Per il terzo anno la “bolla” del mainstream deve arrendersi: il metodo Meloni è (l’unica) solida realtà
«Come mai il governo Meloni, al terzo giro di boa, non crolla né alle elezioni né nelle rilevazioni?». La domanda dell’anno che si chiude è stata questa? No. È quella che rimbalza però – come un mantra – nelle redazioni, fra gli addetti ai lavori e gli analisti. Decisamente di meno si è registrata fra i cittadini, nei mercati, nei bar. Il motivo è chiaro: la “bolla” del circo, ops, del circuito politico-mediatico è ormai una echo chamber. Una bolla autoreferenziale, appunto. Sul Secolo d’Italia, anche in questo 2025, abbiamo risposto puntualmente a questa domanda: raccontando “in chiaro” l’azione di governo. Facendo parlare i fatti. E da questi partiamo, per dovere e con piacere, anche all’incrocio con il 2026. «Come mai», dunque, il governo Meloni e i partiti che lo compongono non solo non crollano, secondo l’elettorato, ma addirittura crescono?
A confermarlo è stato anche l’ultimo sondaggio di Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera per il quale – nonostante un terzo anno a Palazzo Chigi tutt’altro che facile data la congiuntura internazionale – «la fiducia nell’esecutivo si conferma». Anzi, avanza di un punto rispetto al 2024. Così come crescono il consenso nei confronti di Giorgia Meloni e quello di Fratelli d’Italia (mentre il Pd perde due punti). Una situazione unica nell’intero contesto occidentale: a sinistra (con la crisi di Sanchez e di Starmer), al centro (con il disastro di Macron), ma anche a destra. Basti pensare che alle difficoltà che registra oltreoceano Donald Trump ad un anno dal suo trionfale ritorno alla Casa Bianca.
Come mai, allora, questa eccezionalità italiana? A cosa si deve un traguardo che viene riconosciuto più (facilmente) dalla stampa estera che da quella nostrana? La risposta, a nostro avviso, sta nel metodo elaborato da Meloni e dai suoi: un composto di realismo e applicazione, visione e valori non negoziabili. Le crisi internazionali sono state il palcoscenico principale per saggiare questo paradigma. Prendiamo l’Ucraina: la cui sovranità – per la premier italiana – è stata, è e sarà un valore non negoziabile. All’interno di una visione precisa: la difesa della libertà dei popoli d’Occidente contro la legge del più forte. Lo ha ribadito, senza alcun problema, anche a Trump. E come si tutelano visione e valori? Accettando il principio di realtà e la capacità di applicarlo “qui ed ora”.
Il risultato? Gli eurobond e l’intera strategia per sostenere Kiev. Una vittoria politica dell’europeismo “realista” di Meloni nei confronti della Germania e dei “falchi” del Nord la cui impuntatura sull’utilizzo degli asset russi congelati avrebbe potuto mettere a repentaglio non solo il diritto internazionale, con enormi costi economici per i governi, ma anche – e soprattutto – il delicato momento di chi sta lavorando al piano di pace. Solidarietà comunitaria europea giunta dopo che l’Ucraina aveva già ottenuto nel piano di pace Donald Trump, proprio dietro ispirazione italiana, l’impegno all’attivazione di un meccanismo di garanzia e sicurezza simile all’articolo 5 “mutuato” dalla Nato in caso di nuovo attacco russo. Un obiettivo figlio della realpolitik “con l’anima” di chi, come la premier italiana, ha predicato la necessità di tenere saldo l’asse euroatlantico: l’esatto contrario del velleitarismo anti-trumpiano dei Volenterosi della prima ora.
Lo stesso “metodo” guida l’azione dell’esecutivo in politica interna, con i parametri vitali della Nazione (conti pubblici, spread, occupazione, salari) che continuano a rispondere positivamente. La lunga crisi, la coda di trent’anni di vincolo esterno e di politiche anti-nazionali, inizia dunque a vedere uno sbocco: proprio perché tutti oggi – interlocutori economici, politici e istituzionali – hanno chiaro qual è la visione del decisore pubblico. Non la ricerca del miracolismo di governo (del tipo «Abbiamo abolito la povertà…») ma la fiducia del governo nel miracolo italiano. Nella capacità della società, se messa nelle condizioni, di generare sviluppo, progresso, ricchezza. Questo è sintomo di una fiducia totale, da parte di chi governa, nelle capacità di rigenerazione del sistema-Italia: l’esatto opposto dei tentativi di ingegneria sociale che hanno determinato il rischio della desertificazione industriale nazionale a vantaggio dei competitor stranieri.
Basta conoscerla davvero, l’Italia, per rispondere poi a un altro «come mai?»: riferito alla manovra appena approvata. Una legge di Bilancio rigorosa e non rigorista rispetto alla quale le “sirene” delle opposizioni – che invocano rivolte sociali, sprechi improduttivi, spargendo balle clamorose sul taglio delle tasse – non hanno potuto nulla. Come mai? Gli italiani, sempre più maturi di come vengono rappresentati, hanno riconosciuto la bontà del riformismo interclassista del governo e la validità dell’approccio che mira a donare stabilità all’intera infrastruttura socio-economica. Un metodo, appunto, che è riuscito a conquistare il grosso delle parti sociali – smantellando clamorosamente la “Triplice” – così come il terzo settore. Morale? L’intero sistema del lavoro italiano, dai sindacati alle organizzazioni datoriali, intende concedere al governo una fiducia lunga almeno una legislatura.
Tutto ciò certifica, a tre anni dalla sua nascita, il destra-centro del governo Meloni come la solida realtà del panorama nazionale e non. Ha mandato in tilt i pronostici in casa, gli esorcismi di facciata degli anti-partner europei e ricalibrato il ruolo dell’Italia nel mondo di oggi: tanto da porsi fra le Nazioni di testa sui principali dossier per i quali, negli anni passati, eravamo al massimo silenziosi comprimari. Il 2026, allora, si apre così: con la lunga volata verso la conferma – alle Politiche del 2027 – di un’esperienza di governo che si è già fatta modello. Mentre dall’altra parte l’opposizione è in panne, ancora ai nastri di partenza, senza un programma, un “capo” e una coda. Con la differenza che nessuno, pensando a Schlein, Conte e compagnia, si chiede «come mai». Perché la risposta è fin troppo scontata: anche per chi vive chiuso nella bolla.
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