Caos sugli straordinari degli infermieri, trattenute anomale in busta paga. Il governo smentisce il fisco: chiesti indietro soldi senza motivo
Gli stipendi di novembre degli infermieri dipendenti del Servizio sanitario nazionale sono stati più leggeri del previsto. Alcuni lo sapevano già, altri lo hanno scoperto il 27 del mese. Rispetto al salario atteso, nella busta paga di migliaia di lavoratori manca una cifra netta compresa tra i 50 e le diverse centinaia di euro. È l’effetto di un recupero fiscale imposto dalle aziende sanitarie e avallato, erroneamente, dall’Agenzia delle Entrate. Di fatto, le Asl stanno indebitamente chiedendo indietro dei soldi agli infermieri, una delle categorie professionali più in difficoltà della nostra sanità pubblica.
Tutto nasce dall’istanza di una singola azienda sanitaria locale che, appellandosi a un cavillo normativo, ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se fosse possibile smettere di applicare la flat tax del 5% – introdotta dalla legge di Bilancio 2025 – ad alcune tipologie di ore di straordinario svolte dagli infermieri. Il Fisco, mal interpretando la norma, ha risposto di sì. Da qui l’effetto domino: in diverse Regioni, molte aziende sanitarie – secondo i sindacati parliamo dell’80% – si sono attivate per recuperare un po’ di budget dalle tasche dei lavoratori, predisponendo un conguaglio nelle buste paga di novembre degli infermieri. E, se il cavillo non verrà risolto a breve, l’operazione potrebbe ripetersi anche per gli stipendi di dicembre.
Il nodo è la detassazione al 5% del lavoro straordinario degli infermieri, prevista dal comma 354 della scorsa legge di Bilancio, quella per il 2025. Una norma introdotta per provare a rendere più appetibile una professione che soffre di una gravissima carenza di personale, per via di pessime condizioni di lavoro e di salario. Dall’inizio dell’anno, quindi, le aziende e gli enti del Ssn hanno iniziato ad applicare la nuova flat tax a tutte le ore di straordinario lavorate degli infermieri dipendenti. Fino ai primi di novembre, quando una Asl piemontese – secondo quanto raccolto da ilfattoquotidiano.it – ha posto un’istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate.
L’azienda ha chiesto al Fisco se anche le ore di pronta disponibilità fossero da considerare come straordinari, e quindi da sottoporre alla flat tax. L’Agenzia ha risposto dando un’interpretazione restrittiva della norma: la detassazione al 5% si applicherebbe solo allo straordinario regolato dall’articolo 47 del contratto collettivo del comparto sanità, escludendo invece le ore di pronta disponibilità, regolate dall’articolo 44. Detto fatto: le aziende hanno colto la palla al balzo e si sono subito attivate per recuperare le somme detassate nei mesi scorsi, disponendo il recupero dell’Irpef non trattenuta fino ad oggi.
Il fatto è che le ore di pronta disponibilità sono a tutti gli effetti ore di lavoro straordinario. Si tratta, infatti, di una reperibilità svolta oltre l’orario ordinario: l’infermiere deve essere pronto a rientrare in struttura rapidamente in caso di urgenza. Ad esempio per una sala operatoria da aprire la domenica o per un intervento chirurgico d’emergenza da effettuare di notte. Al di fuori, dunque, delle 36 ore settimanali previste da contratto. Nonostante questo, secondo l’Agenzia, “pur se anche retribuibili a titolo di straordinario, le ore di pronta disponibilità non possono essere assimilate alla fattispecie delle prestazioni” soggette alla flat tax, perché la Legge di Bilancio 2025 non le nomina espressamente, né fa riferimento all’articolo 44 del Ccnl. Ovvero quello che le disciplina.
Un’interpretazione definita “incomprensibile sul piano giuridico e incoerente su quello economico” dal sindacato di categoria Nursind, che ha portato alla luce la vicenda attraverso la denuncia del suo segretario nazionale, Andrea Bottega. Ma la lettura dell’Agenzia delle Entrate è stata smentita anche da un documento ufficiale del governo.
Il 20 novembre scorso, infatti, l’Ufficio legislativo del ministro per la Pubblica Amministrazione ha inviato un suo parere al Fisco, chiarendo che la detassazione deve applicarsi anche al lavoro straordinario derivante dalla pronta disponibilità, perché ogni ora effettivamente lavorata oltre l’orario contrattuale “è qualificata e retribuita come lavoro straordinario”, indipendentemente dalla causale. Inoltre, il documento governativo precisa che le coperture economiche per questo provvedimento, indicate nella relazione tecnica della Manovra 2025, includono anche la pronta disponibilità. Tradotto: lo Stato ha già calcolato il costo dell’intero straordinario infermieristico, senza distinzioni tra le due tipologie. Una presa di posizione netta, che smentisce chiaramente l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate: le aziende hanno chiesto soldi indietro agli infermieri senza che ci fosse alcuna base normativa a giustificarle.
Ora resta da capire come faranno gli infermieri a recuperare ciò che spetta loro. “Avevamo già inviato una diffida formale a tutte le aziende sanitarie d’Italia, ai presidenti di Regione e all’Agenzia delle Entrate. Ma le Asl ci hanno risposto, in sostanza, che non gliene fregava niente e che avrebbero effettuato comunque la trattenuta nelle buste paga di novembre. Cosa che è effettivamente successa”, commenta a ilfattoquotidiano.it Andrea Bottega. “Ora ci aspettiamo che l’Agenzia delle Entrate faccia un passo indietro e comunichi che la sua interpretazione era scorretta – prosegue -. E siamo in attesa anche di un parere chiarificatore dal ministero della Salute”.
La cosa che più amareggia il segretario è che, in un momento delicato come quello attuale, caratterizzato da una forte crisi della professione, le aziende si siano mosse con tale decisione per smantellare una delle poche misure che effettivamente valorizza il ruolo degli infermieri. “È ormai noto a tutti che in Italia mancano decine di migliaia di professionisti, se non di più. Tutti gli studi italiani e internazionali lo ribadiscono. Come possiamo giustificare questo accanimento su una categoria di cui il nostro Ssn avrebbe così drammaticamente bisogno?”.
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