Ambientalista ma scettico
Antonio Galdo è un collega la cui firma non è certo sconosciuta ai lettori di Panorama. Per circa vent'anni ha scritto per il nostro settimanale, per poi dedicarsi a inchieste in tv, trovando il tempo di dirigere un paio di giornali e anche di scrivere alcuni libri.
Negli ultimi anni la sua attenzione si e pero concentrata sullo sviluppo sostenibile, al punto da aver fondato un sito che si chiama Nonsprecare.it, dove si parla di stili di vita compatibili con il pianeta e con la necessità di non inquinarlo. Se oggi scrivo di lui è perché una settimana fa mi è arrivata una mail in cui Antonio mi annunciava l'uscita di un suo nuovo libro, dal titolo Il mito infranto: come la falsa sostenibilità ha reso il mondo più ingiusto. Ma come, mi sono chiesto, Antonio si è pentito? In realtà no, nessun ravvedimento. E però Galdo si è reso conto che dietro la cosiddetta transizione energetica verso un futuro ambientalmente compatibile, ci sono tanti imbrogli e non tutto ciò che viene presentato come rispettoso della natura poi lo è davvero.
Mi hanno colpito le prime pagine della sua ultima fatica, dove racconta dello spazzolino da denti. A differenza della maggioranza dei comuni mortali, lui non ne usa uno di plastica, preferendo quelli con il manico di bambù. Ma poi, orgoglioso di non contribuire all'inquinamento con un prodotto che non è riciclabile e dunque poco sostenibile, si rende conto che le setole sono uguali sia che si usi lo spazzolino in plastica sia che il manico sia di legno. E poi scopre che il bambù, bagnandosi rischia di diventare un ricettacolo di muffe e batteri. Insomma, la soluzione cosi bella e sostenibile alla prova dei fatti lo è molto meno. A Galdo ho chiesto di mettere in fila i suoi dubbi sulla transizione ecologica e su quella che ormai sembra un'ideologia che non ammette obiezioni, un dogma a cui cedere senza discussioni. Ne è cosi nata l'inchiesta che trovate nelle pagine interne, cui da parte mia aggiungo solo qualche riflessione.
Credo che questo giornale sia stato tra i primi a scrivere senza imbarazzi del difficile passaggio dalle auto a propulsione termica a quelle a batteria. Le perplessità non erano dovute alla nostalgia per il rombo del motore. No, le vetture elettriche ci affascinano, perché non fanno rumore e hanno prestazioni che spesso superano quelle delle quattro ruote tradizionali. Ma poi arrivano i problemi pratici, primo fra tutti il costo di questi nuovi modelli, che al momento non li rende alla portata di tutti. E non c'è solo la questione del prezzo, ma anche quella della praticità. Un'auto a benzina o diesel (ma anche a gas o Gpl) la rifornisci facilmente, perché l'Italia è disseminata di stazioni di servizio e in pochi minuti si può fare il pieno. La vettura a pile invece non si ricarica nel tempo in cui si può fumare una sigaretta o bere un caffè. Ci vuole molto di più, e chi lavora e della macchina ha bisogno per ragioni di servizio, non può certo attendere mezz'ora e anche oltre.
E poi, sempre per parlare di aspetti pratici, il numero di colonnine per fare «il pieno» di energia continua a essere scarso, senza contare che per alimentare le migliaia di punti di ricarica necessari a rendere competitiva l'auto a pila serve un'infrastruttura che al momento non esiste. Dettagli? Può darsi, ma il prezzo, l'autonomia, la rapidità della ricarica e la disponibilità delle colonnine fanno sì che la mobilità elettrica per adesso sia un'idea fantastica ma soltanto per persone che se la possono permettere. E non apro il capitolo della compatibilità ambientale, ovvero di come sia prodotta l'energia che, grazie a un cavo, immettiamo nel «serbatoio» della vettura a batteria. E nemmeno mi metto a discutere di quanto inquinamento sia generato per estrarre il materiale necessario a fabbricare le pile o quanto costi e come si debba fare lo smaltimento del pacco energetico che consente alle quattro ruote di muoversi senza fare uso di benzina o di gasolio o di qualsiasi altro combustibile. Galdo però non parla solo di macchine elettriche. ma anche di molto altro, smascherando alcuni luoghi comuni. Il che non vuol dire che all'improvviso si sia convertito all'inquinamento. Tutt'altro. Continua a essere un ambientalista convinto e un acceso critico di una società che consuma e spreca troppo. Però ora lo si può definire un ambientalista scettico.