Suicidio assistito, il caso Canada che fa paura
«Se l’autonomia nella morte è sacrosanta, c’è qualcuno che non dovrebbe essere aiutato a morire?». La domanda se l’è posta una delle più prestigiose riviste progressiste statunitensi, The Atlantic. Elaina Plott Calabro, firma del magazine, ha indagato sulla situazione del Canada dopo la approvazione nove anni fa della Maid, l’assistenza medica alla morte: il suicidio assistito.
«Questa è la storia di un’ideologia in movimento, di cosa succede quando una nazione sancisce un diritto prima di fare i conti con la totalità della sua logica», ha scritto Calabro nell’incipit del suo lungo articolo.
I casi emblematici
Una vicenda raccontata dalla psichiatra oncologica Madeline Li riguarda un paziente con cancro curabile, con il 65% di probabilità di sopravvivenza, che ha rifiutato le terapie scegliendo la Maid. La dottoressa, pur perplessa, ha dovuto dare il via libera: a norma di legge era tutto regolare.
Un altro caso è quello di Jody Lance, cinquantenne con cefalea a grappolo. Respinto nella richiesta di psilocibina, ha ottenuto invece l’idoneità al suicidio assistito. Una contraddizione: la terapia no, l’eutanasia sì.
Ancora più inquietante la storia di Allison Ducluzeau: malata di cancro, per due volte le è stata proposta la morte assistita. Negli Stati Uniti, invece, ha trovato una cura efficace. Con un intervento da 200 mila dollari (finanziato con crowdfunding) oggi è in remissione e denuncia: «In Canada mancano standard adeguati di cura, soprattutto per il cancro. La Maid rischia di diventare uno strumento per alleggerire la pressione sul sistema sanitario».
Numeri e sistema
Dal 2016 al 2023 in Canada ci sono stati 60.301 casi di assistenza medica alla morte, con 15.343 nel solo 2023: il 4,7% dei decessi totali, in aumento del 15,8% rispetto al 2022.
Secondo Calabro, l’accesso è semplice: i pazienti si rivolgono ai centri Maid, spesso senza un rapporto pregresso con i medici. Se un dottore rifiuta, è facile ottenerne un altro che approva.
I ripensamenti
Perfino intellettuali inizialmente favorevoli hanno cambiato idea. La scrittrice britannica Lionel Shriver, libertaria e sostenitrice del suicidio assistito, oggi si dice inquieta: «Il Canada dovrebbe rappresentare la mia versione perversa del Valhalla. Invece questi protocolli permissivi mi mettono a disagio. Lo Stato deve mantenere un controllo rigido sulle persone a cui fornisce un biglietto di sola andata per il nulla».
Shriver nota come la Maid, introdotta nel 2016 per i malati terminali, abbia rapidamente allargato i criteri: oggi è disponibile anche per gravi malattie e disabilità non necessariamente fatali. «Per i governi, i cittadini sono una seccatura. Continuate ad allentare le restrizioni e non sarà così difficile immaginare lo Stato che si libera dei più deboli invece di occuparsi dei loro problemi».
La grande domanda
Già nel 1907 lo scrittore britannico Robert Hugh Benson descriveva, nel romanzo Il padrone del mondo, una società in cui l’eutanasia era normalizzata. Oggi quella visione sembra meno distopica.
La domanda resta: c’è qualcuno a cui non dovrebbe essere concesso di morire? E non sarebbe meglio offrire più assistenza e ascolto, invece di facilitare la morte?