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L’equivoco sull’appoggio ai gay pride e apertura alle donne: cosa c’è nel documento approvato dalla Cei e perché è anacronistico

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Un documento anacronistico, soprattutto sul ruolo delle donne nella Chiesa e sui gay. È quello approvato dalla terza assemblea sinodale della Conferenza episcopale italiana con 781 voti favorevoli e 28 contrari su 809. Un testo che vede finalmente la luce dopo la profonda spaccatura che si era registrata tra i rappresentanti sinodali della Cei nell’aprile 2025, mentre Papa Francesco lottava tra la vita e la morte. All’epoca, infatti, la bozza del documento finale fu duramente contestata dalla stragrande maggioranza dei partecipanti all’assemblea sinodale e i vertici della Chiesa italiana, per evitare una pesante bocciatura, preferirono ritirare il testo senza metterlo ai voti. Morto Bergoglio ed eletto Prevost, la Cei, che aveva già riprogrammato, con un documento totalmente riscritto, l’assemblea sinodale alla fine di ottobre 2025, è riuscita a farlo approvare, senza, però, evitare alcune significative contestazioni sui temi da sempre più sensibili e soprattutto con un equivoco abbastanza grave sul gay pride.

Il punto maggiormente contestato è quello che riguarda le diaconesse. Proposta che è tornata più volte durante il pontificato di Francesco, ma senza alcuna prospettiva concreta. Leone XIV, invece, è stato ancora più esplicito su questo aspetto, chiudendo subito definitivamente la porta a qualsiasi possibilità di ordinare donne diacono. Non si comprende allora come questa proposta sia riemersa nel documento finale dell’assemblea sinodale della Cei. La Chiesa italiana, infatti, non ha alcun potere in merito. Ogni decisione di questo tipo spetta unicamente al Papa. Eppure, con 625 voti favorevoli e 188 contrari, è stata approvata la proposta “che la Cei sostenga e promuova progetti di ricerca di facoltà teologiche e associazioni teologiche per offrire un contributo all’approfondimento delle questioni relative al diaconato delle donne avviato dalla Santa Sede”. Duramente contestato, con 661 voti favorevoli e 156 contrari, il paragrafo che afferma “che la Cei, promuovendo una rete di diverse realtà nazionali, sostenga la creazione di un tavolo di studio permanente sulla presenza e l’apporto delle donne nella Chiesa, al fine di formulare proposte operative per incentivarne la corresponsabilità ecclesiale”.

Ugualmente controverso il tema dei gay pride. Con 637 voti favorevoli e 185 contrari è passata la proposta di sostenere “con la preghiera e la riflessione le ‘giornate’ promosse dalla società civile per contrastare ogni forma di violenza e manifestare prossimità verso chi è ferito e discriminato (Giornate contro la violenza e discriminazione di genere, la pedofilia, il bullismo, il femminicidio, l’omofobia e transfobia, etc.)”. Ed è proprio qui che si è generato l’equivoco sul gay pride. Il regista del documento, monsignor Erio Castellucci, arcivescovo-abate di Modena-Nonantola, vescovo di Carpi, vicepresidente per il Nord della Cei e presidente del Comitato nazionale del cammino sinodale, ha spiegato che questo paragrafo è stato probabilmente “frainteso perché ho visto che circolavano interpretazioni piuttosto aliene rispetto all’intenzione di chi ha redatto il testo, come se la Cei si disponesse ad avallare le manifestazioni del gay pride: ma qui si parla in realtà di giornate a cui già in buona parte la Chiesa italiana, come altre chiese, aderisce, con la propria modalità che è quella della preghiera e della riflessione, per esempio le giornate che riguardano la lotta contro la pedofilia, o iniziative contro il femminicidio. Si stanno anche diffondendo veglie di preghiera contro l’omotransfobia. Ma qui non si tratta quindi di un’apertura a chissà quali manifestazioni. Però – ha concluso il presule – questa interpretazione ha girato parecchio sui social e probabilmente qualcuno l’ha assunta nel votare”. Un pasticcio, insomma, che rischia di scontentare tutti, favorevoli e contrari.

Mentre, con 672 voti favorevoli e 154 contrari, è stato approvato il paragrafo dove si chiede “che le Chiese locali, superando l’atteggiamento discriminatorio a volte diffuso negli ambienti ecclesiali e nella società, si impegnino a promuovere il riconoscimento e l’accompagnamento delle persone omoaffettive e transgender, così come dei loro genitori, che già appartengono alla comunità cristiana”. Invece, con 700 voti favorevoli e 127 contrari, è stato approvata la proposta di “nuovi percorsi di formazione” della Chiesa “alle relazioni e alla corporeità-affettività-sessualità – anche tenendo conto dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere – soprattutto di preadolescenti, adolescenti e giovani e dei loro educatori”.

“Una volta che questa assemblea sinodale ha congedato il testo con il suo voto, – ha spiegato il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna – è ora compito dei pastori assumere tutto, individuare priorità, coinvolgere forze vecchie e nuove per dare corpo alle parole. Collegialità e sinodalità”. Il porporato ha aggiunto che “la prossima assemblea generale della Cei avrà proprio la discussione su questo documento come tema portante”. Infatti, la presidenza della Chiesa italiana nominerà un gruppo di vescovi che elaborerà, sulla base del documento approvato, priorità, delibere e note che saranno al centro dell’assemblea generale della Cei che si terrà a novembre 2025.

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