Festival del cinema di Venezia, Sofia Coppola e Marc Jacobs insieme per il documentario dedicato allo stilista
Debutta a Venezia Marc by Sofia, il documentario diretto da Sofia Coppola che offre uno sguardo personale su Marc Jacobs. Già il titolo gioca su un doppio livello: richiama la linea giovane Marc by Marc Jacobs, lanciata nei primi Duemila, ma allo stesso tempo segna un’affermazione autoriale. Non un film “su” Jacobs, dunque, ma il suo ritratto filtrato attraverso lo sguardo della regista. Novantasette minuti prodotti da Important Flowers e This Machine, distribuiti da A24, che raccontano non soltanto una carriera ma anche un legame creativo e affettivo.
Una biografia sentimentale
Coppola ha raccontato a Variety di aver voluto costruire «un ritratto impressionistico, che potesse vagare tra ispirazioni e riferimenti, come un collage», sottolineando la libertà narrativa del progetto.
Marc by Sofia sembra infatti privilegiare backstage e materiali personali rispetto alle interviste frontali. New York emerge come personaggio parallelo, attraversata dal fermento dei primi anni Novanta fino alla scena attuale, con rimandi all’esperienza Vuitton e alle collaborazioni artistiche. Non manca uno sguardo sulla generazione Heaven, il progetto lanciato da Jacobs nel 2020 che fonde subculture, celebrity e memorabilia in un nuovo culto della moda. Coppola ha ammesso di aver accettato la regia con esitazione: «Ho pensato che non potevo farlo, perché Marc è mio amico, avrei dovuto fare un lavoro all’altezza. Ma continuavo a pensare a quanto sarebbe stato divertente seguirlo durante una collezione, e condividere con i più giovani tutte le sue ispirazioni».
Jacobs, dal canto suo, ha sottolineato la naturalezza del loro dialogo: «Quando ho incontrato Sofia era chiaro che condividevamo gli stessi amori — artisti, musicisti, momenti di moda e fotografia. È uno dei motivi per cui ci siamo legati». Una complicità che emerge anche nei dettagli: entrambi, ad esempio, pensano a Il laureato quando vedono un cappotto leopardato, un codice estetico che diventa linguaggio comune e tessuto narrativo per il film.
Marc Jacobs, icona americana
La carriera di Jacobs ha già i tratti di un romanzo: dal grunge di Perry Ellis nel 1992, che gli costò il posto ma lo consegnò alla storia, ai sedici anni da direttore artistico di Louis Vuitton, durante i quali trasformò la maison in una piattaforma culturale, collaborando con Murakami, Sprouse e Kusama. Oggi continua a reinventarsi, tra sfilate-spettacolo e il laboratorio Heaven, dove archivio e streetwear si intrecciano. «Mi sento sempre vulnerabile quando mostro un lavoro» ha confidato lo stilista a Variety, «ma con Sofia mi sono sentito a mio agio ad aprirmi completamente».
Lo sguardo di Coppola
Una narrazione sospesa dal ritmo rarefatto, immagini che sembrano pagine di un diario visivo. Non una cronologia lineare, ma un percorso tra memoria e sentimenti. «Volevo che fosse personale, mai invadente o indiscreto, ma che condividesse quello che so di Marc» ha spiegato la regista. Più che un documentario sulla moda, Marc by Sofia si configura come il ritratto di un’amicizia creativa, di una complicità estetica che attraversa decenni. Se Marc Jacobs & Louis Vuitton di Loïc Prigent raccontava l’epopea di uno stilista al cuore del lusso globale, Marc by Sofia appare come il suo contrappunto intimo: meno industria, più affetto. Un film che mostra come la moda, quando diventa legame e cultura condivisa, possa trasformarsi in cinema.
Il red carpet al Festival del cinema di Venezia
Se il documentario promette di svelare il lato privato dello stilista, il red carpet veneziano ha ribadito la sua capacità di fare di ogni apparizione una dichiarazione estetica. Marc Jacobs è arrivato con un blazer dal taglio impeccabile, sabotato con ironia da pantaloni in pelle morbida e ballerine nere, gesto consapevole contro la tirannia dello stiletto. Ma i dettagli più memorabili erano altrove: un fiocco nei capelli che oscillava tra infanzia e kitsch, e unghie extra-long dipinte con minuziosa precisione, capaci di rubare la scena a molti abiti da tappeto rosso. Un look che sintetizza la sua filosofia: l’eleganza è interessante solo quando sa ridere di sé.