ru24.pro
Panorama
Февраль
2025
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21
22
23
24
25
26
27
28

La dolce vita, il capolavoro di Fellini su decadenza e sogno sempre attuale

0

Sognante, sconsiderato e disperato, La dolce vita è il capolavoro per eccellenza di Federico Fellini. Riflesso di una società ossessionata dalla celebrità e dalla frivolezza, è attuale oggi quasi più di ieri.

Al cinema Fiamma di Roma, nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 1960, 65 anni fa, ci fu l'anteprima a inviti del film, poi una nuova premiere il 5 febbraio al Capitol di Milano, prima di essere distribuito in sala. Epopea romana tra decadenza e gioia di vivere, affidata a un affascinante Marcello Mastroianni, è ricca di brillantini dai riverberi di oscurità.

Da dove deriva il titolo La dolce vita

Oggi «dolce vita» è diventata espressione comune evocativa di piaceri e goduriose concessioni. Ma non è stato Fellini a coniarla. Il merito spetta al giornalista e commediografo veneto Arnaldo Fraccaroli, che negli anni '20 e '30 fu inviato del Corriere della sera in vari parti del mondo, a Hollywood e a New York, in Estremo Oriente e in Sud America.

Dallo stile garbato e ironico, nel 1912 come autore di teatro chiamò una sua commedia La dolce vita, titolo che Fellini quasi mezzo secolo dopo prese in prestito per il suo film, in pieno boom economico, sulla scia del Dopoguerra.
Fraccaroli morì nel 1956, salutato commossamente da Dino Buzzati e Indro Montanelli. Non ebbe tempo di scoprire il successo che avrebbe avuto il termine forgiato.

Una produzione travagliata

La produzione de La dolce vita ebbe una genesi tribolata. Era il 1958 quando Fellini iniziò a delineare il progetto, sotto l’egida del produttore Dino De Laurentiis. Il boom economico era nel vivo, il cinema italiano viveva la sua epoca d’oro, e il regista romagnolo voleva raccontare quell’effervescenza affascinante ed effimera.

Complice il budget esoso e contrasti di produzione, però, De Laurentiis si chiamò fuori: avrebbe voluto come attore protagonista un volto di richiamo internazionale come Paul Newman, ma Fellini era risoluto e non accettava alternative, voleva solo Marcello Mastroianni.

La fase di stallo si risolse con l’entrata in gioco come produttori di Giuseppe Amato e Angelo Rizzoli, pur con ennesimi contrasti di vedute. Alla fine La dolce vita costò 800 milioni di lire e circa 92.000 metri di pellicola, poi ridotti a 5.000.

Ma fu un successo che ripagò ogni fatica. Fu il maggior incasso della stagione cinematografica 1959-1960, con 2.271.000.000 di lire. Palma d’oro al Festival di Cannes, vinse l’Oscar per i migliori costumi a Piero Gherardi. Nonostante Fellini avesse già raccolto nomination agli Oscar, per La strada e I vitelloni, fu La dolce vita il film a dargli visibilità e prestigio internazionali.

La dolce vita, un film diventato icona

Al Festival di Cannes, eppure, La dolce vita non fu accolto bene dal pubblico. Ciò non scoraggiò il presidente di giuria, lo scrittore George Simenon, dal premiarlo come migliore film. L’annuncio della vittoria fu addirittura accompagnata da fischi.

Il film è un viaggio tra le seduzioni e le illusioni di Roma, in sette giorni e sette notti. L'inquieto reporter Marcello Rubini (Mastroianni), in uno sviluppo narrativo non lineare con episodi non evidentemente connessi, vaga per la città, tra avventure sentimentali. Aspirante scrittore, articolista per un giornale scandalistico, è alla ricerca di divi e pettegolezzi a Roma, per i locali di via Veneto. Nel frattempo corteggia un'ereditiera (Anouk Aimée) e una stella del cinema (Anita Ekberg), oppure lotta per salvare la sua fidanzata (Yvonne Furneaux) dal suicidio. Vive con spirito spensierato, lasciandosi andare ogni tanto a pacate riflessioni.

In un bianco e nero raffinato, l’edonismo e la frivolezza sono descritti con sguardo rivoluzionario, ironico e grottesco. Iconica la scena del bagno nella Fontana di Trevi. Il film coniò anche il termine «paparazzi».
Tutto racconta la contraddizione di un’Italia dal passato umile, in profonda trasformazione, attratta da un modello capitalistico verso il Sogno americano.

Martin Scorsese dixit: «Nella mia mente i film si dividono tra quelli fatti prima de La dolce vita e quelli dopo. La dolce vita ha rotto l'unità delle regole della narrazione grazie alla sua audacia. Ha cambiato la storia».