Il coraggio di certa Chiesa che «denuncia» i preti pedofili
La Diocesi di Bolzano-Bressanone ha fatto di tutto per cercare i nomi e i casi di chi ha approfittato dell’abito talare per molestare. Iniziativa lodevole, ma isolata dal silenzio di questo Vaticano.
Sugli abusi sessuali da parte dei sacerdoti e sulla questione dei gay all’interno della Chiesa regna un grande caos. Secondo un rapporto di quella dell’Alto Adige, più precisamente nella Diocesi di Bolzano-Bressanone, è stata commissionata una ricerca dal titolo Il coraggio di guardare, voluta dal vescovo Ivo Muser, che analizza la condotta dei sacerdoti a partire dall’anno 1964 fino al 2023. Sono stati accertati 67 casi di abusi di preti nei confronti di fedeli; l’età media dei sacerdoti è risultata, al momento dei crimini, tra i 28 e i 35 anni, mentre le vittime tra gli 8 e i 14 anni con una prevalenza delle bambine di poco più del 50 per cento.
Si tratta di sacerdoti che allungavano le mani, che si facevano toccare nelle parti intime e, come riporta Il Messaggero, offrivano passaggi in auto fino a sfociare in rapporti veri e propri. Come reagivano le autorità della Chiesa di fronte a questi comportamenti di preti molestatori? La maggior parte delle volte con l’insabbiamento e con la minimizzazione piuttosto che cercare di ristabilire la giustizia e procedere con la condanna ferma e la rimozione di questi preti indegni del loro ruolo. Ha fatto bene il vescovo Muser a squarciare il velo di omertà: «Perché noi vogliamo che la Chiesa sia un luogo davvero sicuro, soprattutto per i bambini, i giovani e le personalità vulnerabili. Ogni caso è sempre uno di troppo».
Purtroppo, e la questione è nota a chiunque non voglia non vederla, spesso, anche oggi, nella Chiesa, di fronte a informazioni su abusi che arrivano ai vescovi, molti preti vengono spostati da una parrocchia a un’altra, passati ad altri incarichi, insomma, casi silenziati e non presi sul serio. Anni fa, in un documento fondamentale di Papa Benedetto XVI, il teologo Joseph Ratzinger pretese che vi fosse scritto, come indicazione vincolante e per tutti i pastori nella Chiesa, quella di denunciare all’autorità giudiziaria civile, ancor prima di quella ecclesiastica, ogni notizia di abuso di tipo sessuale compiuto dai pastori della Chiesa stessa. Sarebbe stato, se applicato, un passo in avanti enorme nella necessaria bonifica che l’istituzione vaticana deve fare nei confronti di questi delinquenti in abito talare. Purtroppo, a questa indicazione non è seguito un comportamento conseguente e oggi ci ritroviamo con la notizia di un vescovo che, in Sicilia, va a processo, per fortuna, per aver coperto gli abusi della sua diocesi, e la cosa che più colpisce è che questo delinquente aveva anche offerto 25 mila euro al ragazzo abusato perché tacesse.
Quante donne, ma soprattutto quanti ragazzi o ragazze, di fronte a quello che ritengono un «padre», un punto di riferimento certo, un qualcuno che dovrebbe essere espressione del bene, della bellezza della vita, del senso della vita, all’inizio non capiscono, realizzano tardi quello che questo porco sta facendo e, magari, tardano a denunciare per vergogna, talora per incredulità di fronte a tanto e poi lo fanno più tardi quando le ferite, che non sono rimarginate, si riaprono e rievocano antichi dolori. Non basta quello che la Chiesa sta facendo, quello in cui si è impegnato Muser dovrebbero farlo tutti. In una Chiesa che vede svuotarsi i seminari, fatti di questo tipo contribuiscono a svuotarli sempre di più e allora si tende ad accogliere anche persone dalla personalità dubbia. Per carità, non possiamo certo affermare l’identità tra un gay e un pedofilo; il primo è uno che ha scelto un orientamento sessuale, il secondo è un malato (in alcuni casi), per la maggior parte è un delinquente, capace di intendere e di volere, che sfrutta la sua posizione di potere spirituale per compiere le proprie porcate.
Troppi sono ancora i casi che emergono e troppi sono quelli che si sanno ma che non vengono denunciati per vergogna, per paura, ma soprattutto perché il dolore prevale sul coraggio di parlare. È difficile oggi per un fedele semplice, di fede pura, capire tutte queste cose che sono successe e succedono nella Chiesa. In questo caso il modo di dire: «Fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce» è quanto mai vero perché quell’albero che cade è una persona e quella persona, come sosteneva San Tommaso d’Aquino, è quanto di più perfetto in tutta la natura.