EU Compass: l’Europa riconosce di aver perso la bussola, speriamo riesca a cambiare direzione
La Commissione Europea ha pubblicato il documento strategico “A Competitive Compass for the EU”, letteralmente “Una bussola per la competitività dell’Europa”.
Il titolo scelto è sicuramente azzeccato: l’Europa, in termini di competitività, si è decisamente persa negli ultimi anni.
La produzione manifatturiera in Europa ha continuato a essere debole nel 2024. La fase negativa iniziata tra il 2022 e il 2023 dura ormai da più di due anni e siamo scesi al di sotto dei livelli pre-COVID.
Rispetto al 2019, nei primi undici mesi del 2024 la produzione industriale è stata inferiore dell’11,6% in Germania, del 5,8% in Francia, del 5,3% in Italia e dell’1,4% in Spagna.
In Germania, dove il settore automobilistico ha sofferto la concorrenza cinese e le scelte sbagliate delle istituzioni europee, e dove l'industria chimica ha risentito pesantemente dell'aumento dei costi energetici, il calo assume proporzioni quasi epocali.
Per fronteggiare questa grave situazione, di cui finalmente sembra essersi resa conto, la Commissione Europea delinea una nuova e complessa strategia. La sua “stella polare” sarebbe nientemeno che il rinnovamento della forza competitiva dell’Europa. Una forza che evidentemente riconosce abbiamo perso.
Per Ursula von der Leyen, i “punti cardinali” di questa trasformazione sono:
1.chiudere il divario nell’innovazione;
2.coniugare decarbonizzazione e competitività;
3.ridurre le nostre dipendenze e aumentare la sicurezza.
A questi imperativi si affiancano azioni trasversali “abilitanti”:
a) semplificare l’ambiente normativo, riducendo gli oneri burocratici e favorendo rapidità e flessibilità;
b) creare un mercato unico effettivo, riducendo le barriere;
c) integrare i mercati dei capitali e riorientare il bilancio europeo;
d) promuovere lo sviluppo di nuove competenze e di lavori di qualità, garantendo l’equità sociale;
e) coordinare meglio le politiche europee con quelle nazionali.
A dispetto dei proclami di semplificazione, l’agenda risulta in sé piuttosto complessa. La Commissione riconosce che il cambiamento deve partire, non solo dai contenuti, anche da una revisione dei propri comportamenti.
Si promette dunque che ogni Commissario terrà dialoghi periodici con le parti interessate sull'attuazione delle misure, almeno due volte all'anno, ascoltando le preoccupazioni delle imprese e individuando opportunità per la semplificazione e la riduzione degli oneri burocratici.
Inoltre, i servizi della Commissione dovranno effettuare dei “reality check” con le parti coinvolte.
Tutti gli sforzi di semplificazione dovranno essere guidati dalla “comprensione del funzionamento pratico delle catene produttive” e da un sistema normativo basato su “fiducia e incentivi”, piuttosto che sul “controllo dettagliato”.
Se non si tratta di un’ammissione di colpevolezza, ci siamo molto vicini.
Anche secondo la stessa Commissione, negli ultimi anni l’Europa avrebbe forse fatto non adeguati controlli di realtà sulle proprie misure, ascoltato poco le parti interessate e adottato un approccio intriso di sfiducia nei confronti dei propri cittadini, giudicati non in grado di scegliere da soli, e delle proprie imprese, ritenute forse interessate solamente a sfruttare i propri clienti e l’ambiente, e quindi da sottoporre necessariamente ad azioni di “controllo dettagliato”.
Certamente un cambio di direzione auspicato e auspicabile, con il quale la Commissione sembra ammettere abbastanza apertamente di aver perso, negli ultimi anni, il contatto con la realtà del sistema produttivo europeo.
Per quanto tutto ciò sia desiderabile, viene però naturale chiedersi quanto sia effettivamente credibile che le stesse persone che fino a ieri hanno improntato la loro azione al dirigismo, diventino oggi improvvisamente apostoli della semplificazione e della fiducia nel mercato.
E infatti, nella stessa strategia, la Commissione annuncia ben 38 provvedimenti “principali” che, a ritmi serrati, saranno emanati nei prossimi mesi e anni.
Speriamo quindi che la spinta alla semplificazione non si traduca in un’ennesima ondata di burocrazia. Non sarebbe la prima volta. I vizi sono duri a morire.TUTTE LE NEWS DI ECONOMIA