“Sul set ho incontrato ‘due cani e una cagna maledetta’. A un certo punto volevo imparare il cinese, mio papà mi disse ‘lascia perdere, così un miliardo e mezzo di cinesi non saprà che sei un co******'”: così Pietro Sermonti
Pietro Sermonti si è raccontato al Corriere della Sera per presentare la seconda stagione di Gigolò per caso – La sex guru, serie su Amazon Prime Video della quale è protagonista. Il gigolò che interpreta lo definisce “goffo, generoso e inattendibile. È l’italiano medio. E io sono come lui in tutto, tranne nella professione e nei capelli”. Ma l’attore ricorda anche gli esordi, con Elisa di Rivombrosa: “Ricordo momenti esaltanti. Mi ero rotto la caviglia, avevo il gesso e recitavo dietro a un tavolo per nasconderlo: la sceneggiatura era tutta un salta e corri, fai presto e non ti fermare, mentre io stavo seduto. Sembravo pazzo”. E, va da sé, non si può non citare la popolatià raggiunta con Un Medico in Famiglia che Sermonti definisce “una botta. Prima vivevo in un altro mondo, ero una specie di disadattato, non avevo il televisore, non sapevo bene nemmeno che fiction fosse: mi sono fatto dare delle videocassette per capirlo”. Poi Boris: “Il regalo più bello. Era stato ideato dai miei amici di infanzia, autori come Mattia Torre e Giacomo Ciarrapico che era stato mio compagno di banco. All’epoca ero l’attore che sgranava gli occhioni, interpretavo storie d’amore: nessuno, se non loro che sapevano che sono un cazzone, mi avrebbe offerto un ruolo così”.
E allora il giornalista Renato Franco gli chiede se abbia mai recitato male come Stanis (“No dai, così male no. Stanis è unico. Per narcisismo, ignoranza, stupidità e superbia pensavo fosse inarrivabile. Poi però ho visto Trump e ho alzato le mani“) e quanti cani o “cagne maledette” abbia incontrato sul set: “Ho due Stanis clamorosi che forse mi scriverò sulla lapide e una Stanis femmina: un magnifico trio di cui non farò i nomi”. Alla domanda sul perché non sia sui social risponde che “non è una forma di misoneismo” e per fortuna che lui stesso spiega che cosa sia: “Misoneismo: l’avversione verso ciò che è nuovo. È una parola che ho imparato la settimana scorsa, la dico tre, quattro volte al giorno, anche da solo… Il fatto è che non mi piacciono i social: a un personaggio pubblico come me dedicano o venerazione o odio, che sono comunque due facce della stessa medaglia. Non mi interessano questi eccessi”. Ultima domanda? Quale sia un proposito disatteso: “A un certo punto volevo imparare il cinese. Mio papà era perplesso, mi disse: ‘Ma chi te lo fa fare? Lascia perdere: così un miliardo e mezzo di cinesi non saprà che sei un coglione'”.
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