «latitante» che lo ha abbandonato al suo destino.
Al contrario di Acquaroli che era circondato dagli alleati e dai vertici del suo partito, Matteo Ricci, nell’ora della sconfitta, è rimasto solo. Ah, pare che abbia già prenotato il volo per Strasburgo: torna a fare il parlamentare europeo. Con tanti saluti ai (pochi) marchigiani che l’hanno votato.