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Truffe: attenti a quelle badanti

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E' un fenomeno che si sta diffondendo in modo allarmante. La metodologia è sempre la stessa. Approfittano dello stato di necessità dell’anziano, della sua solitudine, spesso della salute malferma, ne conquistano la fiducia e poi lo spogliano dei beni. I casi che arrivano in tribunale, e poi sulle cronache cittadine, sono solo la punta dell’iceberg. Talvolta gli eredi, se non si tratta di grandi cifre, non impugnano nemmeno il testamento, consapevoli che l’iter giudiziario risulta complicato, lungo e costoso e talvolta è difficile dimostrare l’incapacità di intendere e volere del parente. «Provare che un testamento è falso o che è stato redatto in conseguenza di coercizione, di dolo, di captazione o di violenza è complicato e ancora più arduo è dimostrare che il testatore, al momento della redazione, si trovava in stato di incapacità» afferma a Panorama l’avvocato Giovanni Gallizia di Vergano che con la collega Michaela Pradella, entrambi del Foro di Milano, ha assistito la legittima erede dell’ingente patrimonio di un’anziana signora che da tempo aveva deciso di destinare i propri beni, anche a fini benefici, con un testamento depositato presso un notaio e che all’improvviso e inspiegabilmente ha modificato le sue volontà, disponendo a favore del figlio della propria badante.

Un caso che per la sua complessità e per le decisioni del Tribunale e della Corte d’Appello di Milano è destinato a fare giurisprudenza, ovvero a rappresentare un precedente e un deterrente per scongiurare situazioni analoghe. Ma i raggiri di anziani da parte di chi se ne prende cura sono talmente frequenti che quasi non fanno più notizia. Gli strumenti giuridici per difendersi esistono, ma impugnare un testamento perché è stato redatto in stato di incapacità, significa dimostrare tale condizione a posteriori, ovvero dopo la morte dell’assistito; il percorso è accidentato, lungo e costoso. Come sottolinea Gallizia di Vergano «chi agisce deve dare la prova che a cagione di un’infermità transitoria o permanente, o di altra causa perturbatrice, il soggetto fosse privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti, ovvero della capacità di autodeterminarsi». Ma veniamo al fatto concreto. Siamo a Milano. Con uno scritto di un paio di righe, sgrammaticate, datato 17 marzo 2017, una signora di 88 anni lascia tutti i suoi beni al figlio della badante che l’aveva assistita per qualche mese: «e ai fini dei miei giorni lascio tutto a lui ….. per averti preso cura di me e delle mie cose». Il giovane, subito dopo la morte della donna, il 7 aprile 2018 si presenta da un notaio, reclamando la cospicua eredità, costituita da denaro, titoli e appartamenti, di cui uno prestigioso in Milano, via della Moscova. Ben due precedenti testamenti destinavano invece quell’immobile alla Casa della Carità, un ente benefico al quale la defunta aveva fatto, in vita, numerose donazioni, in ricordo della propria figlia, morta in giovane età. L’erede legittima, tramite i suoi legali, impugna il testamento nel 2018 seguita dalla Casa della Carità, con gli avvocati Niccolò Nisivoccia, Veronica Cascavilla e Andrea Colnaghi.

Il Tribunale di Milano con sentenza del 26 luglio 2022 accoglie l’impugnazione annullando le disposizioni per essere state redatte in stato di incapacità naturale. Il figlio della badante fa ricorso in Appello, ma la Corte conferma quanto deciso in primo grado del Tribunale, stabilendo che l’eredità andrà alla nipote e l’appartamento all’associazione caritatevole. Si tratta di una pronuncia importante, nell’ambito del diritto successorio. «I giudici di primo grado e i componenti del collegio della Corte d’Appello di Milano hanno deciso sulla base di un’approfondita valutazione del contenuto del testamento impugnato, ritenuto sgrammaticato, illogico, privo di punteggiatura e in totale contrasto con le precedenti disposizioni testamentarie che risultavano in italiano fluente, ben articolate e strutturate» spiega l’avvocato Gallizia di Vergano. «La Corte d’Appello ha sottolineato che la defunta era una persona colta e non avrebbe potuto redigere consapevolmente un testamento pieno di errori e soprattutto mai avrebbe modificato la propria volontà di beneficiare la Casa della Carità in ricordo della propria figlia». Il legale sottolinea che «la maggior parte delle impugnazioni riguardano i testamenti olografi cioè quelli scritti di proprio pugno, datati e sottoscritti, che non soggiacciono al vaglio di un professionista, tenuto a valutare le condizioni di chi intende disporre delle proprie ultime volontà. In ipotesi di testamento olografo queste vicende si verificano con maggiore frequenza e come detto le difficoltà nell’impugnazione consistono nel dover dimostrare la circonvenzione, il dolo, la captazione, la violenza, l’errore. A volte la prova risulta quasi diabolica». Ma per aggiudicarsi un testamento spesso si usa anche il gioco della seduzione. Uomini avanti con gli anni vengono facilmente circuiti da donne con pochi scrupoli che li assistono. Un caso recente è quello che ha visto impegnati i finanzieri del comando provinciale di Palermo. Una badante si sarebbe impossessata dei beni milionari di un ricco imprenditore italo-americano, dopo averlo plagiato, cercando poi di trasferirli all’estero.

