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Tudor, cosa ha detto il pareggio tra Juventus e Atalanta

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Qualche crepa si era già vista contro Inter e Borussia Dortmund, nascosta dalle rimonte della Juventus modello “fino alla fine”. Poi la battuta d’arresto a Verona e una settimana trascorsa a discutere degli strafalcioni arbitrali perdendo di vista, forse, che al netto degli errori della coppia Rapuano-Aureliano, in campo la squadra di Tudor non era stata all’altezza. I segnali, insomma, c’erano e non deve sorprendere che con l’Atalanta il copione si sia ripetuto.

Un altro mezzo passo falso venuto nel modo più strano possibile, con una grande partenza senza fortuna e senza precisione e, poi, con un progressivo smarrimento dei riferimenti tattici. Non è bastato per vincere il talento fresco di Yildiz e Adzic, schierati insieme dall’inizio per innescare Openda. E non è stato sufficiente nemmeno giocare le altre carte offensive a disposizione in panchina. Anzi, il paradosso è che la Juventus migliore si è vista all’inizio e l’Atalanta che aveva sofferto non poco le sfuriate bianconere, trovandosi in vantaggio quasi per caso, ha tenuto senza grossi problemi fino all’errore che ha regalato il pari.

Una situazione su cui riflettere, quella di Tudor, perché spiegabile solo elencando pregi e difetti di una squadra che non ha ancora un’identità precisa. Fin qui si era salvata spremendo al massimo i colpi dei suoi talenti e affidandosi al carattere di chi non vuole perdere; non poteva andare avanti a oltranza e, infatti, la striscia positiva si è interrotta. La sensazione è che la Juventus sia impermeabile se gioca di ripartenza, stringendosi al suo leader difensivo Bremer, mentre diventi perforabile e fragile quando dispiega le ali. Solo che è costruita per avere il meglio dall’attacco, per quantità e qualità, ed è impossibile immaginare che sacrifichi il suo talento al pragmatismo risultatista.

Tra le pieghe del momento juventino ci sono altre due annotazioni su cui Tudor farà bene a riflettere. La prima è una certa confusione e prevedibilità quando la squadra attacca, spesso limitandosi a dare la palla a Yildiz o alla fantasia dell’esterno di turno, aspettando che si creino superiorità numerica e occasione di fare male. E poi c’è Jonathan David che non è un caso, ma ha messo insieme la terza panchina di fila in campionato. Prima Vlahovic, ora Openda: Tudor sembra per il momento preferirgli altro al centro dell’attacco.