I finanzieri hanno confiscato l’ammontare di due milioni e 150 mila euro, su disposizione della Corte d’Appello di Palermo, a seguito della condanna definitiva di una donna accusata di autoriciclaggio e prosciolta, per intervenuta prescrizione, dalla sola accusa di circonvenzione di incapace. Le indagini sono scattate tra il 2015 e il 2018. La donna era stata assunta come badante dall’uomo di origine siciliana, titolare di un’importante catena di lavanderie negli Stati Uniti, rientrato in Italia insieme al figlio, affetto da una grave patologia. Lo stesso imprenditore aveva incaricato la donna, con il proprio testamento, di occuparsene per tutta la vita. In cambio, le aveva lasciato in eredità 31 beni tra terreni e appartamenti, disseminati nell’entroterra palermitano, per alcuni dei quali era stato però concesso l’usufrutto al figlio, finché in vita. A quest’ultimo, inoltre, erano state lasciate in eredità anche rilevanti polizze per un valore di oltre due milioni di euro. Alla morte dell’imprenditore nel 2014, il perito del Tribunale, incaricato di valutare la capacità del figlio, aveva presentato alcune denunce, dicendo che il giovane aveva problemi a esprimersi correttamente, ad attribuire valore al denaro e ai beni in suo possesso e che manifestava un’attrazione affettiva nei confronti della badante, verso la quale era in stato di sudditanza. La donna, capito che era indagata, avrebbe istruito il ragazzo con l’intento di far apparire le sue donazioni frutto di scelte coscienti e volontarie. Le indagini e le intercettazioni hanno dimostrato come la badante, alla morte del padre, si sarebbe fatta intestare dal giovane le polizze assicurative sui propri conti correnti. Poi avrebbe creato una società in Ungheria per nasconderne la provenienza. Da lì, sono stati compiuti ulteriori trasferimenti verso Paesi extracomunitari, per far perdere le tracce dei beni. Frequenti anche i casi di autentiche falsificazioni del testamento. Una truffa da 1,8 milioni di euro è stata scoperta dalla Guardia di finanza di Fermo «architettata dall’amministratore di sostegno nei confronti della persona assistita, consistente nella falsificazione di due testamenti olografi, al fine di procurarsi un illecito vantaggio economico a danno dei legittimi eredi del defunto» spiega il Comando provinciale. Tutto è partito dalla denuncia dell’erede legittimo. I finanzieri hanno quindi verificato tutte le carte, utilizzando perizie grafologiche-calligrafiche. Il defunto aveva lasciato due testamenti. Nel primo destinava le sue risorse al cugino che da tempo era diventato anche il suo badante e nel secondo, i proventi della polizza a vita andavano alla moglie dello stesso cugino. Due carte che avevano modificato le precedenti volontà. Le perizie calligrafiche avrebbero dimostrato che però i testamenti erano stati scritti dallo stesso amministratore di sostegno. Questo marchingegno aveva fruttato all’uomo ben 1,8 milioni di euro. Ma i familiari hanno impugnato il testamento permettendo alla Finanza di scoprire una serie di flussi di denaro. L’uomo è stato denunciato per falsità. Forse famiglie più unite e meno indifferenti agli anziani potrebbero evitare simili manipolazioni dei testamenti, ma soprattutto evitare la solitudine di chi è avanti negli anni. Gli inganni cominciano da qui.